Un anno particolare, questo, per una delle città italiane più antiche e dal passato più affascinante, sia per i miti che ne narrano le origini sia per la ricchezza di storia che è passata sulle sue pietre.

Parliamo di Siracusa, la città di Archimede, la città fondata dai greci provenienti da Corinto nell’VIII secolo a.C. e conquista nel 212 a.C. dai romani. Questi ne vennero a loro volta  conquistati per la ricchezza artistica e culturale di quella che secondo Cicerone era “la più grande e bella di tutte le città greche”, tanto da far affermare successivamente al poeta Orazio Graecia capta ferum victorem cepitcon l’indubbio significato che la finezza di pensiero e la bellezza delle arti hanno un valore superiore alla forza delle armi.

Purtroppo dopo la conquista del 212 a.C. la Siracusa greca non tornò più al suo primo splendore né sotto la Repubblica romana, né sotto l’Impero di Augusto, né, successivamente, sotto l’Impero Romano d’Oriente – pur mantenendo la sua importanza fino a diventare capitale dell’Impero nel VII secolo – né dopo la conquista araba alla fine del IX secolo o quella normanna dell’XI e le successive conquiste che si sono avvicendate fino all’Unità d’Italia.

Anche nei periodi di massimo abbandono, Siracusa è rimasta però “uno dei più bei posti del mondo ed offre lo spettacolo più grandioso e più pittoresco che ci sia” come affermato da Vivant Denon nel suo “Voyage en Sicile” di due secoli fa. E lo è tuttora, tanto che nel 2005 l’Unesco l’ha proclamata patrimonio dell’umanità.

Un anno particolare, dicevamo, perché è il 2750esimo dalla sua fondazione come città greca, quella che ancora oggi offre al mondo uno dei massimi monumenti di arte vissuta e di cultura trasmessa alle genti di ogni classe sociale: il Teatro Greco, quello fatto costruire da Gelone di Siracusa circa 2500 anni fa e che ancora offre i suoi spettacoli classici una volta l’anno tra la primavera e l’estate. Il prossimo, con inizio il 6 maggio e chiusura il 9 luglio è il 53° ciclo di rappresentazioni classiche organizzate e promosse  dalla fondazione INDA (Istituto Nazionale del Dramma Antico).

Come ci dice Gaspare Urso, addetto stampa della fondazione, quest’anno la stagione sarà molto più lunga delle precedenti e offrirà alcune novità particolarmente interessanti. Novità di cui l’ing. Pier Francesco Pinelli, Commissario straordinario della Fondazione, è ideatore e di cui va giustamente fiero.

Parlando con l’ing. Pinelli, solo alcune di queste innovazioni ci vengono comunicate, come la traduzione in inglese, con voce recitante in simultanea, cosa estremamente impegnativa e del tutto nuova. O il progetto di inserire il festival in itinerari turistici legando natura e cultura, o il potenziamento delle tournée in Italia e il sempre maggior coinvolgimento con le scuole, facendo crescere l’amore per il teatro antico nei ragazzi che già studiano gli autori classici ed altro ancora.  Mentre qualcosa che ha a che fare con la cavea e che “rappresenta una novità mondiale assoluta” non vuole dircela e la riserva come sorpresa da scoprire all’inaugurazione della stagione, il prossimo 6 maggio, che si aprirà con la tragedia di Eschilo.

Il teatro come monumento” sta a cuore al Commissario non meno delle rappresentazioni teatrali e in questo suo pensiero rientra la novità della cavea che scopriremo a maggio e che è parte della sua decisione di “attrezzare il teatro nel modo più rispettoso possibile” per una fruizione ottimale delle opere che vi vengono rappresentate.

L’ing. Pinelli ha assunto la carica di Commissario nel febbraio 2016 su richiesta del Sindaco di Siracusa e nomina del Ministro dei Beni Culturali e ci tiene a precisare che ha trovato “la Fondazione bloccata dal punto di vista decisionale a tre mesi dall’inizio delle rappresentazioni, tanto che è stato un miracolo riuscire a fare la stagione 2016, che poi è stata la migliore in assoluto.” Ma aggiunge anche che “la Fondazione INDA è un’assoluta eccellenza” e precisa di aver trovato “debito pari a zero, il 70% dei ricavi dovuti ad attività proprie e non a sussidi. Inoltre, mentre in Italia negli ultimi 10 anni l’incremento degli spettatori teatrali è stato intorno al 3%, il teatro greco di Siracusa ha visto un incremento di circa il 30%.”  In considerazione di ciò, e fiero che del sud Italia si possa parlare anche per primati positivi in ambito culturale, l’ing. Pinelli dice: “Vorrei che ci fossero tante altre Siracuse. Una c’è già, al nord: il teatro romano di Verona dove viene rappresentato Shakespeare.”

Passando a parlare delle opere che verranno rappresentate nella prossima stagione, l’ing. Pinelli espone il suo pensiero circa la loro scelta. Come anticipato dall’addetto stampa, quest’anno il tema sarà “Il teatro e la città” e per questo “la scelta delle opere verte su due tragedie del ciclo tebano che molto hanno a che fare con la ‘città’, intesa come passione e come contesa”. Aver scelto di rappresentare lo stesso tema in due diverse tragedie scritte a sessant’anni di distanza da autori molto diversi per scelte stilistiche ha non solo un valore interpretativo dal punto di vista filologico, ma anche dal punto di vista “politico”.

La terza rappresentazione non è tragedia, ma commedia. Un evento abbastanza raro al teatro di Siracusa, ma perfettamente allineato con la scelta tematica di fondo. Infatti “Le rane” di Aristofane, ha direttamente a che fare con le opere precedenti, rispettivamente “I sette contro Tebe” di Eschilo e le “Fenicie” di Euripide, in particolare con quest’ultima, data  l’avversione del commediografo Aristofane per Euripide. Ma, come spiega ancora  il commissario della Fondazione, “quel che interessa mettere in luce è il rapporto tra potere e democrazia per la difesa della città” intesa originariamente come polis, ma che si dilata in un più esteso concetto moderno. E questo rapporto ha un suo elemento prezioso e particolare: la cultura. Qui ha senso il messaggio forte di  Aristofane, che attraverso il viaggio di Dioniso ne “Le rane” ci fa sapere che una città in decadimento di valori ha ancora la possibilità di salvarsi, ma solo attraverso la cultura.  Ed  ecco che il rapporto città-teatro diventa città-cultura e le “lezioni” di due grandi nomi, quali Eva Cantarella e Luciano Canfora, che si terranno il 22 maggio ed il 28 giugno, sapranno spiegare l’importanza e la ricchezza di questo rapporto.

L’obiettivo dichiarato del Commissario Pinelli è quello di dare una precisa linea editoriale “cosciente e strutturata” con un lavoro di rinnovamento  basato su “segni espressivi e cifre espressive, chiamando registi che sappiano rappresentare una contemporaneità espressiva” e la scelta di questa stagione teatrale sembra esprimerlo in pieno. Praticamente il dramma della città di Tebe, l’agire degli uomini dentro e oltre le linee del destino e il loro distruggersi per problemi di potere sembra dire al pubblico che affollerà il teatro: “Ecco, riconoscete nella tragedia narrata la tragedia tuttora vissuta in questo nostro mondo.

Per avere informazioni sui giorni delle rappresentazioni, i dettagli del lavoro che la Fondazione INDA porta avanti, i registi e gli attori e le loro interessanti dichiarazioni basta andare sul sito www.indafondazione.org

Chiudendo l’intervista con l’ingegner Pinelli e tornando a fare due considerazioni con Gaspare Urso, siracusano doc oltre che addetto stampa della Fondazione, quest’ultimo ci ricorda che dopo la conquista e il sacco romano della città, i rappresentanti di Siracusa ebbero il coraggio di recarsi a Roma per accusare i conquistatori e chiedere la restituzione dei propri beni. Incredibilmente, presso il Senato della Roma repubblicana del III secolo a.C. ebbe luogo il processo mosso dal popolo vinto contro il suo vincitore.

Questa è la forza della cultura. Ovviamente quando alla cultura viene dato il suo giusto valore. Il Teatro di Siracusa ce lo ricorda e sposta sul piano dell’arte quella che è la tragedia di cui gli umani seguitano a riempire la storia.