Minorities alone, Strong Together è il titolo della XXIV Conferenza del World Congress of LGBT Jews che avrà luogo a Roma dal 15 al 18 marzo. Abbiamo avuto l’opportunità di parlarne con Serafino Marco Fiammelli, Presidente e cofondatore della prima associazione ebraica LGBT italiana, Magen David Keshet.

Qual è l’obiettivo della conferenza? 

Per un’associazione giovane e unica in Italia come la nostra, l’obiettivo è molto ambizioso. A soli tre anni dalla fondazione abbiamo deciso di ospitare la conferenza annuale del World Congress of LGBT Jews. Il programma richiama l’attenzione su una questione importante della nostra società: l’odio.

Il titolo della Conferenza è “Minorities alone, Strong Together”. Siamo arrivati al punto che siamo tutti contro tutti e non solo tra diversità di genere, di religione o di nazionalità, ma anche tra simili. Ci si difende e si attaccano gli altri anche all’interno delle stesse minoranze. Ormai il principio di “diversi ma uniti” non funziona più. Oggi si preferisce dividersi attaccando e contrastando chi fino a ieri era parte della nostra vita, delle nostre idee, delle nostre battaglie, dei nostri ideali. Oggi ci sono minoranze che combattono ideologicamente altre minoranze, dimenticando il principio della tolleranza, dell’accoglienza e dell’accettazione delle diversità altrui.

Quali sono i temi principali che verranno affrontati dagli intervenenti?

I temi sono correlati ai problemi che affliggono la nostra vita quotidiana, l’odio, l’intolleranza, la paura e la violenza. La Conferenza è composta in quattro panels ognuno relativo a una specifica forma d’intolleranza e di violenza:

  • la violenza di genere contro le donne
  • le case famiglia per profughi LGBT e le strutture di accoglienza per persone LGBT in fuga dalle loro famiglie;
  • il dialogo e la collaborazione con associazioni musulmane LGBT;
  • i diritti civili in Israele, come coniugare il rispetto e la difesa dei diritti di tutti in un paese dalle forti tradizioni religiose, quale insegnamento per l’occidente.

Durante la conferenza ci sarà un confronto tra attivisti israeliani, sia ebrei che musulmani, e attivisti italiani.

Quali sono le aspettative legate a questa conferenza? 

La mia principale aspettativa è riuscire ad attirare l’attenzione di molti soprattutto del mondo LGBT e di quello ebraico per mostrare e condividere il lavoro delle associazioni ebraiche LGBT nel mondo, più in generale, ma anche più nello specifico il lavoro condotto da Magen David keshet. Il Congresso quest’anno parlerà “italiano”, raccontando della società civile, del movimento LGBT nazionale e dell’ebraismo italiano, almeno nelle questioni più vicine a noi. Saremo quindi specchio e vetrina.

In un momento storico così buio a che punto siamo nella lotta per valorizzare e affermare i diritti della persona? 

Paradossalmente i valori e le libertà individuali in Italia stanno facendo passi avanti ancorché piccoli e molto lentamente. Ma conquiste come la legge sulle unioni civili e il fine vita sono grandi successi. Questo nonostante una radicalizzazione e una società che ha posizioni politiche sempre più fondamentaliste e ossessionate dalla paura. Paura del futuro incerto, paura per la propria sicurezza, paura di perdere le proprie radici religiose e culturali. Paura che non va sottovalutata ne banalizzata, ma neppure fomentata o addirittura cavalcata per fini elettorali. Noi come movimento LGBT nazionale abbiamo il compito ora più che mai di essere attenti e vigili, se lo facciamo insieme saremo anche forti.

La conferenza si terrà pochi giorni dopo le elezioni. Che scenari pensa si possano creare all’indomani della tornata elettorale ovviamente per quanto riguarda il mondo LGBT? 

Le previsioni della vigilia fanno un po’ preoccupare. Abbiamo sentito di chi si prepara a cancellare la legge sulle unioni civili in caso di vittoria elettorale e questo rientra nel progetto di fomentazione della paura e dell’odio di cui parlavo. Creare un nemico da accusare delle nostre disgrazie, di incertezze e di insuccessi, in termini politici funziona sempre e da sempre viene usato con successo. Il movimento LGBT vigilerà attentamente e senza perdere di vista gli obiettivi futuri, quali il matrimonio egualitario e l’adozione.

A suo avviso può la nonviolenza essere la strada per lottare la violenza? 

Il movimento LGBT internazionale è uno dei pochi movimenti di lotta nonviolenti. Ha intrapreso la sua lotta rivoluzionaria alla fine degli anni ’60, sin dalla rivolta di Stonewall, quando alcuni gay, lesbiche e transessuali si sono ribellati ai continui soprusi della polizia; finirono tutti picchiati e arrestati. Da allora le persone LGBT hanno subito volenze, omicidi, attentati, campi di concentramento e riabilitazione, aggressioni anche mortali durante i gay pride. Voglio ricordare la Cecenia. E’ difficile combattere la violenza senza contrastarla in maniera adeguata. La nonviolenza è una delle utopie più belle e più irrealizzabile dell’umanità, e per quanto possa dispiacermene, no, non credo che si possa sconfiggere la violenza con la nonviolenza.