Dopo aver presentato due poesie di Brunella Giovannini, una sulla guerra in Siria e l’altra sui bambini rompisassi in Benin, qui di seguito vi vorrei presentare la nostra intervista con l’autrice sul suo romanzo breve Un volo di farfalle. Una recensione dell’opera la trovate qui.

Come mai ha scelto il titolo “Un volo di farfalle”?

Gli antichi sostenevano che le farfalle rappresentano l’anima e su questo concetto ho elaborato la trama del romanzo.

Come lottare oggi in Europa per una cultura dell’accoglienza?

Viviamo in un’epoca molto difficile e spesso le problematiche personali impediscono di vedere la realtà che ci circonda. Il fenomeno immigrazione è visto da tanti come una calamità, complici le politiche razziste, spesso si prendono posizioni senza essere a conoscenza dei drammi che vivono le persone costrette a lasciare i propri Paesi e che hanno la sola colpa di cercare un futuro migliore. Nello stesso tempo ritengo necessaria una gestione responsabile di tale fenomeno, abbiamo visto purtroppo che se tra tanti in cerca di speranza, si infiltra qualcuno con intenzioni tutt’altro che pacifiche, oltre a creare paura e danni a livello umano e materiale, contribuisce ad alimentare un ulteriore spirito di chiusura nei confronti di chi non ha nessuna colpa.

Che responsabilità hanno i Paesi europei per le tragedie dei naufragi nel Mediterraneo?

La responsabilità maggiore è da attribuire ai Paesi che negano il diritto alla vita e alla dignità al proprio popolo, costringendolo a fuggire. Non da meno sono le responsabilità di vari governi europei che incapaci di gestire tale fenomeno, hanno preferito trincerarsi dietro ipocrisia e razzismo. Una UE forte e compatta, avrebbe dovuto battersi per risolvere i conflitti nei Paesi di origine e per istituire i canali umanitari evitando così buona parte delle tragedie che accadono in mare. Non dimentichiamo però che dalla notte dei tempi, l’uomo si arricchisce sulle disgrazie altrui e anche i viaggi cosiddetti della speranza, sono fonte di guadagno per organizzazioni che operano oltre i confini della legalità e fanno muovere grandi flussi di denaro. E poi, vogliamo parlare di quei Paesi che hanno chiuso i propri confini, alzando barriere e muri di filo spinato? Forse non hanno mai sentito parlare di Vittorio Arrigoni il quale affermava che “A qualunque latitudine facciamo parte della stessa comunità. Ogni uomo, ogni donna e ogni bambino di questo pianeta, ha diritto alla dignità e alla vita, senza nessuna distinzione. Restiamo umani anche quando l’umanità pare essersi persa.” Queste parole dovrebbero essere oggetto di meditazione per molti…

Come spiegare la forza arricchente delle diverse culture e religioni in un mondo visto da una prospettiva umanista?

Dobbiamo essere consapevoli che il mondo non deve avere altra prospettiva che la pace tra i popoli e questo significa imparare a convivere con culture e religioni diverse. Conoscere, accettare le differenze pur mantenendo la propria identità è sintomo di civiltà e di intelligenza. Cinquecento anni fa, Giovanni Pico, studioso e filosofo si chiedeva: “Come essere certi della propria saggezza se non ne conosciamo altre?” In questo contesto voglio anche menzionare la Kabbalah, una misteriosa e antica saggezza in grado di svelare e unificare ogni legge fisica e spirituale dell’esistenza. Le sue rivelazioni hanno avuto profonda influenza sui maggiori pensatori della storia. Lo Zohar è il frutto dello studio e dell’interpretazione della Kabbalah e trascende la religione, la razza, la politica e la geografia; è in grado di dissolvere l’oscurità nella vita di ogni uomo e nel mondo intero. Il suo potere spirituale è universale e dona benedizioni su tutti coloro che desiderano la sua vera Luce. Il suo potere è un diritto per cristiani, musulmani, indù, ebrei e per l’intera umanità. Se ognuno imparasse a pensare a questi concetti scritti migliaia di anni fa eppure sempre attualissimi, si metterebbe in atto una trasformazione dello scenario della civiltà umana, verrebbero sradicati tutti i conflitti, soprattutto religiosi che nei secoli hanno contribuito a creare profonde fratture tra le genti.

Ci racconti la trama del suo romanzo breve

“Un volo di farfalle” nasce dall’elaborazione di una poesia scritta qualche giorno dopo il drammatico naufragio di Lampedusa del 3 ottobre 2013. Ho scelto come protagoniste principali due bambine: un’italiana e una siriana che si incontrano in seguito ad eventi violenti, pur di natura diversa. Aisha proviene da Damasco ed era una tra i tanti passeggeri del barcone naufragato. Era partita una famiglia composta da quattro persone dalla Siria, ma sulle rive siciliane approdano solo una madre e una bambina ferita, il padre e l’altro figlio sono tra le vittime. Anna Paola vive ad Agrigento e mentre torna da scuola, viene colpita da un proiettile vagante durante una sparatoria tra malavitosi. Le piccole sono entrambe ricoverate nello stesso ospedale e dopo essere state sottoposte a complicati interventi chirurgici finiscono in coma: a questo punto il loro primo incontro avviene in un’altra dimensione… Durante questa permanenza “extra corpore” vedono Omar e Nadir, padre e fratello di Aisha che stanno partendo per un “viaggio infinito” e nell’atto di salutare la figlia, Omar la mette al corrente che nel giardino della casa di Damasco è stato nascosto un prezioso antico manoscritto, lasciato secoli prima da un antenato prima di intraprendere un viaggio verso l’Italia per incontrare filosofi e studiosi e dal quale non fece mai ritorno. Le gravi condizioni delle bimbe favoriscono il rapporto amichevole e solidale tra i genitori di Anna Paola e la madre di Aisha, che accomunati dal dolore e dalla preoccupazione offrono il loro aiuto e il loro sostegno alla sfortunata donna siriana. Nulla accade per caso e forse anche l’incontro tra le due bambine era già stato deciso tanto tempo prima: anche i nonni di Anna Paola custodiscono un volume molto antico scritto da un antenato di origini straniere…

Spinto da una inspiegabile curiosità, il Capitano Rossetti, padre di Anna Paola, inizia a tradurre il testo antico che i genitori hanno sempre gelosamente custodito e scopre che forse c’è qualcosa che lega le vite delle due famiglie con origini diverse ma con lo stesso denominatore: l’autore del vecchio manoscritto proveniva dalla Siria ed era uno studioso. Parlava della Kabbalah e dello Zohar e affermava che la Terra è il centro dell’universo, tutte le persone sono connesse ad un livello più profondo di realtà e le azioni spirituali influenzano il cosmo. A questo punto sembra si stiano ricongiungendo gli anelli di una catena che non si è mai spezzata ed emergono verità che riguardano anche il presente…

All’ospedale di Agrigento le condizioni di salute delle piccole migliorano, escono dal coma e vengono trasferite in una stanza dove incontrano una nuova amica: una bimba di colore figlia di un militare. Si forma un trio molto affiatato dove la religione, la provenienza e il colore della pelle sono dettagli privi di importanza mentre invece emergono valori quali l’accoglienza, la solidarietà e l’amicizia oltre ogni differenza.

Cosa crede di avere trasmesso con il suo romanzo breve e quali sono i suoi progetti letterari per il futuro?

Ho sviluppato il racconto usando l’escamotage dell’amicizia tra bambini per toccare argomenti di un certo spessore. Il mondo dei bambini è un mondo magico e loro possono essere spesso considerati maestri di vita in questo periodo di così basso spessore emotivo. L’innocenza e l’apertura verso il nuovo, consentono di relazionarsi con gli altri superando quelli che spesso gli adulti considerano ostacoli: la provenienza, la cultura e la religione diversa. Le protagoniste appartengono a due famiglie apparentemente divise da tutto che in un preciso momento si trovano accomunate dallo stesso dramma. Ho voluto rappresentare il fenomeno dell’immigrazione sotto un’altra luce e nel rapporto che si crea tra la madre di Aisha e i genitori di Anna Paola, nel mistero che avvolge l’antico manoscritto ritrovato, ho cercato di lanciare un messaggio di umanità e speranza.

E’ uscito da poco il mio secondo romanzo intitolato “Tra i segreti di Villa Aurelia” la cui trama si sviluppa attorno al terremoto che nel 2012 ha colpito l’Emilia e di conseguenza anche il mio paese.

Pur raccontando una storia diversa c’è qualche legame con il libro precedente: in alcuni punti, viene toccato nuovamente l’argomento immigrazione e accoglienza.

Ci parli della poesia “Un fiore per Nadir” e dica come secondo lei, la poesia può contribuire al discorso sui diritti umani.

Ho scritto la poesia nei giorni immediatamente successivi il naufragio di Lampedusa del 3 ottobre 2013. Emotivamente toccata dalle immagini e dalle notizie trasmesse dai media, ho sentito il bisogno di mettere su carta i pensieri e le sensazioni provate in quei momenti.

Credo che la poesia, nel suo piccolo possa contribuire al discorso sui diritti umani; chi scrive testi poetici lascia parlare l’anima e spera che le parole riescano ad arrivare nel luogo più prezioso che l’uomo possiede: il cuore.

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