“Schiavi Senza Catene – L’arte di pensare con la propria testa per vivere bene in un mondo difficile”. È questo il titolo del nuovo libro di Andrea Bizzocchi che dopo “Non prendeteci per il PIL!” torna a riflettere sulla nostra società, sulle paure ed i condizionamenti e, soprattutto, sull’importanza della responsabilità individuale.

“La Magia più grande è quella di assumersi la totale responsabilità della propria vita per trasformarla in meglio”. È quanto afferma Andrea Bizzocchi nel suo nuovo libro “Schiavi Senza Catene – L’arte di pensare con la propria testa per vivere bene in un mondo difficile”, il seguito di “Non prendeteci per il PIL!”. Per saperne di più lo abbiamo intervistato.

Raccontaci di te, chi è Andrea Bizzocchi?
Se proprio devo, gradirei definirmi unicamente come “essere umano”, o forse meglio ancora: come “esploratore della vita”, nel senso che mi è sempre piaciuto sperimentare cose nuove.

Ho lavorato in proprio da quando avevo 19 anni, ma dei soldi non mi è mai interessato assolutamente nulla. Facevo molte cose, alcune non funzionavano, altre sì e anche molto bene: ho aperto una catena di yogurterie in Italia, un ristorante nei Caraibi, una piadineria a New York, ma tutto per puro spirito d’avventura, nient’altro. Magari portavo avanti l’attività per 1-2 anni e poi venivo attratto da qualcos’altro e non necessariamente da un punto di vista imprenditoriale, sia chiaro. Quando volevo cambiare vita vendevo o il più delle volte svendevo l’attività, perché ho sempre avuto la percezione che dei soldi si diventa schiavi e quindi tuttora, miro ad avere in tasca giusto quel poco che mi serve per vivere come voglio io.

Potrei anche aggiungere che oggi sono in una fase in cui, con una compagna e 2 figlie mi sento pronto ad abbandonare tutto, anche se pur andando già in quella direzione credo ci vorrà del tempo per arrivare dove voglio io. Credo che questo atteggiamento del reinventarsi e del rimettersi in discussione sempre permetta di accrescere la sicurezza in se stessi. La cosa può apparire paradossale ma non lo è perché questo ti permette di non attaccarti mai a nulla e quando non hai attaccamenti è molto più facile e spontaneo prendere e ripartire, anche non necessariamente da un punto di vista fisico, ma proprio nel senso di reinventarsi.

Questa premessa che ti sto facendo che sembra riferirsi solo al lavoro, in realtà è un approccio che ho verso tutto: nell’alimentazione, nella salute, è un approccio generale alla vita, insomma. Questo atteggiamento ti dà sicurezza. Ad esempio, se non sto bene, so che sono io a dover fare qualcosa per tornare a stare bene, e non il medico o l’ospedale. Assumersi la responsabilità della propria Vita, sempre, in qualunque situazione. Magari non è facile, altrimenti lo farebbero tutti, ma ti fa crescere, su questo non ci piove. E ti rende più forte.

Ampliando il discorso, ad esempio io non mi definisco scrittore: ho scritto dei libri ma in generale faccio quello che mi capita. Più in generale vivo cercando di farlo con la “v” maiuscola. Mi spiego meglio: non è perché ho scritto dei libri che desidero per forza fare lo scrittore per tutta la vita e che devo condurre la mia vita in quel ruolo. Ed è per il fatto di reinventarmi molto spesso che ho maturato una certa sicurezza interiore, perché in questo modo mi sono reso conto di essere io il responsabile della mia vita. Questo è un punto fondamentale: assumersi la responsabilità della propria vita.

Il “sistema” o “mega-macchina”, che dir si voglia, ti fa sentire sempre più dipendente da qualcosa: che si chiami economia, lavoro, che si chiami cibo, salute e via dicendo, siamo sempre dipendenti da qualcuno o da qualcosa. Ed è chiaro che se ti senti sempre dipendente da qualcuno o da qualcosa, alla fine hai paura perché non ti senti all’altezza di poter raggiungere quel qualcosa solo con le tue forze.

Abbiamo capito che non ti piace definirti, ma passami la doppia provocazione: pensi di poterti “definire” una persona “libera”?
Guarda, Veronica, la risposta onesta è no. Ma vado, almeno credo, in quella direzione. La libertà, di cui si fa un gran parlare, in questo mondo non esiste e più se ne parla meno la si ottiene. È una parola che si utilizza anche molto a sproposito: pensiamo ad esempio all’espressione “libero mercato” o “libera ricerca” o “libera professione”, quando è chiaro che di “libero” in certi settori c’è davvero poco. Riflettiamo ad esempio sull’espressione “attività di evasione”, che spesso utilizziamo senza riflettere quando parliamo di divertimento. Se ci pensi si evade da una prigione, no? Se sei libero da cosa devi evadere? Moltissime parole e modi di dire vengono utilizzati dai media etc. proprio per introiettare nella psiche collettiva un significato che si sostituisce al suo vero significato e la parola “evasione” è una di queste.

Per me “libertà” è una parola molto seria, che bisognerebbe usare con il contagocce. Ma è anche qualcosa di estremamente connaturato in noi, in quanto esseri viventi e per quanto uno ne sia consapevole, oppure no, sono convinto che tutti soffriamo enormemente  per il fatto che in questo mondo non siamo affatto liberi. E comunque la libertà non è un qualcosa di cui parlare ma solo qualcosa da vivere.

Bisognerebbe conoscere l’etimologia delle parole. Forse la mia parola preferita è “responsabilità”, intendendola come responsabilità personale per la mia vita. Responsabilità significa: abilità di rispondere, nel senso di far fronte ad una determinata situazione. Per farti un esempio, tutti noi, salvo le ovvie eccezioni, nasciamo con la possibilità di essere in salute, poi è chiaro che se ti prendi la responsabilità di esserlo farai certe scelte, ragionerai in un certo modo etc, etc, e starai in salute, altrimenti otterrai l’opposto.
Al netto del fatto che il sistema muove costantemente contro di te per farti ammalare da tutti i punti di vista, oggi la stragrande maggioranza della gente sta male perché non si prende la responsabilità della propria vita e non a causa del sistema.

Sai, Tiziano Terzani in un suo libro ha scritto questo: “C’è quasi da essere contenti che stiamo male! Significa che dentro di noi è rimasto un desiderio di umanità perduta”. Nel nostro mondo cosiddetto “ricco e progredito”, nella società del cosiddetto “benessere”, a ben guardare regna il malessere. Ed io sono convinto che purtroppo tanto di questo malessere venga proprio dal fatto che come hai detto benissimo siamo spettatori passivi della nostra vita. Non ce ne prendiamo mai la responsabilità. Per cui questo per me è un punto di partenza fondamentale: chi è che deve cambiare la tua vita, se non te stesso?

Il sottotitolo del tuo nuovo libro che uscirà a settembre è: “L’arte di pensare con la propria testa per vivere bene in un mondo difficile”. Spiegaci cosa significa per te.

Siamo condizionati/manipolati fin dalla nascita; già la famiglia è di per sé un condizionamento e andando avanti: la scuola e l’istruzione in generale, la società in cui viviamo, i mezzi d’informazione e così via. Questo è un dato di fatto. Avendo quindi questa consapevolezza, personalmente ritengo che sia nostra responsabilità lasciarci condizionare o meno, altrimenti stiamo solamente a fare delle analisi che per quanto giuste rimangono astratte, perché se non hanno un’incidenza effettiva nella nostra vita, servono a poco. Insomma, bisogna decidere di cambiare e non “vorrei cambiare”, “mi piacerebbe cambiare”, ecc. E la responsabilità di questa decisione è solamente la tua.

Una volta presa coscienza di questo fatto, il passo successivo che dal mio punto di vista è molto importante è iniziare a de-condizionarti, a destrutturare il pensiero e non si può pretendere di farlo se si continua a fare le stesse cose tutti i giorni per tutta la vita. Pensiero e azione sono strettamente legati ed è ovvio che i tuoi pensieri rimarranno sempre gli stessi se farai sempre le stesse cose e viceversa. Quindi per forza di cose devi mettere qualcosa in discussione, altrimenti non puoi cambiare.

Alla radice del voler fare sempre le stesse cose, c’è il sentimento che più di ogni altro direziona la nostra vita: la paura. Viviamo tutti pieni di paure: paura di perdere il lavoro, di non arrivare a fine mese, di non essere all’altezza di qualcosa, di esser lasciati dal compagno o dalla compagna e così via.
Ma le paure sono quasi tutte immaginarie. Se lo si capisce svaniscono semplicemente perché non esistono.

Cosa intendi quando dici che “la Magia più grande è quella di assumersi la totale responsabilità della propria vita per trasformarla in meglio”?
La responsabilità della nostra vita deve per forza essere la nostra. Il mago è per me chi trasforma la propria vita. Ognuno di noi, in ogni preciso istante, ha la possibilità di prendere una decisione piuttosto che un’altra. Non conta tanto ciò che ci capita ma come reagiamo a ciò che ci capita.

La stragrande maggioranza della gente invece non fa altro lamentarsi, soprattutto pensando ai grandi problemi del mondo: dalla crisi dell’economia a quella ambientale, ma poiché questi problemi sono così grandi si sente impotente e sentendosi tale, si sente in qualche modo giustificata a non agire. Non dico che uno non debba impegnarsi in queste faccende, ci mancherebbe altro: il progetto di Italia che cambia, tanto per fare un esempio è un progetto grande ma che va in questa direzione. Però è ovvio che si debba partire dal piccolo e da te stesso: cioè, tu non puoi parlarmi di pace e poi ti comporti malamente con la tua compagna o coi tuoi figli e nei rapporti con le persone che hai vicino. Questo vale per tutto.

Le decisioni che “fanno” la nostra vita non sono quelle grandi ma quelle piccole. Mangiare un frutto anziché una merendina o fare una passeggiata con tuo figlio piuttosto che guardare la televisione, ovvero l’azione “giusta”, quando fatta con costanza, quando diventa la tua vita, fa tutta la differenza del mondo, almeno per la tua vita. Sei tu responsabile per quella decisione, mentre per le cose grandi ti senti deresponsabilizzato e proprio per questo molti si concentrano su quelle. Per me bisogna partire dalla propria Vita e su quella ognuno di noi ha un enorme potenziale di cambiamento, immediatamente, da adesso.

 

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