22 maggio: decimo giorno di viaggio della Carovana per i diritti dei migranti, per la dignità e la giustizia che riparte da Cassibile, vicino a Siracusa. Accompagnati da don D’Antona i carovanieri hanno potuto entrare nell’enorme tendopoli, l’ennesimo ghetto dove trovano rifugio i migranti che lavorano come braccianti nelle campagne per la raccolta di arance, limoni, patate. Si tratta perlopiù di senegalesi e magrebini, cui la parrocchia fornisce i pasti. Ma qui manca completamente una tutela sui diritti del lavoro, mancano i vestiti, manca l’acqua, che devono andare a prendere in paese a chilometri di distanza, subendo le proteste dei locali. Solo la solidarietà di pochi viene in aiuto a questi invisibili.

Altri invisibili si incontrano a Vittoria, un comune con poco più di 60 mila abitanti in provincia di Ragusa. Una distesa plastica di serre, uno dei più grandi poli ortofrutticoli europei, è il luogo di lavoro di uomini, ma soprattutto donne dell’Est, sfruttate lavorativamente e vessate e violentate dagli stessi proprietari delle serre. Un grande buco nero, una situazione inspiegabile; non essendoci pressoché forme di caporalato le diverse aziende rispondono a nomi e cognomi precisi sulla quale evidentemente non si vuole far luce. Non ci riescono le meritevoli inchieste giornalistiche, e le poche denunce in Parlamento.

Rimane una presenza viva e coraggiosa di attivisti, di associazioni contro la tratta, di Parrocchie come quella di don Beniamino o dell’impegno, non solo sindacale, della Camera del Lavoro. Proprio con il Segretario del comparto agroalimentare lo scorso anno girammo per i campi in un pomeriggio primaverile misurando all’interno delle serre temperature di oltre 50 gradi.

Quest’anno la Carovana ha partecipato ad un evento in piazza, con interventi di MEDU (Medici per i diritti umani), Peppe Scifo della Cgil di Ragusa e vari comitati locali. È stata l’occasione per condividere con la popolazione locale e con i ragazzi migranti ospiti nei vari centri di accoglienza di Vittoria, le esperienze dei testimoni che fin dal primo giorno arricchiscono la Carovana. Imed Soltani ha raccontato le storie dei tunisini scomparsi dal 2011, portando in visione dei filmati che raccontano dell’arrivo di alcuni ragazzi in Italia, ragazzi di cui si sono perse completamente le tracce. Così Li’k’il ha parlato della situazione guatemalteca, del suo impegno con le donne di 10 villaggi per la difesa della madre terra dalle multinazionali, e Fray Tomás ha illustrato la drammatica situazione dei migranti in Messico, ospitati nel rifugio La72, dove incontrano un abbraccio solidale e materno, un luogo dove le donne danno alla luce i propri figli e dove il sogno di una vita migliore incomincia a realizzarsi. Trovano i Padri Francescani, e volontari da ogni parte del mondo. Il contrario di quanto capitò a 72 migranti centroamericani nel 2011 a San Fernando, nel nord del Messico, che furono sequestrati, torturati e infine gettati in una fossa comune.

È stato quindi proiettato il documentario di Pablo Ernesto Piovano, premiato al Festival Cinematografico dei Diritti Umani di Buenos Aires, El costo humano de los agrotoxicos, che denuncia la Monsanto e l’uso criminale del glifosato che sta “uccidendo l’Argentina”. Le sue immagini sono parte probatoria nel processo dell’Aja. Qui, il 19 aprile scorso, il parere della Corte internazionale del Tribunale Monsanto ha sentenziato che “l’attività dell’azienda è risultata a tutti gli effetti lesiva dei diritti fondamentali”.

In piazza sono state esposte, come negli altri incontri delle Carovana lungo il percorso, un paio di scarpe e le sue impronte: “Huellas de la memoria”, orme della memoria. Queste scarpe, fanno parte di una mostra, un’opera collettiva, che dopo aver girato il Messico e l’Europa attraversa l’Italia. Potrete vederla a Venezia dal 16 al 29 maggio e a Torino dall’1 al 14 giugno.

 

Dopo un meritato riposo serale, la Carovana è poi ripartita per Niscemi.

 

Per sostenere la Carovana è aperto un crowdfunding ancora per pochi giorni: https://buonacausa.org/cause/carovanemigranti

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