Si spegne all’età di 81 anni il magistrato di Caserta, entrato nella storia italiana e internazionale per il suo costante impegno contro le mafie e per la tutela dei diritti umani.

Nella mattinata di ieri, martedì due gennaio, si è spento presso il Policlinico Gemelli Ferdinando Imposimato, magistrato della Repubblica Italiana, giudice istruttore di alcuni dei casi più controversi che hanno segnato la storia e la politica della penisola, come il Caso Moro, il tentato omicidio a Papa Wojtyla, il processo alla Banda della Magliana.

Una vita spesa a ricercare una legalità e una giustizia che troppe volte, fin dagli inizi della sua carriera da magistrato, è venuta meno nel nostro Paese. Giudice italiano durante gli anni di piombo, ha fatto del garantismo e del rispetto dei diritti civili una missione, sapendo applicare una legge particolarmente stringente (ricordiamo l’entrata in vigore del codice di procedura penale Vassalli nel 1988, codice particolarmente rigido in considerazione degli anni di emergenza politica degli anni del terrorismo) senza negare diritti e libertà.

Vi è poi una lunga storia di dedizione alla giustizia anche oltre le frontiere italiche, che l’ha visto imporsi contro una delle peggiori piaghe del mondo, ma in particolare del Sud America, il cartello della droga. Nel 1986, a seguito di diverse minacce ricevute da parte di Cosa Nostra e, forse, anche a seguito della tragica morte del fratello Franco, ucciso tre anni prima per ordine della Banda della Magliana e con la partecipazione di Cosa Nostra, Imposimato lascia la magistratura per accettare un incarico di consulenza legale all’ONU nella lotta al narco traffico latinoamericano.

Si reca diverse volte in Sud America, soprattutto in Bolivia, Perù, Equador e Colombia, redigendo diversi programmi volti a migliorare il sistema legale alla lotta ai traffici di stupefacenti nel continente. L’impegno di Imposimato non si è però esaurito nella redazione di tali programmi di aggiornamento per i giudici, di base inerenti alla sua precedente professione di magistrato, l’ex giudice istruttore si impegnò infatti anche nella lotta per i diritti umani in Sud America, più precisamente approfondendo la questione Peruviana durante gli anni del governo Fujimori, divenuto tale a seguito dell’unico golpe sudamericano degli anni ‘90.

In tale situazione Imposimato fu parte, insieme a León Carlos Arslanian (Ministro della Giusitizia dello Stato di Buenos Aires), Robert Kodog Goldmann e José Raffucci, della Commissione di Giuristi Internazionale per la situazione dei diritti umani in Perù. Anche in questo caso portò con sé il suo profondo credo nel principio di legalità e la sua esperienza nell’anti terrorismo, scrivendo –in concerto con gli altri giuristi- nel report della Commissione Internazionale: “… i termini e il linguaggio utilizzati (dalla legislazione) per definire una condotta terroristica sono in alcune parti ambigui, ampi e/o astratti, il che può condurre facilmente ad un ampliamento degli atti proibiti attraverso l’interpretazione giudiziale. La definizione di delitti senza precisione e certezza contravviene al principio di legalità”[1].

Dal 1987 Ferdinando Imposimato entra nel mondo della politica italiana, inizialmente eletto con il Partito Comunista al Senato della Repubblica, passerà poi alla Camera dei Deputati per poi essere rieletto nuovamente, nel ’94, al Senato della Repubblica. In tutte e tre legislature è stato membro della Commissione Antimafia.

Il 2 giugno del 1999 venne investito della carica di Grande Ufficiale dell’Ordine al Merito della Repubblica Italiana su proposta della Presidenza del Consiglio dei Ministri. Dopo il suo ritorno alla magistratura italiana, opera come giudice presso la Corte di Cassazione Italiana, venendo poi insignito della carica di Presidente Onorario aggiunto. Verrà poi proposto nel 2015 come Presidente della Repubblica da parte del Movimento 5 stelle, cui dimostrò simpatia politica.

Si spegne ieri, nel cordoglio generale, a Roma.

Pressenza ha avuto modo di filmare uno degli ultimi interventi in piazza di Ferdinando Imposimato, in occasione della manifestazione a Roma del 24 luglio scorso per la libertà di scelta vaccinale. Qui di seguito, vi riproponiamo il suo intervento

[1] “…los términos y el lenguaje que utiliza [la legislación] para definir una conducta terrorista es en ciertas partes ambiguo, amplio y/o abstracto, lo que puede conducir fácilmente a una “ampliación” de los actos prohibidos a través de la interpretación judicial. El definir delitos sin precisión y certeza contraviene el principio de legalidad [17 Comisión de Juristas Internacionales, Informe sobre la Administración de Justicia en el Perú, Lima, 1994, Instituto de Defensa Legal, p. 47.]”.