Secondo la Ricerca sulle Condizioni della Vita 2015, per il sesto anno consecutivo le rate per i mutui della casa continuano a diminuire, senza che ciò si traduca in una ripresa statistica dell’economia

Il 22,1% della popolazione è a rischio povertà: un dato simile a quello dell’anno precedente e che aumenta fino al 45% in caso di persone prive di occupazione

Il tasso Arope, che misura anche le privazioni materiali, mostra un dato peggiore: il 28,6% della popolazione è a rischio esclusione

La tanto sbandierata ripresa non giunge nelle case. La Ricerca sulle Condizioni di Vita- basata sui dati del 2014- pubblicata dall’Istituto Nazionale di Statistica, mostra che sia il rischio di povertà come le rate medie di chi possiede una casa descrivono ancora una volta una società impoverita. Il 22,1% della popolazione che vive in Spagna è a rischio povertà, un decimo in meno del 2013, quando si attestava al 22,2%. Il rischio raddoppia in caso di soggetti privi di occupazione: il 44,8% dei disoccupati vive a rischio esclusione sociale.

I redditi medi dei nuclei familiari continuano a diminuire: il 2014 è stato il sesto anno consecutivo in cui il denaro che giunge nelle case è diminuito. Nel 2014, il reddito medio per famiglia è stato di 26.092, lo 0,2% in meno dell’anno precedente. E’ opportuno distinguere che l’esercizio 2014 ha chiuso come il primo di recupero, o l’ultimo dopo la recessione. In termini statistici, l’economia è salita dell’1,4%. Il tasso di disoccupazione è sceso oltre il livello del 23%, cosa che non si vedeva dal 2012.

La soglia di rischio povertà viene calcolata prendendo come riferimento questi importi medi: aumenta o diminuisce a secondo dell’aumento o diminuzione degli stessi. Nel 2015 una persona si riteneva povera se guadagnava meno di 8.011 euro l’anno e 16.823 euro nel caso di un nucleo familiare formato da  due adulti e due bambini. Nel 2011, ad esempio, una persona viveva sotto la soglia di povertà se aveva un reddito di 8.358 euro annuali e,nel caso di un nucleo formato da quattro persone, di 17.473. Cioè, nuclei che fino tre anni fa erano considerati poveri, ora non rientrano in questa categoria, non perché la situazione sia migliorata, ma perché i redditi medi si sono ridotti ed è necessario possedere ancora meno per far parte di quella popolazione ritenuta a rischio di esclusione sociale.

Onde evitare tale distorsione, la Ricerca include un altro indicatore di misurazione della povertà, il tasso Arope, che è quello di riferimento per paragonarci al resto dell’Europa. Tale indicatore non tiene conto soltanto dei redditi medi, ma anche della presenza o meno di un’occupazione , la durata dello stesso (monte ore di lavoro) e la grave carenza di beni materiali (poter scaldare la casa, mangiare carne ecc). Secondo il tasso Arope, la povertà è persino maggiore: il 28,6% della popolazione vive in stato di esclusione. Forse un decimo in meno del 2014, quando era al 29,2%, ma è ancora chiaramente più alta di quella del 2011, che era del 26,7%.

Il 13,7% dei nuclei familiari arriva a fine mese “con molta difficoltà” e quasi il 40% non riesce ad affrontare spese impreviste. D’altro canto,  il 40,6% dei nuclei familiari non può permettersi una vacanza una volta l’anno e il 9,4% rimanda il pagamento dell’affitto o delle bollette. Tutti questi indicatori era ancora più evidenti un anno fa.

Più formazione, meno povertà

Vi sono fattori che influiscono sul rischio di povertà. E’ il caso della formazione: tra i soggetti con istruzione superiore, il tasso di povertà è del 9,8%; tra chi ha un’istruzione primaria o superiore, tuttavia, aumenta fino al 24,8%.

Anche il nucleo familiare di origine è decisivo. La presenza di figli aumenta il rischio povertà. Tuttavia, sono le famiglie monoparentali quelle che detengono il maggior rischio di esclusione sociale: il 37,5% vive in povertà.

La povertà non esula dalla nazionalità. Se il tasso medio di povertà è del 22,1%, in caso di soggetti che non vivono all’interno dell’Unione Europea, essa raddoppia e cresce di pari passo: 55,3%. Tra gli stranieri che appartengono alla UE  si attesta al 33,3%. Di contro, il 18,8 % dei soggetti di nazionalità spagnola è a rischio esclusione sociale.

Traduzione dallo spagnolo di Cristina Quattrone

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