Otto anni dopo l’inizio della rivoluzione, Amnesty International ha denunciato che la popolazione egiziana è sottoposta a un attacco senza precedenti alla libertà d’espressione.

Durante la rivoluzione che culminò nel 25 gennaio 2011, decine di migliaia di persone manifestarono per chiedere maggiore protezione per i diritti umani. Sotto la presidenza di Abdelfattah al-Sisi, lo spazio per il dissenso è diventato inesistente.

Nel corso del 2018 almeno 113 persone sono state arrestate semplicemente per aver espresso in modo pacifico le loro opinioni. Molte sono rimaste in detenzione preventiva per mesi e poi portate in giudizio, anche in corte marziale, con le accuse di “militanza in gruppi terroristici” e “diffusione di notizie false”.

“Mai come oggi, nella storia recente del paese, è così tanto pericoloso criticare apertamente il governo. Sotto la presidenza di al-Sisi c’è stato un attacco senza precedenti nei confronti di chi ha espresso le proprie idee e che per questo è stato trattato alla stregua di un terrorista”, ha dichiarato Najia Bounaim, direttrice delle campagne di Amnesty International sull’Africa del Nord.

“Nell’ultimo anno, persone che avevano osato criticare il governo sono state incarcerate, spesso in isolamento o sottoposte a sparizione forzata, solo per aver espresso le loro idee sui social media, rilasciato interviste, denunciato le molestie sessuali o persino per il tifo in favore di determinate squadre di calcio. In alcuni casi, le persone arrestate non avevano fatto veramente nulla. Sotto l’amministrazione del presidente al-Sisi l’Egitto si è trasformato in una prigione a cielo aperto per chi esprime critiche”, ha sottolineato Bounaim.