Vertice dei Ministri degli esteri dei Paesi islamici (OIC) sulla situazione dei Rohingya: APM chiede all’OIC di impegnarsi per una soluzione politica del conflitto

Con una lettera indirizzata ai Ministri degli esteri dei paesi islamici,  l’Associazione per i Popoli Minacciati (APM) chiede che l’Organizzazione della Cooperazione Islamica (OIC) si impegni per una soluzione politica della tragedia dei profughi Rohingya nel sudest asiatico. Secondo l’APM è urgente aumentare la pressione sul governo birmano affinché lavori seriamente a una soluzione politica della questione dei Rohingya nel paese. Inoltre l’APM chiede all’OIC di appellarsi al governo del Bangladesh, paese membro dell’OIC, affinché accolga e tuteli almeno temporaneamente i profughi Rohingya in fuga dal Myanmar (Birmania). Attualmente il Bangladesh ha chiuso le frontiere per i profughi Rohingya.

I ministri degli esteri dell’OIC si incontrano giovedì 19 gennaio a Kuala Lumpur (Malesia) per un vertice speciale sulla questione dei Rohingya dopo che un video apparso in gennaio 2017 aveva messo in evidenza le violazioni dei diritti umani commesse da soldati birmani nei confronti della minoranza Rohingya in Birmania e aveva causato ampie proteste nel mondo islamico. In seguito alle massicce proteste il governo birmano ha fatto arrestare quattro soldati accusati delle violenze contro gli abitanti musulmani di un villaggio rohingya.

L’OIC riveste grande importanza a livello internazionale per l’individuazione di una soluzione della situazione dei Rohingya in Myanmar. Dallo scoppio delle violenze nel giugno 2012 tra Rohingya
musulmani e Rakhine buddisti nello stato birmano di Rakhine (precedentemente Arakan) i rappresentanti dei 57 paesi membri dell’OIC hanno ripetutamente segnalato all’Assemblea dell’ONU e alle sue istituzioni la situazione della minoranza dei Rohingya perseguitata in Myanmar e a cui viene negata anche la cittadinanza.

I paesi membri dell’OIC Bangladesh, Malesia e Indonesia temono un ulteriore esodo di Rohingya provenienti dalla Birmania. Ma anche l’Arabia Saudita e il Pakistan, paesi in cui vivono comunità maggiori di Rohingya in esilio, temono un’escalation del conflitto. Nonostante i rigidi controlli alle frontiere e l’immediato rimpatrio dei profughi individuati, più di 65.000 Rohingya sono riusciti a scappare in Bangladesh in seguito all’aumento della violenza nei loro confronti a partire dall’ottobre 2016. Il Bangladesh però considera i profughi Rohingya come illegali ed essi restano privi di protezione.

Bolzano, Göttingen, 18 gennaio 2017

Vedi anche in gfbv.it: www.gfbv.it/2c-stampa/2016/160523it.html |
www.gfbv.it/2c-stampa/2015/150813it.html |
www.gfbv.it/2c-stampa/2015/150528it.html |
www.gfbv.it/2c-stampa/2015/150514it.html |
www.gfbv.it/2c-stampa/2015/150505it.html |
www.gfbv.it/2c-stampa/2015/150114it.html |
www.gfbv.it/3dossier/asia/burma/burma-1it.html |
www.gfbv.it/3dossier/asia/burma/birmania.html |
www.gfbv.it/3dossier/asia/burma/burma-shan-it.html
in www:
www.ec.europa.eu/echo/files/aid/countries/factsheets/rohingya_en.pdf |
www.caratteriliberi.eu/2014/01/29/mondo/la-transizione-birmana/ |
www.irinnews.org