Presentata a Montecitorio la prima ricerca sulla finanza sostenibile in Europa. Le banche etiche finanziano l’economia reale, molto più delle “too big to fail”

La finanza etica è molto diversa da quella speculativa e proprio per questo, permette di conservare o aumentare il valore economico dei propri risparmi nel tempo e di aggiungere all’ultima riga dell’estratto conto una serie di altri valori, come il rispetto per l’ambiente, la lotta contro i cambiamenti climatici, il diritto alla casa, l’inclusione delle persone e delle organizzazioni tradizionalmente escluse dai circuiti finanziari ordinari. E’ quanto emerge dalla prima ricerca sulla finanza etica e sostenibile in Europa – realizzata dalla Fondazione Finanza Etica – e presentata oggi a Montecitorio nell’ambito di un seminario organizzato da Banca Etica e dal coordinamento dei soci di riferimento a un anno dall’approvazione della prima legge che riconosce la finanza etica e sostenibile.

 

L’incontro – moderato da Elisabetta Soglio, responsabile dell’inserto “Buone Notizie” del Corriere della Sera – si è aperto con la relazione della Presidente della Camera dei Deputati, Laura Boldrini, che ha ricordato come “l’esperienza di Banca Etica e l’intuizione che ebbero 18 anni fa le associazioni del Terzo Settore che la promossero sono in linea con lo Sviluppo Sostenibile che mette i progetti di vita delle persone al centro. Per questo le istituzioni la devono sostenere”.

 

Alessandro Messina, direttore generale Banca Etica, e Salvatore Rossi, direttore generale Banca d’Italia, hanno discusso del rapporto tra finanza etica e regolamentazione.

 

Si è quindi ragionato su come migliorare la società attraverso la finanza, con gli interventi dei Soci di Riferimento di Banca Etica su pratiche e progetti di cambiamento sociale:

  • Dalla disoccupazione al lavoro dignitoso, Mauro Lusetti, presidente di Legacoop e Alleanza Cooperative

  • Dall’esclusione finanziaria a un’economia inclusiva, Monsignor Francesco Antonio Soddu, direttore di Caritas Italiana

  • Dai respingimenti all’accoglienza, Francesca Chiavacci, presidente nazionale Arci

  • Dalla corruzione alla trasparenza, Davide Pati, Libera

 

In conclusione Luigi Bobba, sottosegretario al lavoro e alle politiche ​sociali ha annunciato l’impegno del Governo ad emanare i decreti attuativi della legge sulla finanza etica entro la fine della legislatura.

 

Ugo Biggeri, presidente di Banca Etica ed Etica sgr ha ricordato che “la finanza etica recupera la funzione sociale del risparmio prevista dalla nostra Costituzione. La forza di Banca Etica è il sostegno e la collaborazione costante con le reti sociali: un fattore che ci rende unici anche nell’ambito dei network internazionali di banche ispirate alla solidarietà e della sostenibilità e che ha portato di recente anche le istituzioni europee a riconoscere il valore della nostra esperienza”.

 

http://webtv.camera.it/evento/12272

 

 

Il primo Rapporto europeo sulla finanza etica

Andrea Baranes, presidente della Fondazione Finanza Etica, ha illustrato la prima ricerca globale sulla finanza etica in Europa.

La somma delle attività di finanza etica e sostenibile in Europa descritte nel rapporto è pari a 715 miliardi di euro: quasi il 5% in rapporto al prodotto interno lordo totale dell’Unione europea (nel sommare i dati i ricercatori hanno tenuto molto strette le maglie per non includere i prodotti finanziari o creditizi che si definiscono “etici” ma sono annacquati dal marketing, perché anche l’etica può essere un argomento per vendere di più). Ecco come sono suddivisi questi 715 miliardi:

  • 39,80 miliardi rappresentano gli attivi delle circa 30 banche etiche e sostenibili europee, che a fine 2016 hanno concesso crediti per un totale di 29,33 miliardi di euro a decine di migliaia di progetti per l’inclusione sociale, la tutela dell’ambiente, la cultura o la cooperazione internazionale. Di queste banche si parla nella prima parte della ricerca, dove si presenta anche un confronto inedito tra la loro redditività e quella delle grandi banche commerciali europee. Il risultato è una vittoria su tutta la linea da parte delle banche etiche. In particolare la ricerca si sofferma sul rapporto prestiti/attivi delle banche (dati 2016), evidenziando come questo sia del 73,42% per le banche sostenibili contro il 38,53% per le cosiddette banche sistemiche o “too big to fail”. E’ una differenza enorme, in pratica le banche etiche e sostenibili erogano il doppio di prestiti a parità di attivo rispetto a quelle di maggiore dimensione.  Le banche etiche si confermano anche più solide e resilienti: negli ultimi 10 anni i loro rendimenti sono stati costanti.

  • 493 miliardi sono stati invece investiti in fondi socialmente responsabili e quindi in azioni e obbligazioni di imprese quotate in borsa o in titoli di Stato, tutti selezionati in base una serie di criteri di sostenibilità: niente armi, gioco d’azzardo, petrolio, carbone o tabacco. Via libera, invece, per le società e gli Stati “migliori della classe”: che investono nelle energie rinnovabili, adottano sistemi di gestione ambientale certificati e non sono coinvolti in alcun tipo di controversie gravi. Di questi fondi si parla nella seconda parte del rapporto, con particolare attenzione alle definizioni che sono importantissime per riuscire a distinguere chi investe veramente in modo responsabile da chi, invece, vuole solo dipingere normali prodotti finanziari di verde per attrarre nuovi “segmenti di clientela”.

  • 2,54 miliardi di euro sono l’ammontare dei microcrediti concessi in Europa. Una cifra piccola rispetto ai crediti delle banche etiche e gli investimenti dei fondi socialmente responsabili ma che rappresenta la somma di centinaia di migliaia di piccoli prestiti che fanno la differenza. Il microcredito, reso famoso dal “banchiere dei poveri”, il bengalese Muhammad Yunus, premio Nobel per la pace nel 2006, si è dimostrato valido anche per le esigenze di 750mila europei: prestiti da poche migliaia di euro che hanno permesso l’avvio di attività imprenditoriali di successo o per far fronte a bisogni temporanei di liquidità. C’è chi con quei soldi ha aperto una sartoria che lega Italia ed Africa, chi ha lanciato una start-up diventata milionaria e chi, più modestamente, ha pagato le spese mediche per l’assistenza di un parente. Donne e uomini che non sarebbero mai riusciti a ottenere un finanziamento da una banca tradizionale perché considerati “non bancabili”: disoccupati o con un lavoro precario o poco remunerato oppure giovani con idee innovative ma senza capitali per realizzarle.

  • E infine i titoli obbligazionari verdi (green bond), attraverso i quali le imprese e le amministrazioni si indebitano sul mercato per finanziare progetti ambientali, sono esplosi nel biennio 2013-2014 e da allora continuano a crescere. In Europa, secondo l’ultimo dato aggregato dello scorso anno, il valore dei titoli green in circolazione è pari a 178 miliardi di euro. Marginali ma in forte espansione, i social impact bond stanno invece finanziando progetti di welfare per un totale di 273 milioni di euro. Una delle nuove frontiere della finanza etica e sostenibile che viene approfondita nella quarta parte della ricerca, tra molte luci e alcune ombre.


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*Ricerca a cura di: Matteo Cavallito, Emanuele Isonio, Mauro Meggiolaro

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