I creatori di paranoie e i produttori di armi adorano sicuramente i film post-apocalittici e le serie televisive nei quali persone e città lottano tra loro con armi mortali per conquistare o difendere le proprie risorse. Che la scena sia ambientata nel presente o in un lontano futuro, dopo una guerra nucleare, un’invasione di zombie o disastri naturali, la necessità di proteggere cibo, medicine e risorse energetiche promuove il concetto della necessità di armarsi fino ai denti nell’eventualità che lo scenario diventi reale.

Tuttavia, abbiamo visto che in risposta alle catastrofi innumerevoli persone fanno esattamente il contrario. La solidarietà prevale. Ogni volta. Dopo lo tsunami del 2004, dopo le Torri gemelle, dopo l’ incendio della Grenfell Tower a Londra, le inondazioni negli Stati Uniti e in India/Bangladesh/Nepal/Pakistan, la crisi dei rifugiati siriani. Nonostante le limitate e talvolta negative risposte da parte delle autorità costituite ci sono sempre persone che mettono in secondo piano i propri interessi per aiutare gli altri.

Ci sono, ovviamente, eccezioni, gente che approfitta delle situazioni per trarne vantaggio personale, truffatori, proprietari di immobili a Houston che chiedono agli inquilini di pagare l’affitto anche se le case sono inagibili e così via, e questi casi vengono molto evidenziati dai media in quanto funzionali alla narrazione secondo cui la solidarietà è morta e dovremmo accumulare armi e ricchezze poiché non possiamo contare sull’aiuto di nessuno. Nello stesso ordine di idee, lo Stato si svuota sempre più al punto che, quando la catastrofe colpisce e proprio lo Stato sarebbe l’unico ad avere la capacità di organizzare una reazione globale in grado di salvare vite umane, esso si ritrova privo di fondi e disorganizzato.

Ma accade qualcosa di inaspettato nel cuore delle persone che si presume siano state sottoposte a tale totale lavaggio del cervello. Sorge la compassione, e ci si sente bene. Ecco l’elemento che preserva la solidarietà nell’umanità anche in un sistema progettato per annientarla. Il registro dell’empatia, dell’aiuto agli altri sbriciola molti dei condizionamenti, soprattutto per le sensazioni positive che produce. Ecco perché c’è ancora speranza per il futuro dell’ umanità.

La Regola d’ oro, il principio umanista per eccellenza, dice: “Quando tratti gli altri come vuoi essere trattato, ti liberi”. (Umanizzare la Terra, Silo, capitolo XIII). Ciò che costituisce il prodigio del concetto di “Azione valida”, basata sull’unione di pensiero, sentimento e azione, è il fatto di non essere guidati da precetti dispensati dall’alto, ma da registri interiori riguardanti ciò che ci fa crescere e diventare persone migliori, creando anche un centro di gravità che ci protegge da un ambiente disumanizzante.

C’è un’espressione politica di questo principio, una società in cui tutti si riuniscono per il bene di tutti, un vero e proprio contratto sociale che privilegia la salute, l’istruzione, l’alloggio e il benessere, così come esiste anche un’espressione politica della spinta antiumanista che sempre più promuove l’oscena accumulazione di ricchezza e risorse in poche mani. Questo neoliberismo mascherato da “libertà” tenta di distruggere la solidarietà, presentandola come una debolezza, ma, come abbiamo visto in innumerevoli esempi, quando il disastro colpisce la solidarietà emerge ancora una volta imbattuta.

Senza aspettare che avvenga un disastro,  prendiamoci un attimo ogni giorno per riflettere su “cosa posso fare oggi per muovere il mondo, il mio mondo, verso la solidarietà”, e sentiremo a poco a poco qualcosa di meraviglioso cominciare a crescere dentro di noi, qualcosa che dà alla vita un nuovo significato.

Traduzione dall’inglese di Giuseppina Vecchia per Pressenza