Con il titolo: ‘Come i fondi avvoltoio stanno tenendo in ostaggio l’Argentina’, Martin Guzman e Joseph E. Stiglitz (*) affermano: ‘La causa giudiziaria forse più complicata della storia tra una nazione sovrana, l’Argentina, ed i suoi obbligazionisti – tra cui un gruppo di fondi speculativi statunitensi – ufficialmente si è conclusa ieri (31 marzo) quando il senato argentino ha ratificato l’accordo’.

Il precedente governo argentino aveva resistito per anni contro i fondi, uno dei quali co-diretto da Paul Singer, ma il nuovo presidente, Mauricio Macri, ha deciso di risprofondare il paese nel debito pagando agli avvoltoi 4,65 miliardi di US $, il che rappresenta un ritorno del 1500% sulla posta iniziale. E importante notare che questi fondi non avevano fatto nessun prestito o investimento in Argentina, ma hanno semplicemente acquistato il debito a un prezzo fortemente scontato quando l’economia argentina è crollata nel 2001, e poi si sono rifiutati di accettare la ristrutturazione del debito, così come concordato con oltre il 90% degli investitori di prima istanza. Nel 2012 il giudice statunitense Thomas Griesa decise, in favore dei fondi avvoltoio, che l’Argentina pagasse il pieno valore e l’enorme profitto.

Secondo Greg Palast, giornalista investigativo degli Stati Uniti, Paul Simger ha investito pesantemente nella campagna che ha portato all’elezione del presidente Macri. Durante la campagna presidenziale americana Singer sta sostenendo Rubio per le stesse ragioni, per assicurarsi che i fondi avvoltoio ottengano i soldi ottenuti con la speculazione. Hillary Clinton lo ha definito un ‘terrorista finanziario’ e anche Bernie Sanders ha denunciato le sue tattiche.

Ora che il senato argentino ha ratificato l’accordo (la resa) del presidente Macri e ha anche pagato agli avvoltoi le spese legali, si è stabilito un precedente che minaccia molti altri paesi in condizioni simili: ‘Questa risoluzione comporterà costi elevati per il sistema finanziario internazionale, incoraggiando altri fondi a fare altrettanto e rendendo in pratica impossibile ogni altra ristrutturazione del debito. Perché gli obbligazionisti dovrebbero accettare una tosatura se possono aspettarsi di ottenere rendimenti esorbitanti per un piccolo investimento?’ spiegano Stiglitz e Guzman, e aggiungono: ‘La maggior parte dei paesi sono intimiditi dai creditori e accettano le loro richieste, con conseguenze spesso devastanti. Secondo i nostri calcoli, ​​a partire dal 1980 il 52 per cento delle ristrutturazioni sovrane con creditori privati ha comportato un’altra ristrutturazione o default entro cinque anni. La Grecia, l’esempio più recente, ha ristrutturato il suo debito nel 2012, e solo qualche anno dopo ha un disperato bisogno di maggior sostegno’.

Prima del cambio di governo l’Argentina aveva sollevato presso le Nazioni Unite la necessità di regolare il comportamento dei fondi avvoltoio, e le Nazioni Unite approvarono a schiacciane maggioranza nove principi che dovrebbero guidare la ristrutturazione dei debiti sovrani. I paesi che hanno votato contro la proposta sono quelli che ospitano i fondi più spesso coinvolti in comportamenti di sciacallaggio, il che rende meno probabile che le linee guida delle Nazioni Unite abbiano un qualche effetto reale.

(*) Martin Guzman, è ricercatore presso la Columbia University Business School e senior fellow presso il Centro per l’Innovazione Internazionale Governance.

(*) Joseph Stiglitz, professore alla Columbia, ha vinto il Nobel per l’economia nel 2001.

tradotto dall’inglese da Leopoldo Salmaso