L’esperienza in Libano e Siria della Giovanni XXIII

«La guerra in Siria è iniziata 7 anni fa. Tanti bambini siriani non hanno mai vissuto in un mondo “normale”. L’unica casa che conoscono è la loro tenda di tela e legno al campo profughi. Gli unici aerei che conoscono sono quelli che sganciano bombe su di loro. Il viaggio per loro è quello che hanno fatto attraversando i chilometri che separavano l’orrore della guerra alla miseria del campo profughi, oggi il loro unico orizzonte. Quel che loro stanno vivendo molti di noi italiani possono capirlo, perché l’hanno vissuto durante la Seconda Guerra Mondiale.»A parlare è una giovane volontaria di Operazione Colomba, il corpo di Pace della Comunità Papa Giovanni XXIII. Da cinque anni alcuni volontari della Comunità di don Benzi vivono nel campo profughi siriani di Tel Abbas, nel nord del Libano. Condividendo la vita quotidiana, le tende, il fango e – a volte – anche la paura. Alcune famiglie che vivevano nel campo profughi sono giunte in Italia tramite i corridoi umanitari, accompagnate dai giovani volontari della Giovanni XXIII che si sono occupati della loro accoglienza ed integrazione in Italia.

«Noi siamo andati a vivere con loro. Di più, siamo andati a vivere come loro. Eppure dovrebbero essere loro a vivere come noi. – spiega Giovanni Paolo Ramonda, Presidente della Comunità Papa Giovanni XXIII – Nel 2016 siamo riusciti per la prima volta, grazie alla collaborazione di Sant’Egidio e Valdesi, ad aprire due corridoi umanitari, facendo giungere in modo legale e sicuro intere famiglie di siriani. Questo progetto è talmente valido che ora possiamo portare in salvo altre famiglie siriane. Il tutto a costo zero per lo Stato italiano, che non destina risorse a questi progetti. La nostra missione in Libano e l’accoglienza delle famiglie siriane in Italia è tutta sulle nostre spalle. Ci affidiamo solamente alla Provvidenza ed agli italiani di buon cuore».

«Stiamo assistendo ad un fenomeno epocale, non più un’emergenza. – conclude Ramonda – L’ONU parla di 68 milioni di profughi nel mondo. Persone costrette a scappare dalla loro terra per fuggire da guerre e persecuzioni. Nell’affrontare questo problema non si può pensare solo di chiudere frontiere o porti, ma occorre gestire in modo regolato l’immigrazione e l’integrazione, potenziando vie legali e sicure per arrivare in Europa e sottrarre questa povera gente dalle mani dei trafficanti di uomini».