1.128 accademici hanno firmato in gennaio un appello che invitava il governo a tornare al tavolo di negoziati con il Partito dei Lavoratori del Kurdistan, cessare il fuoco e non applicare più il coprifuoco nel sud-est della Turchia. Poco dopo sono stati presi di mira a livello mediatico e governativo, umiliati, accusati di collaborazione terroristica, offesi e infine portati via dal posto di lavoro e dalle loro abitazioni per finire in detenzione cautelare.

Secondo la relazione resa pubblica ieri dall’Associazione per la difesa dei Diritti Umani (IHD) sono state aperte 147 indagini contro gli accademici che hanno firmato l’appello e 26 di loro sono stati portati in questura e sottoposti a detenzione cautelare.

Secondo Halil Zeybel, membro dell’IHD, tre accademici sono stati portati via dalle loro abitazioni con un’irruzione della polizia e cinque hanno ricevuto serie minacce di morte. Durante la conferenza ha parlato anche Latife Akyuz, professoressa del Dipartimento di Sociologia dell’Università di Duzce: “Tantissimi  colleghi sono stati allontanati dal posto di lavoro”. Ha preso la parola anche Halil Ibrahim Yenigun dell’Università di Istanbul Ticaret: “Ci hanno trattati come bambini. Ci hanno chiesto di dichiarare che abbiamo firmato l’appello per errore”.

 

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