In quasi tutto il mondo ed anche in Italia vige un sistema di tassazione progressivo. Progressivo perché l’aliquota aumenta al crescere del reddito: se guadagno 1000 pago 10 ma se guadagno 10000 non pago 100 ma 120. Questo ha una logica molto chiara e si basa sull’idea di giustizia sociale e ridistribuzione della ricchezza. Chi guadagna di meno utilizzerà il suo reddito soprattutto per beni di necessità ed è quindi giusto che contribuisca alla collettività con una tassazione molto bassa se non nulla. Diversa situazione è quella del “ricco” che può soddisfare le sue necessità basiche utilizzando solo una piccola parte del suo reddito e quindi può pagare una tassa molto più alta senza assolutamente rinunciare ad una vita dignitosa. Se pensiamo questo concretamente osserviamo che una persona con un reddito per esempio di 30.000 euro annuo di fronte all’acquisto di una casa deve far ricorso a tutti i suoi soldi e questo per tanti anni. Una persona con un reddito di 200.000 euro annui non ha di questi problemi.
L’argomento principale dei sostenitori della flat tax è che questa riduzione e semplificazione del sistema contributivo permetterebbe da una parte di attirare investitori mentre dall’altra, paradossalmente, farebbe entrare più soldi nelle casse dello stato, in quanto tutti preferirebbero pagare delle tasse “ragionevoli” che non correre i rischi che l’evasione fiscale comporta.
Circa il primo punto osserviamo che effettivamente molte industrie preferiscono spostare la produzione in quei paesi dove la tassazione è più bassa e dove le leggi proteggono più gli investitori che i lavoratori. Paesi che spesso vengono chiamati del “terzo mondo” e tristemente famosi per il non rispetto dei diritti umani e per l’assenza di tutte quelle conquiste sociali tipiche delle grandi civiltà occidentali. Ci sono anche paesi di una specie di “terra di mezzo”, come quelli dell’Est europeo dove, pur mantenendo una certa legislazione dignitosa, un capitalismo selvaggio ha affondato inesorabilmente le sue radici. Quindi per i sostenitori della flat tax la soluzione non è un miglioramento globale delle condizioni di vita nel mondo, ma degradare anche l’Italia ad una paese dove i diritti umani e la giustizia sociale soccombono miseramente davanti alle leggi del mercato. In un documentario della Rai si parla della Repubblica Ceca mostrando questo paese come un esempio in cui la flat tax ha prodotto grande sviluppo. Un documentario povero che ha voluto mostrare solo una parte della realtà. Effettivamente la disoccupazione è al 2% e i servizi sociali sono di buon livello. E’ molto facile trovare un lavoro, soprattutto nelle grandi città come Praga. Ma non si è detto che l’economia di questo paese è in crescita per altri fattori, come il suo legame all’economia tedesca. Soprattutto non si è detto che gli stipendi sono bassi, che non esiste la tredicesima, che non esiste la buonuscita, che è molto facile licenziare,… per dire solo alcune cose. Inoltre ci sono forti spinte a tornare al sistema progressivo cosi come ha fatto la Slovacchia dopo il fallimento della flat tax.
Circa il secondo punto – tutti pagherebbero le tasse – osserviamo che è solo un’ipotesi ed anche tendenziosa. E’ difficile stimare gli effetti della flat tax, anche perchè non è chiaro quale sarà veramente l’aliquota, ma proviamo a dare delle cifre anche se sono solo orientative.
Chi ha un reddito annuo di 20mila euro potrebbe risparmiare 1 000 euro, con 50mila euro si risparmierebbe 8 000 euro, con 200mila euro si risparmierebbe 50 000 euro, con 1milione di euro si risparmierebbe 270 000 euro e cosi via. Un Berlusconi potrebbe guadagnare 1 milione di euro. Bisogna anche tener in conto che per i redditi bassi l’eventuale risparmio si annullerebbe sia per l’abolizione delle agevolazioni fiscali sia per la probabile riduzione della spesa sociale.
Vista cosi, in maniera molto concreta e senza paroloni, sembra un’operazione fatta dal personaggio Superciuk del fumetto Alan Ford. Superciuk, al contrario di Robin Hood, aveva una missione molto chiara: rubare ai poveri per dare ai ricchi!
Gli adepti della flat tax, per sostenere la loro proposta, a volte fanno dei riferimenti vaghi agli Stati Uniti, ma dimenticano che oggi gli USA sono un paese in profonda crisi economica, con un debito pubblico che oramai nessun economista è capace di quantificare ma che soprattutto in questo paese non è in vigore la flat tax.
Siamo in un momento storico dove gli imprenditori e i lavoratori possono riconoscere di avere un nemico comune: il grande capitale finanziario. Spesso nei media, mentre si parla di governo e riforme, appare sibillinamente la frase: “come reagiranno i mercati?” “Mercati”, parola che come lo “Spread” pochi capiscono ma che crea panico. Questi mercati (che altro non sono che pochi istituti finanziari mondiali) che bisogna ascoltare prima di fare una legge, prima di fare qualsiasi riforma. Questi Mercati che dettano legge e sono al di sopra degli stati, delle sovranità nazionali, dei popoli e delle vere necessità della gente. Stiamo parlando di quei grandi capitali finanziari, cioè denaro che non produce nulla di concreto se non altro denaro, che possono colpire l’economia di interi stati e determinarne le scelte politiche. Capitali che crescono proprio quando l’economie degli stati sono in crisi o come diceva Mitterand crescono quando tutti dormono.
Quanti imprenditori oggi sono soffocati dallo strozzinaggio delle banche! Quanti imprenditori sono oggi costretti o a trattare i lavoratori come schiavi per essere competitivi nel mercato mondiale o a chiudere bottega?
Allora non prendiamo in giro la gente, gli imprenditori seri e i lavoratori con false soluzioni, colpiamo l’unico nemico veramente pericoloso, il nemico di tutti: i mercati, le grandi company e il capitale finanziario! Questo sarebbe uno dei primi obiettivi di un governo del vero cambiamento.
L’applicazione della flat tax, anche se portasse nell’immediato ossigeno a quelle aziende del nord che tanto la desiderano, oltre a colpire i poveri e la classe media, non va nella direzione di contrastare i cosiddetti poteri forti, non è una garanzia di reale sviluppo e crescita economica. Al contrario favorisce proprio quei capitali finanziari che costringono gli stati a legislazioni sempre più a loro favorevoli.
Rimanendo a questo livello di analisi, senza entrare nel tema delle contraddizioni profonde ed essenziali del capitalismo, ci sono alcune proposte che il Partito Umanista ha fatto già nel lontano 1984. Una è ridurre drasticamente le tasse per tutte quelle imprese che reinvestono i profitti nel territorio migliorando la qualità della produzione e creando sempre nuovi posti di lavoro. In altre parole favorire quegli investitori che portano duraturo benessere e sviluppo dell’economia reale e non fanno emigrare i profitti verso i paradisi fiscali. Colpire invece con tasse molto alte quelli che utilizzano le risorse, sfruttano i lavoratori, usufruiscono di facilitazioni statali e poi trasferiscono il capitale e la produzione in altri luoghi lasciando il deserto dietro di sé.
Un’altra proposta è istituire una banca senza interessi che appoggi e incentivi la piccola e media impresa.
Queste semplici riforme oltre a favorire immediatamente gli investimenti di aziende serie e produttive aprono un cammino nuovo che va proprio nella direzione opposta della tendenza attuale, cioè l’ampliarsi dello strapotere dei mercati finanziari e la conseguente distruzione dell’economia reale.