Feste finite, è tempo di bilanci… e di regali da riciclare. Perché ci sono anche regali pensati con il cuore e con la testa e destinati a tutti, di quelli fatti apposta per essere rimessi in circolo, per essere condivisi. È il caso di chi, poco prima di Natale, ha scelto di comprare… dune!

Non siamo nuovi a questo tipo di iniziative (basti pensare, una su tutte, alla sfida vinta dal gruppo de “La falesia dimenticata”, di cui anche noi vi avevamo raccontato): la comunità si allea contro i soprusi, gli espropri, la vendita selvaggia al miglior offerente di beni che sono di tutti, legati alla storia del territorio e delle anime che non solo lo abitano, ma anche lo tutelano. E questa volta è successo a Chia, in Sardegna: un acquisto per la collettività da Robin Hood ecologisti, senza rubare ai ricchi, ma battendone legalmente la concorrenza. Un pezzo di paradiso comprato dagli ambientalisti per regalarlo per sempre ai sardi, evitando che finisse nelle mani di investitori pronti magari a recintare una delle immagini simbolo dell’isola. “Vogliamo che questa meraviglia sia di tutti, abbiamo battuto la concorrenza degli arabi”, spiega a La Repubblica il Gruppo d’intervento giuridico (GRIG), che ha firmato un preliminare per 100mila euro. Che, come dice però la parola stessa, è solo un anticipo, un primo passo. “Ora ci serve l’aiuto di tutti i sardi”.

L’associazione, nota per le continue battaglie a favore dell’ambiente, è ora proprietaria di 4 ettari di dune, ma sono solo i primi di una sottoscrizione rivolta a tutta la comunità, con l’obiettivo di evitare che su quelle spiagge investitori stranieri portino le loro impronte pesanti e irrispettose. Stefano Deliperi (GRIG) ha spiegato all’Ansa che dune e spiaggia erano private. “Chi ce le ha vendute le ha ricevute in eredità. E arrivano quasi sino al mare. La parte di demanio è una striscia di uno o due metri“. L’obiettivo è quello di tenere queste aree aperte e fruibili da tutti. Ma per farlo di tutti occorre l’aiuto, la responsabilità di ciascuno. Perché? “È un regalo ai nostri figli e ai nostri nipoti. Con una delicata trattativa abbiamo vinto la concorrenza di alcuni investitori arabi pronti a fare l’affare del secolo. Lo abbiamo fatto per tutelare l’ambiente e la nostra identità: non volevamo che, come successo da altre parti in Sardegna, ci fosse impedito di godere appieno dei nostri tesori relegandoci magari dentro un recinto”. In queste parole troviamo già tutto il senso di un’azione la cui potenza è evidente e che dimostra quanto siano importanti gli sforzi dei singoli quando si fanno obiettivo comune.

Questa, come altre azioni collettive volte a tutelare il bene comune, suscita inevitabilmente in noi una riflessione profonda, che Simone Perotti, blogger de Il Fatto quotidiano, scrittore e marinaio, riassume con la franchezza che gli è propria: “Il nemico del Mediterraneo è l’indifferenza, il poco amore, l’incuria di tutti noi. Tenerci, a una cosa importante, significa operare, esserci, seguire, partecipare, fare qualcosa in prima persona. Io con Progetto Mediterranea sto facendo questo, da cinque anni. E con Progetto Mediterranea abbiamo occupato simbolicamente la spiaggia di Elafonissos nel 2014 per motivi analoghi; abbiamo occupato simbolicamente l’isola di Meganissi, sempre nel 2014, affiggendo lo striscione “This Island is Ours” per lo stesso bisogno di manifestare cura e sostegno contro chi voleva privatizzarli e speculare.

Se questo mare è nostro, non solo per le nostre vacanze quando le ospita, ma per la cultura di cui si fa portavoce e per le battaglie rivolte al futuro che combatte con tenacia e ostinazione, se questo mare è di noi tutti e tutte, allora questo mare non si tocca, si difende.

E per farlo si può fare un primo semplice passo. Una piccola donazione, qui.

Articolo di Anna Molinari

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