Il 10 gennaio il presidente venezuelano Nicolás Maduro si insediava per il suo secondo mandato dopo la vittoria nelle elezioni che si sono tenute il 20 maggio 2018. Il 21 gennaio durava poche ore il tentativo golpista di una quarantina di effettivi della Guardia nazionale bolivariana che occupavano una caserma nel quartiere di Cotiza, nella parte nord della capitale Caracas e rivolgevano un appello alla rivolta popolare e della Forza armata nazionale bolivariana (Fanb) contro il governo del presidente Maduro, definito illegittimo. L’appello sembrava cadere nel vuoto con l’esercito che li costringeva alla resa e li arrestava ma l’azione era il preludio delle manifestazioni del 23 gennaio indette dalla disciolta Assemblea nazionale, controllata dall’opposizione, che accusava il governo di “aver usurpato il potere” e chiedeva nuove elezioni; le manifestazioni erano appoggiate con un videomessaggio dal vicepresidente americano Mike Pence che esprimeva “l’incondizionato sostegno” della Casa Bianca all’opposizione fascista e golpista venezuelana contro Maduro definito “un dittatore senza alcun diritto al potere”.

Il legittimo presidente venezuelano denunciava che la presa di posizione del vice di Trump era una “vera e propria aggressione straniera” che incitava a “un colpo di stato fascista” che “non ha paragoni nei 200 anni di storia delle relazioni fra Stati Uniti e Venezuela”.

Noi appoggiamo il legittimo governo di Maduro contro i golpisti venezuelani ispirati e guidati dall’imperialismo americano, così come il Partito fratello del PMLI, il Partito comunista (Marxista-Leninista) di Panama il cui importante comunicato pubblichiamo a parte.

Le ingerenze e le provocazioni dell’imperialismo americano in Venezuela erano già iniziate sotto l’amministrazione di Obama, il dittatore fascista e guerrafondaio Trump ha continuato il lavoro e lo ha portato a un livello superiore nel sostegno alla destra fascista venezuelana. Fino a negare la validità della rielezione di Maduro nelle presidenziali del 20 maggio scorso, pur validate dal gruppo degli osservatori internazionali di 80 paesi, e a spingere al colpo di mano l’Assemblea nazionale dominata dalle opposizioni dalle elezioni del 2015 e le cui competenze erano state azzerate nel 2017 dalla appena eletta Assemblea nazionale costituente (Anc).

Il voto favorevole a Maduro del maggio scorso era definito “una farsa” dalla Casa Bianca che come dopo le elezioni del 2017 affermava che gli Stati Uniti non sarebbero rimasti a guardare. Trump definiva il governo venezuelano “un regime che potrebbe essere rovesciato molto rapidamente da forze armate se decidessero di farlo”, un aperto invito al golpe che non aveva effetto fino a che i vertici militari resteranno fedeli al governo Maduro. La via golpista ispirata e patrocinata dall’imperialismo americano doveva passare da un’altra parte, dal pronunciamento della deposta Assemblea nazionale. Che avveniva durante le manifestazioni del 23 gennaio a Caracas quando il giovane presidente dell’assise, Juan Guaidó, si autoproclamava presidente “pro tempore”.

Maduro dal palazzo presidenziale di Caracas sosteneva che “siamo la maggioranza, siamo in questo palazzo per volontà popolare, soltanto la gente ci può portare via” mentre il ministro della Difesa, generale Vladimir Padrino Lopez, dichiarava che le Forze armate “non accettano un presidente imposto da oscuri interessi o che si è autoproclamato a margine della legge”.

Il presidente venezuelano denunciava che “l’impero americano ha stabilito un piano per intervenire in Venezuela insieme ai traditori della destra estremista, pretendendo di sostituirsi allo Stato al di fuori della Costituzione, è il momento di difendere la Patria e la Costituzione, è il momento dell’unione civica-militare”. I sostenitori del legittimo governo di Maduro scendevano in piazza per difenderlo ma erano praticamente cancellati dai mezzi di informazione imperialisti che invece pompavano quelle dell’opposizione. Il 28 gennaio lo stesso Maduro denunciava la manipolazione dei media internazionali che distorcono la realtà del paese e ricordava che nei giorni precedenti più di 3 milioni di venezuelani avevano manifestato in difesa della sovranità del paese.

Il 26 gennaio alla riunione del Consiglio di sicurezza Onu, il ministro degli Esteri venezuelano Jorge Arreaza ricordava il tentato golpe dell’11 aprile 2002 quando gli Usa si limitarono a stare “dietro il golpe” contro Hugo Chávez mentre oggi stanno “davanti”, alla guida del tentativo. Lo confermava l’immediato riconoscimento del presidente Guaidó da parte di Trump, che nella conferenza stampa alla Casa Bianca ripeteva la minaccia anche dell’intervento militare, “tutte le opzioni sono sul tavolo”, e chiedeva il sostegno degli “altri governi dell’emisfero occidentale”. Appello immediatamente accolto dai governi reazionari dei Paesi latinoamericani e dal sionista Netanyahu.

Il 26 gennaio Francia, Germania e Spagna lanciavano un ultimatum a Maduro, se entro otto giorni non fossero state convocate elezioni “eque, libere, trasparenti e democratiche”, Emmanuel Macron, Pedro Sánchez e Angela Merkel avrebbero riconosciuto Guaidò come presidente ad interim del Venezuela. Alla posizione dei tre paesi si allineava la Ue tramite una dichiarazione dell’Alta rappresentante Federica Mogherini che toglieva solo il termine degli otto giorni, sostituito da un “nei prossimi giorni”. “L’Europa ha assunto una posizione insolente e deve ritirare il suo ultimatum. Se vogliono lasciare il Venezuela che se ne vadano. Noi continueremo a governare” era la fulminante risposta del presidente Maduro in una intervista rilasciata il 27 gennaio al canale turco della CNN.

“La Santa Sede appoggia tutti gli sforzi che permettano di risparmiare ulteriore sofferenza alla popolazione”, sosteneva una nota del Vaticano del 24 gennaio. Tanto bastava per eleggere Papa Francesco portavoce di chi non appoggia il tentato golpe. Chiudendo gli occhi sul contemporaneo articolo dell’Osservatore Romano che riporta le parole del cardinale venezuelano Baltazar Enrique Porras Cardozo che si esprime indirettamente a favore di Guaidó nel rivendicare il diritto dei sacerdoti a scendere in piazza coi manifestanti. Sotto la sottana del Papa si nascondeva anche il M5S, mentre l’alleato di governo leghista era spianato dietro Trump.

Il PMLI e Il Bolscevico chiedono con forza al governo italiano di schierarsi con il legittimo governo venezuelano e di dissuadere ogni tentativo di aggressione da parte dell’imperialismo americano. Sull’esempio del presidio di Milano, al quale ha partecipato il PMLI, le forze antimperialiste italiane dovrebbero unirsi per obbligare il governo Salvini-Di Maio a prendere una posizione autonoma rispetto a quella degli Usa e della Ue e ad appoggiare il governo legittimo di Maduro.

Il tentativo dell’imperialismo americano di portare a casa l’appoggio dell’Onu naufragava il 26 gennaio quando il legittimo governo venezuelano otteneva l’appoggio alla sua sovranità da 19 paesi, su un totale di 35 intervenuti, con la condanna dell’ingerenza negli affari interni del Paese e l’invito a un processo di dialogo tra attori nazionali. In sede Onu pesava il voto di Russia e Cina, alleati del presidente Maduro nella scontro con gli Usa. Dalla parte del Venezuela si schieravano la Bolivia e il Sudafrica, l’Iran e la Turchia, gli Hezbollah libanesi e i palestinese di Hamas e dell’Olp. Il primo a schierarsi contro “un tentato colpo di Stato” era stato il presidente cubano Miguel Diaz-Canel che aveva espresso sostegno al “presidente Nicolas Maduro dopo i tentativi imperialisti di screditare e di destabilizzare la rivoluzione bolivariana”.

Articolo de “Il Bolscevico”, organo del PMLI, n. 4/2019