Portare Il Messaggio al di là di me, è diventata un’esigenza.

Dopo più di due anni di lavoro quotidiano sulla Forza, un carissimo amico suggerisce la cosa più semplice di tutte: “Perché non facciamo delle locandine e invitiamo altri a questi incontri?”.

Ovvio… quasi naturale. Prepariamo un semplice A4, in bianco e nero; lo attacchiamo in giro, per tutta la zona intorno a Villa Borghese. Un messaggio semplice, senza pretese, più una testimonianza che un invito. Meditazione a Villa Borghese. Attività gratuita. Tutti i mercoledì alle 13,30. “Continuo a farlo perché ho percepito nuovi luoghi della mente” è il mio invito;”A me motiva la necessità di apprendere ad amare la realtà che costruisco” è quello di Emiliano.

Per quasi quattro mesi attacchiamo gli inviti. Qualche sporadico partecipante, più Carmela, che diventa una presenza indiscutibile. Comincio a pensare che forse la locandina non funziona, ma non voglio cadere nel solito esitismo di vecchia memoria. Faccio quello che faccio con sentimento e verità interna, quello che deve succedere, succede. Le cose sono come sono e vanno come vanno.

Alla fine si trattava solamente di attendere che il lavoro accumulato sortisse i suoi frutti. Persone che tutte le settimane, leggono lo stesso messaggio, per mesi. Sono incuriositi… una volta… due volte… 20 volte.

Un mercoledì che non ha nulla di diverso da tutti i mercoledì passati, m’incammino verso la fontana, con l’immagine di fare la consueta cerimonia con Emiliano e Carmela. Ci sono undici persone che mi guardano in attesa che io le “illumini”. E adesso?

Di nuovo tanti registri che conosco, sensazioni familiari. Ego, prestigio, obiettivi… roba vecchia che torna, ma ora sono forse un po’ più lucido, o forse le motivazioni sono più profonde. L’obiettivo non è “per me”, l’obiettivo è dare ad altri l’opportunità che è stata data a me.

Inizio a fare attenzione a ciò che succede. Voglio dire abbastanza perché abbiano tutti gli strumenti per avere un’esperienza, ma non voglio dire troppo perché non abbiano “la mia esperienza”, che non ci siano aspettative esterne. Poche parole, poche spiegazioni, una sola è quella fondamentale. “Non è importante avere una corretta postura mentale o fisica. Qui non stiamo facendo un lavoro tecnico. L’unica cosa che conta è un buon tono emotivo. Siamo qua per amore verso noi stessi, perché non vogliamo trascurarci, perché vogliamo trattarci bene. Possiamo stare seduti o in piedi, a occhi chiusi o a occhi aperti, a braccia conserte o poggiate sulle gambe, a mani giunte… sono tutte cose che vanno bene… Qualcuno la chiama cerimonia, qualcuno meditazione, altri preghiera. Quello che conta è trattarsi bene, concedersi qualche minuto di tranquillità, di affetto verso se stessi. Siamo normali. Siamo tutti normalmente incasinati”.

Alcune cose le ho capite bene.

Molte persone hanno bisogno di sentirsi dire che non c’è nulla che non va in loro. Che è comprensibile sentirsi un po’ alienati in un mondo alienante. Non devo immaginare incontri in modo che piacciano, che siano attrattivi. Organizzo incontri de Il Messaggio nel modo che amo, così come lo amo, così come piace tanto a me.

Una settimana una cerimonia. Una settimana un’esperienza guidata. Usiamo la pausa pranzo. Mezz’ora o poco più in tutto. Al termine dell’incontro, chi vuole, mi lascia telefono o mail e gli mando testo e audio di ciò che abbiamo fatto. Il Messaggio è una cosa semplice. Chi vuole approfondire, chiede, ci si prende un caffè dopo, si “chiacchiera” per mail. Ci si vede in altri momenti.

Le persone iniziano a ringraziare, a presentarsi anche in giorni non “ufficiali”, in cui sanno che comunque io sono lì a fare il mio lavoro quotidiano. La sensazione che qualcuno abbia passato un momento bello è appagante, piacevole, energizzante. Mantengo alta l’attenzione: non è “per me”, è per tutti. Fare per altri è un lavoro personale che porta a interagire con registri, conflitti e resistenze che non incontro quando lavoro “per me”. Non è un lavoro superiore, né in opposizione; è un lavoro complementare.

Si tratta di fare la cosa più semplice del mondo. Raccontare ad altri ciò che amo, ciò che mi dà gioia, ciò che mi aiuta nei momenti di sconforto, di rabbia, di paura. Ciò che mi accompagna nei momenti di allegria, di spensieratezza e pace.

Non sto insegnando niente a nessuno. Sto testimoniando.

Così come testimonia Emiliano, semplicemente lasciando parlare il cuore

Quello che posso dire come testimonianza è che in questo luogo, un piazza circolare di Villa Borghese con nel mezzo una Fontana, abbiamo scelto di incontrarci quotidianamente. Il motore di tutto questo, il peso e la misura è ora più che mai la Necessità. Inequivocabile nella dimensione personale, linguaggio comune, che ci accomuna nelle parole e nei silenzi.

La Necessità ci ha fatto percorrere tutti i giorni quel viale, dove abbiamo condiviso inquietudini e aspirazioni, dove l’altro non è né sopra né sotto di me, ma è al mio fianco. Poi si è andata sommando la necessità di invitare altre persone. Anche in questo caso, nel mettere delle locandine prima di entrare o all’uscita dall’ufficio si percepiva l’unità; anche nei momenti di confusione, questo gesto era per me un’umanizzante ribellione alla solitudine, un atto valido di reciprocità.

Dopo del tempo cominciarono a partecipare altre persone, volti cari, nei quali di nuovo la Necessità si leggeva affiorando a chiare lettere. L’altro è il mio Maestro, mi insegna con il suo tentativo cose importanti che non possono passare attraverso i limiti di questa tastiera e di queste parole. Non parlo di numeri, non parlo di obiettivi, parlo delle riconfortanti presenze, di essere lì in quel momento del giorno alla Fontana. Il Messaggio è un ponte, una soglia senza porta, è la possibilità che si intravede attraverso la trama delle difficoltà. Per cui ringrazio e come diceva Silo in un’esperienza guidata: “Io che do con le mie mani ciò che posso”, perché tutti abbiamo molto da dare anche nei momenti di difficoltà. Ringrazio le persone che percorrono quel viale e il loro tentativo e anche tutti coloro che, pur non avendo trovato ancora la forza per farlo, hanno percepito la presenza della Necessità.” – Emiliano

Riccardo

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