La manifestazione “People – prima le persone” indetta oggi a Milano con l’adesione di oltre 1200 associazioni e circa 40.000 adesioni individuali inviate attraverso i social, ha stupito gli stessi organizzatori nonché i partecipanti i quali, impossibilitati addirittura a muoversi  per oltre un’ora data l’affluenza incredibile di uomini e donne di tutte le età e di tutte le etnie,  non credevano ai propri occhi.

Oltre 250.000 persone, quando il corteo è riuscito a muoversi,  hanno sfilato in un lungo e fitto serpentone che aveva ancora la coda all’inizio di corso Venezia quando la testa raggiungeva  piazza Duomo, luogo in cui si sarebbe conclusa la manifestazione.

Una Milano che è stata davvero la rappresentazione della diversità democratica, dialogante o meno non importa,  ma rispettosa delle differenze, anche in qualche caso  incolmabili,  e unita sotto la parola d’ordine “prima le persone” in nome dell’antirazzismo, dell’antifascismo e dell’accoglienza “perché le persone vengono prima del capitale” come diceva uno dei tanti cartelli.

Il messaggio mandato all’Italia è stato un messaggio forte, e forse lo è stato anche per questa diversità di componenti che pur se in qualche caso difficilmente dialoganti (ad esempio è difficile immaginare un dialogo tra gli  aderenti all’UAAR -Unione atei, agnostici, razionalisti e i giovani asiatici  che si presentavano dietro la scritta “La chiesa di Dio onnipotente”) erano unite dal rifiuto della barbarie che sembra stia contaminando l’Italia.

Certamente la maggior parte dei manifestanti non si riconosceva con tutte le figure politiche e istituzionali che erano in cima al corteo, ma era in piazza per dichiarare il suo no alle politiche reazionarie del governo e ai rigurgiti di razzismo che queste politiche  hanno prodotto. Lo ha fatto in modo nuovo, la novità è proprio nella straordinaria molteplicità di figure che hanno animato la manifestazione e che rappresentano le diverse sfaccettature della società civile. Forse la piazza di Milano stasera ha fatto nascere un nuovo elemento, come se il sociale si fosse coniugato col politico parlando una nuova lingua, mettendo definitivamente da parte la lingua dei “politicanti”, quelli che, alla Politica, hanno finito per togliere ogni nobiltà.

Questo mosaico umano che ha sfilato per Milano, ha mostrato la diversità delle sue tessere non solo nei cartelli, nelle bandiere e negli striscioni che andavano dai comunisti ortodossi ai verdi, agli anarchici; dai credenti  agli atei, alle famiglie arcobaleno; dai sindacati alla molteplicità di associazioni, scuole, posti di lavoro; e dagli italiani ai curdi, ai senegalesi, ai magrebini, agli arabi, agli asiatici, ma ha mostrato la diversità dei suoi molteplici componenti anche nella musica che accompagnava il corteo e che andava  dalle canzonette da San Remo che facevano ondeggiare lo spezzone delle ACLI al ritmo  di “sarà perché ti amo”, a “Maledetta primavera” mandata a tutto volume dai “Sentinelli” che ne hanno fatto una sorta di propria sigla, a Bella ciao cantata e suonata in tutti i ritmi e le tonalità a seconda dello spezzone, fino all’Internazionale e a  Bandiera rossa cantata sotto le bandiere con falce e martello.

Quando il corteo, composto di tutte le etnie, di tutte le religioni e non religioni, di tutte le colorature politiche eccetto, ça va sans dire, fascisti e affini, ha concluso la manifestazione,  in piazza Duomo risuonavano le note di People  have the  power cantata da Patty Smith quasi a siglare una leggerezza formale che è, però, carica d’impegno  progettuale.

Se questo popolo multicolore saprà far crescere il messaggio lanciato oggi, che va oltre il nobile rifiuto di ogni forma di razzismo e fascismo, di ogni chiusura e di ogni ritorno oscurantista, lo si vedrà già nei prossimi giorni. Se invece la politica dei politicanti si approprierà del senso di questa manifestazione caleidoscopica, allora quella di oggi sarà stata solo una bella lunga passeggiata tra persone civili che dicono no alla disumanizzazione e al razzismo, ma che si fermano  a quel no. Con leggerezza.