Lo scorso 16 marzo è stato finalmente pubblicato in Gazzetta ufficiale il Piano Paesaggistico della Provincia di Siracusa. Uno strumento normativo già in vigore dal 2012 come regime di salvaguardia, ma approvato con modifiche solo nell’ottobre 2017 dopo un lungo e travagliato iter amministrativo. Un traguardo che sarebbe stato importante e addirittura storico, se solo i contenuti di questo Piano fossero rimasti fedeli alla sua versione originaria. Così però non è avvenuto. E come avevamo preannunciato, il Piano Paesaggistico consente adesso la realizzazione di opere militari in deroga al vincolo d’inedificabilità assoluta sancito dal livello di tutela 3 (il massimo). A Punta Izzo, al Parco dell’Hangar, sui Monti Climiti, a Santa Panagia e in tutte le altre aree naturalistiche e archeologiche in uso all’Amministrazione militare.

Una previsione che non trova eguali in nessuno dei piani paesaggistici delle altre provincie siciliane, ma che soprattutto rappresenta un pericoloso precedente a livello nazionale. Nel merito, la Regione Siciliana ha così sancito una deroga assolutamente arbitraria, illegittima e incostituzionale perché in contrasto con la disciplina nazionale a protezione dell’ambiente e dei beni culturali che è una materia rimessa alla competenza esclusiva dello Stato.

Ma purtroppo non è finita qui. Perché, oltre a dare mano libera ai militari, il Piano così “ritoccato” rischia concretamente di aprire la strada anche a una nuova stagione di speculazioni e privatizzazioni delle nostre spiagge, sempre in aree soggette al massimo livello di tutela, concedendo la possibilità di realizzare «chioschi e lidi balneari, con strutture complementari (ristoranti, bar, locali tecnici e/o depositi, bagni, docce)». Secondo le previsioni del Piano, ad Augusta questo rischio interessa ora tutta la costa che da Capo Campolato arriva sino a Punta Izzo, nonostante al suo interno siano pochissimi i tratti finora risparmiati alle colate di cemento e all’abusivismo diffusi. Luoghi preziosi che andrebbero protetti e custoditi nella loro bellezza naturale come beni comuni a gestione pubblica e partecipata, anziché continuare a sacrificarli a un’idea insostenibile di sviluppo che vede il territorio trasformato in preda per soddisfare gli appetiti di società per azioni guidate da una logica di profitto – per pochi – in contrasto con l’utilità sociale.

Per impedirlo, il primo strumento legale è quello del ricorso al Tar che è possibile presentare nel termine di 60 giorni dalla pubblicazione del Piano. Sul versante politico, già in questi giorni siamo a lavoro per confrontarci e fare fronte comune con tutte quelle associazioni e realtà collettive della provincia impegnate nella difesa del Paesaggio. A tutti i cittadini il compito di partecipare attivamente e fornire il loro apporto critico e propositivo.

Da Punta Izzo al Plemmirio, la bellezza è una sola. Difendiamola.

Coordinamento Punta Izzo Possibile