IL METODO PER COMPRENDERE LA REALTA’

Guardare alla storia delle scoperte dell’umanità è un po’ come osservare una caccia al tesoro, facendo una metafora è come se una persona si trovasse al buio munita di una piccolissima torcia, con la quale, tramite un ristretto fascio di luce, possa illuminare solo un piccolo pezzetto della realtà che la circonda.

Una volta illuminata una determinata area di questa realtà, si cerca di afferrarne il significato, vengono raccolti i dati, catalogati, studiati, messi a confronto, poi arriva qualcuno con grandi capacità d’intuizione, dotato di conoscenze specifiche e grazie ad un’opera di collegamento dei dati ottenuti, formula una teoria, una serie di leggi derivate dall’osservazione e dall’attento lavoro di interconnessione fatto con le informazioni di cui si dispone.  Tramite un metodo poi si verifica se tale teoria sia sostenibile e comprovabile, si cercano dei riscontri pratici, oltre che teorici, e una volta realizzate le sperimentazioni che comprovano o disconoscono questa determinata teoria, se ne ricercano i criteri di misurabilità e ripetibilità, di modo che quanto osservato possa essere riproducibile e applicabile alla realtà che ci circonda.  Questo più o meno il metodo che la moderna comunità scientifica finora si è dato.

Questo metodo però in questi ultimi anni sembrerebbe aver toccato dei limiti, i dati e le scoperte fatte nel campo della meccanica quantistica contrastano apertamente con quanto affermato dalla fisica classica, per intenderci, parliamo della fisica su cui si basa la concezione della realtà che ci circonda per come finora questa ci era stata insegnata.

Tralasciamo il fatto che il metodo che si è data la moderna scienza non è certamente l’unico con cui è possibile arrivare a interpretare la realtà, di fatti analizzando le ultime scoperte nel campo della meccanica quantistica, pare che le civiltà antecedenti la nostra, avessero tramite differenti metodi, intuito moltissimo della realtà del mondo che ci circonda o per dirla meglio, molto di più di quanto ci sia stato fatto credere fino ad oggi.

Non è questo il tema dell’articolo, che magari potremo approfondire successivamente ma di per se è già sorprendente osservare come le ultime scoperte fatte nel campo della quantistica, siano vicinissime per non dire speculari a quanto descrivevano le antiche filosofie prodotte dalle civiltà del passato, come ad esempio gli egizi, gli indiani, l’antica Cina e gli stessi greci antichi.

Metodo

QUANTISTICA E ANTICHE CONOSCENZE

Scienziati come Niels Bohr,  nobel per la fisica nel 1922 e precursore della moderna fisica quantistica, avevano intuito questa vicinanza, basta vedere ad esempio il simbolo che il gruppo di fisici e scienziati riuniti sotto la sua direzione si erano dati, uno stemma con all’interno un Tao di colore rosso e nero.

Considerando la similitudine fra le scoperte della moderna fisica quantistica e certe antiche filosofie, si potrebbe tranquillamente sostenere che oltre al metodo scientifico attualmente in uso, ve ne fossero anche altri di metodi d’indagine, metodi che per ovvi limiti dati dalla strumentazione, (praticamente inesistente) si basavano più probabilmente sul ragionamento, sull’osservazione, sulla riflessione e anche sulla meditazione. Metodologie che hanno comunque portato a identificare e scoprire un criterio di realtà, sorprendentemente vicinissimo a quello che si sta delineando in questi ultimi anni tramite la moderna scienza.

Per questo diciamo che l’attuale metodo scientifico, è quello che attualmente abbiamo intrapreso con la nostra civiltà occidentale, un metodo sicuramente efficace seppure non l’unico che però, in questo momento storico, ci serve per acquisire determinate conoscenze, per comprenderle, tradurle e poterle riprodurre.

Ritornando alla storia delle scoperte, ogni tanto la torcia viene puntata un po’ più in là e viene ispezionata una nuova area della realtà. A volte succede che ciò che viene osservato coincida con quanto visto prima o meglio che quanto osservato è contiguo o coerente con quanto scoperto e studiato in precedenza.

Altre volte però, come successo con la meccanica quantistica, il fascio di luce illumina un differente tipo di area della realtà che ci circonda, una realtà che almeno apparentemente non è contigua, né coerente con quanto osservato fino a poc’anzi.

E’ proprio dalla constatazione di aver toccato un apparente limite di questo metodo che inizia la nostra storia, una storia che ci ha illustrato benissimo un altro fisico moderno, un signore che si chiama Brian Greene, una storia molto interessante che vale davvero la pena essere ascoltata.

Niels-Bohr

DIMENSIONI AGGIUNTIVE

Nel 1919, proprio nel bel mezzo delle discussioni fra fisici storici come Einstein, padre della relatività e Bohr, padre della quantistica, un certo signor Theodor Kaluza, un matematico tedesco, quasi sconosciuto, propose un’ardita quanto bizzarra teoria per far conciliare le due differenti fisiche, la relatività e la quantistica.

La prima, applicabile alle macro dimensioni, perciò a pianeti, stelle e galassie, la seconda, applicabile alle micro dimensioni ovvero a particelle, atomi, elettroni, quanti, ecc.

Questo signore per conciliare le due teorie, entrambi esatte e dimostrate eppure in antitesi fra loro, avanzò infatti l’ipotesi che il nostro universo potesse avere in realtà più dimensioni rispetto alle tre che tutti noi conosciamo.

In aggiunta a sinistra/destra, dietro/avanti e sopra/sotto, Kaluza ipotizzò che potessero esserci ulteriori dimensioni dello spazio. Dimensioni che per qualche ragione non riusciamo ancora a vedere.

Ora quando qualcuno propone una teoria ardita e bizzarra, di solito è solo questo, una teoria ardita e bizzarra, che nulla ha a che fare col mondo che ci circonda, ma questa teoria in particolare, benché non sia ancora stata definitivamente confermata, ha avuto un grosso impatto sui fisici in quest’ultimo secolo e continua ad ispirare numerose ricerche all’avanguardia.

Dimensioni aggiuntive

EINSTEIN E LA GRAVITA’

Vorrei raccontarvi dunque qualcosa sulla storia di queste dimensioni aggiuntive, per iniziare ci servono un paio di nozioni base, andiamo al 1907, in quell’anno Einstein godeva di enorme fama, conquistata scoprendo la teoria della relatività e decideva di cominciare un nuovo progetto, ossia comprendere appieno la potente e pervasiva forza di gravità.

A quel tempo erano in molti a credere che quel progetto fosse già stato concluso. Alla fine del XVII secolo, Newton aveva donato al mondo una teoria della gravità, una teoria che funzionava bene descrivendo il moto dei pianeti, il moto della luna ed anche la storia delle mele che cadono dagli alberi colpendo le persone in testa e così via.

Tutto ciò poteva essere descritto usando la teoria di Newton ma Einstein si accorse che Newton aveva tralasciato qualcosa, poiché anche Newton stesso scrisse che nonostante avesse capito come calcolare l’effetto della gravità, non era stato in grado di capire come realmente funzionasse. Com’è possibile che il Sole distante dalla Terra 150 milioni di km riesca ad influenzare il moto della terra? Come riesce il sole ad estendere la sua influenza attraverso lo spazio vuoto e inerte? Fu questo l’obbiettivo che Einstein si prefisse, capire come funzionava la gravità. Einstein nei suoi studi scoprì che il mezzo che trasmette la gravità è lo spazio stesso. Immaginate lo spazio come un’enorme trama di una tela, un ordito fatto di linee verticali e orizzontali che s’intersecano su di un piano piatto, questo almeno in assenza della materia per come noi la conosciamo, ma nel caso ci sia materia nello spazio, come ad esempio il sole con la sua imponente massa, in questo caso, le fibre della trama dello spazio vengono deformate, curvate sotto l’influenza della massa del sole.  E’ proprio questa curvatura che trasmette la forza di gravita. Immaginate di essere davanti ad uno specchio d’acqua, adesso immaginate una pallina da tennis che galleggi su questo specchio d’acqua, al cui centro si trovi un mulinello che attira a se i corpi che galleggiano. La pallina da tennis assumerà una direzione di moto circolare ruotando intorno al mulinello.  Lo spazio è come lo specchio di acqua, il Sole è il centro del mulinello, la pallina da tennis la Terra.  Anche la Terra produce una lieve deformazione nella trama dello spazio e allo stesso modo la Luna con un’orbita più eccentrica rotola nella valle che si forma per via della curvatura che crea la terra sommata a quella più ampia del Sole.  E’ così che Einstein teorizzò e dimostrò la nuova teoria della gravità.

Questa teoria fu testata in seguito nel 1919 grazie alle osservazioni astronomiche, funzionava veramente e diede ad Einstein fama mondiale, è questa storia che diede molto da pensare a Kaluza anche lui come Enstein era in cerca d’una “teoria unificata” una sola teoria che fosse in grado di descrivere tutte le forze della natura con un solo insieme d’idee o se volete di principi, una “equazione madre”.

E così il nostro Kaluza pensò: se Einstein è stato in grado di descrivere la gravità in termini di deformazioni e curvature nella trama dello spazio, (spazio e tempo per essere più precisi) allora forse lui, poteva utilizzare lo stesso stratagemma con l’altra forza sconosciuta, che all’epoca era la forza elettromagnetica, al giorno d’oggi ne conosciamo altre ma all’epoca quella era l’unica altra forza a cui tutti pensavano, la forza responsabile dell’elettricità, dell’attrazione magnetica, del magnetismo dei poli ecc.

Dunque Kaluza s’immagino di poter usare lo stesso stratagemma e descrivere la forza elettromagnetica con deformazioni e curvature. Da qui la fatidica domanda, “deformare e curvare”… Sì ma che cosa?  Einstein aveva già usato il tempo e lo spazio  e le loro deformazioni per descrivere la curvatura della gravità, non sembrava esserci nient’altro da deformare e curvare, allora Kaluza ipotizzò che lo spazio avesse più dimensioni, pensò che se avesse voluto descrivere un’altra forza, avrebbe avuto bisogno di una dimensione aggiuntiva. Allora immaginò che l’universo avesse quattro dimensioni dello spazio e non più tre e immaginò che anche l’elettromagnetismo fosse un insieme di curvature e deformazioni in quella quarta dimensione ma ecco il punto chiave, quando scrisse le equazioni per descrivere le deformazioni e le curvature in un universo con quattro dimensioni, e non tre, egli trovò che le vecchie equazioni che Einstein aveva già applicato alle tre dimensioni erano quelle per le gravità, ma riuscì anche ad applicare un’equazione aggiuntiva da applicare alla quarta dimensione e quando osservò quell’equazione essa non era altro che l’equazione che gli scienziati conoscevano da tempo per descrivere la forza elettromagnetica, incredibilmente questa equazione saltò fuori sa sola.   Assolutamente straordinario, Kaluza era talmente esaltato dalla scoperta che corse in giro per la casa urlando “Vittoria!” poiché aveva trovato la teoria unificata. Chiaramente Kaluza era un uomo che prendeva la teoria molto seriamente. Gira l’aneddoto che Kaluza quando volle imparare a nuotare prima lesse un libro, un saggio sul nuoto, e solo dopo si tuffò nell’oceano, questo era il genere di uomo che avrebbe rischiato la propria vita per una teoria.

Terra Luna

MACRO DIMENSIONI  E  MICRO DIMENSIONI 

Ma volendo essere un po’ più pratici, se lo spazio ha più dimensioni, allora dove sono? Sembra che non riusciamo a vederle. Seconda domanda: questa teoria funziona veramente in dettaglio, se applicata al mondo che ci circonda?  La prima domanda ottenne la risposta nel 1926 da un uomo di nome Oskar Klein.  Klein ipotizzo l’esistenza di due tipi di dimensioni, dimensioni grandi e facili da vedere, ma anche dimensioni piccole e raggomitolate su stesse, talmente piccole che nonostante ci circondino non riusciamo a vederle. Lasciate che ve le spieghi. Immaginiamo di guardare da lontano qualcosa come ad esempio una corda tesa tra un palazzo e un altro, dalla nostra posizione vedremmo una linea retta a 2 dimensioni, ma se ci avvinassimo e fossimo anche talmente piccoli da poter camminare sopra e girare intorno alla corda ci accorgeremmo che la sezione della corda è circolare e che a sua volta è composta da tanti filamenti intrecciati fra loro, andando ad esaminare meglio i filamenti, scopriremmo che a loro volta sono formati da fibre avvolte su se stesse, insomma da vicino scopriremmo che la linea retta che dal nostro punto di vista sembrava avere solo due dimensioni in realtà è tridimensionale e che oltretutto possiede pure una struttura complessa.

Questo concetto che all’apparenza parrebbe scontato, in realtà dimostra quello che Kaluza oltre un secolo fa sosteneva ovvero esistono due tipi di dimensioni grandi e piccole.

Dimostra inoltre che all’interno di queste dimensioni che ci circondano, nonostante siano le sole che noi possiamo facilmente vedere, possono esserci altre dimensioni più piccole raggomitolate, come ad esempio la sezione circolare della corda e le fibre al suo interno che sono talmente piccole da risultarci apparentemente invisibili. Questo per dire che l’universo può avere più dimensioni oltre a quelle che noi vediamo.

Macro e Micro

LE SUPERSTRINGHE

Passiamo però alla seconda domanda che poco fa ci siamo posti “la teoria funziona davvero quando viene applicata al mondo reale?” Einstein, Kaluza, Bohr, e molti altri hanno lavorato proprio su questa domanda, hanno cercato di applicare questa teoria alle leggi fisiche dell’universo, a quelle conosciute all’epoca e in alcuni dettagli questa teoria non funzionò.  Uno dei dettagli, ad esempio, fu che non riuscirono ad elaborare correttamente con questa teoria la massa degli elettroni. In molti poi hanno lavorato a questo progetto per dare riscontro a questa teoria ma sicuramente già a partire dagli anni ‘40 e sicuramente negli anni ’50 questa ipotesi, tanto strana quanto affascinante, su come unificare tutte le leggi della fisica venne momentaneamente messa da parte. Fino a che qualcosa di straordinario avvenne nella nostra epoca. Un nuovo approccio per unificare le leggi della fisica venne nuovamente ricercato dai fisici di tutto il mondo ed è conosciuto come “teoria delle superstringhe”. La cosa stupenda è che la teoria delle superstringhe, apparentemente non avrebbe niente a che vedere con l’idea iniziale di Kaluza di dimensioni aggiuntive ma studiandola attentamente la teoria delle superstringhe regala alla teoria delle dimensioni aggiuntive, una sua ragione d’essere.

Vediamo meglio perciò come funziona questa teoria delle superstringhe. E’ una teoria che cerca di dare risposta alla seguente domanda, quali sono i costituenti base fondamentali, indivisibili e non separabili, di tutto ciò che ci circonda nel mondo? L’idea è la seguente, immaginate di osservare un oggetto familiare, una candela in un portacandele, immaginate di voler saper di cosa essa sia fatta. Cominceremo un viaggio al suo interno per esaminarne i costituenti. Quindi all’interno in profondità sappiamo che ci sono gli atomi, sappiamo anche che gli atomi non sono la fine della storia, che essi sono costituiti da elettroni che orbitano intorno ad un nucleo centrale, a sua volta elettroni e protoni contengono particelle più piccole, chiamati quark.  E qui le idee convenzionali si fermano, ecco che entra in scena la teoria delle superstringhe, all’interno di queste particelle, c’è qualcos’altro, un insieme di filamenti d’energia vibranti, sembrano come delle corde vibranti, da cui il nome della teoria, perché queste stringhe sono come delle corde vibranti di un violoncello, possono vibrare in differenti toni ma queste stringhe non producono differenti note musicali. Piuttosto producono differenti particelle creando tutto il mondo che ci circonda.

Quindi se queste ipotesi sono corrette, il paesaggio ultra-microscopico dell’universo appare così, è formato da un numero enorme di questi piccoli filamenti di energia vibrante che vibrano a diverse frequenze. Frequenze diverse che producono particelle diverse. E le differenti particelle sono la causa della varietà delle cose che compongono il mondo.  Ed è proprio qui che otteniamo l’unità, poiché particelle di materia, elettroni e quarks, particelle radioattive, fotoni, onde radio, luce, energia e gravitoni sono tutti nati da una sola entità così che le forze della natura sono tutte unite sotto il comune denominatore delle stringhe vibranti.  Ed è questo che s’intende per teoria unificata.

Ma c’è un problema, ci si accorge che questa cosa non sta in piedi all’interno di un universo composto da sole tre dimensioni più il tempo.  E non funziona nemmeno con un universo con quattro dimensioni con cinque o sei.  E’ possibile studiare l’equazione e dimostrarne la veridicità solo in un universo con dieci dimensioni spaziali ed una temporale e tutto questo ci riporta alle idee di Kaluza e Klein: “Il nostro mondo quando adeguatamente descritto ha più dimensioni di quelle che vediamo”. Per capire meglio, bisogna approfondire due loro caratteristiche: La prima è che queste dimensioni aggiuntive contengono la risposta alla domanda più profonda: C’è qualcosa che unifica il tutto dalla fisica teorica alla scienza pratica quando osserviamo il mondo come hanno fatto gli scienziati negli ultimi cento anni? La risposta è sì, sembrano esserci circa venti numeri che descrivono bene e completamente il nostro universo, questi sono numeri che definiscono la massa delle particelle, gli elettroni e i quark, la forza di gravità, la potenza della forza elettromagnetica, una lista di circa venti numeri misurati con incredibile precisione, però nessuno sa spiegarsi perché abbiano i particolari valori che hanno o meglio non ancora ma gli scienziati credono che la risposta al perché quei numeri hanno il valore che hanno, sia legata alla teoria delle dimensioni aggiuntive.  La cosa stupenda è che se quei venti numeri avessero altri valori rispetto a quelli che hanno, l’universo come lo conosciamo non esisterebbe, questa è la domanda profonda, “perché quei numeri sono così finemente sintonizzati da permettere alle stelle di brillare e ai pianeti di formarsi e alla vita per come noi la conosciamo di esistere?”  Sappiamo che se avessimo venti manopoline con cui poter alterare i valori di questi venti numeri, quasi ogni più piccola modifica di essi farebbe scomparire l’universo. Quindi, come possiamo spiegare questi venti numeri? La teoria delle stringhe appunto, suggerisce che questi numeri abbiano a che fare con le dimensioni aggiuntive.  Lasciate che vi spieghi che quando parliamo di dimensioni aggiuntive nella teoria delle stringhe, non si tratta di una sola dimensione aggiuntiva come nelle vecchie teorie di Kaluza e Klein bensì si parla di diverse dimensioni aggiuntive, ognuna di esse con una geometria molto ricca e intrecciata a cui gli scienziati hanno dato il nome di “Calabi Yau”. Potendole osservare, vedremmo che le dimensioni aggiuntive si ripiegano su se stesse, s’intrecciano in modo da creare una struttura molto interessante. Succede che nel paesaggio microscopico dell’universo che ci circonda, ogni volta che agitiamo la mano queste dimensioni aggiuntive si scompongono e si ricompongono, mutano struttura, mutano la relazione d’interconnessione che c’è fra esse, in pratica niente di più simile ad una proiezione tridimensionale di materia che cambia continuamente forma e tipo di consistenza.

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LA RELAZIONE FRA VENTI NUMERI 

Qualcuno potrebbe definirla come un’illusione, sì un’ illusione, però tangibile, se si sbatte su di un muro ci si fa male, il muro non ha l’aria di una mera proiezione energetica tridimensionale e tanto meno la consistenza di un’illusione, direte voi. Allora come si riconduce alla realtà pratica questa teoria delle superstringhe? Si riconduce proprio se la si mette in relazione ai famosi venti numeri di cui parlavamo prima, in pratica sono la base, venti numeri che combinati fra loro che rappresentano i mattoni di tutte le possibili forme che assume l’universo in cui viviamo.

Forse è un po’ difficile da capire ma ogni forma di materia e di energia esistente in definitiva è la relazione fra questi venti numeri che si combinano fra loro.

Per spiegarlo meglio proviamo ad immaginare di avere uno strumento musicale, ad esempio un corno francese uno di quelli spiraliformi che si avvolgono su se stessi, immaginiamo di soffiarci dentro, le vibrazioni prodotte sono originate dalla forma dello strumento e dal passaggio dell’aria che circola al suo interno, quindi possiamo dire che le vibrazioni emesse ovvero le note sono determinate dal percorso che compie l’aria quando soffiamo dentro lo strumento, cambiando passaggio dell’aria, ad esempio  premendo un tasto o un altro dello strumento, andiamo a variare il percorso che fa l’aria stessa e di conseguenza il tipo di vibrazione prodotta. La nota è data dall’interazione dell’aria, dalla forma dello strumento e dal percorso che quest’aria compie durante la sua circolazione. Nella teoria delle stringhe tutti i numeri sono il risultato di come le stringhe possono vibrare, proprio come le correnti di aria che vibrano in uno strumento che sono influenzate dalla forma, dalle pieghe, dalle curve dello strumento, così le stringhe stesse sono influenzate producendo differenti vibrazioni a seconda delle linee geometriche che attraversano in queste microscopiche dimensioni, mutano vibrazione in base al tipo di percorso in cui esse si muovono. Le infinitesimali dimensioni in cui le stringhe vibrano, mutano di forma, e le vibrazioni mutano a loro volta, producendo differenti tipi di particelle e differenti composizioni della materia e della realtà per come noi la conosciamo. Perciò se si arrivasse a conoscere con esattezza, la forma di queste microscopiche dimensioni, all’interno delle quali le stringhe vibrano, ecco che saremmo in grado di calcolare le “note” e tutti i tipi di vibrazioni per così dire “consentiti”.

Allo stesso modo, se riuscissimo a calcolare i tipi di vibrazione permessi, saremmo in grado di calcolare quei famosi venti numeri di cui parlavamo prima e che definiscono i mattoni per la costruzione della realtà stessa. Adesso, se la risposta che si ottiene da questi calcoli coincidesse con i valori di quei numeri che abbiamo determinato con la teoria delle stringhe, questa rappresenterebbe la prima spiegazione fondamentale del perché l’universo appare così come è.

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ACCELERATORE DI PARTICELLE

Per avere riscontro pratico di tutto questo di cui abbiamo appena parlato, gli scienziati e i moderni fisici, stanno conducendo incessantemente esperimenti presso il CERN di Ginevra, in pratica gli scienziati e i fisici stanno cercando di dimostrare l’esistenza di queste dimensioni aggiuntive in cui si muovono le stringhe.  Al momento si tratta solo di un interessante struttura matematica che potrebbe spiegare moltissime cose e rivelare alcune caratteristiche del mondo prima ignote. Stiamo parlando proprio della scoperta del famoso bosone di Higgs, la “particella di Dio” prevista dal modello standard della fisica e trovata grazie agli esperimenti recentemente effettuati, al CERN.  I primi risultati confermano l’esistenza di queste dimensioni aggiuntive e adesso vi spiegheremo come.

Il bosone di Higgs, di cui molto si è parlato ma che non si spiega mai cosa sia con parole semplici, altro non è che una particella prevista per via teorica dal fisico britannico Peter Higgs, premio Nobel per la fisica nel 2013 insieme con il belga François Englert. Con la costruzione del Large Hadron Collider (Grande Collisore di Adroni) presso il CERN di Ginevra, in pratica un enorme acceleratore di particelle, col quale si è avuto l’opportunità di rilevare l’enorme intervallo di energie necessarie a rilevare l’esistenza del bosone di Higgs.

Entriamo un po’ meglio nell’argomento, spiegando come l’esperimento condotto con successo mirava a cercare l’esistenza di queste dimensioni aggiuntive per via indiretta.

Ecco come:  Il Large Hadron Collider è una macchina costruita apposta per accelerare delle particelle in direzioni opposte ad una velocità vicinissima a quella della luce, sarebbe a dire che queste due particelle tramite questa macchina vengono accelerate e fatte scontrare ad una velocità d’impatto superiore a quasi il doppio di quella della luce.

E cos’è avvenuto di così straordinario in questo esperimento?  E’ successo che nell’impatto di queste due particelle alcuni “detriti energetici” che si sono prodotti sono “scomparsi”…. Come detto poc’anzi tutto questo è stato dedotto per misura indiretta ovvero prima è stata misurata l’energia di entrambe le particelle, poi è stata misurata l’energia prodotta nello scontro e si è visto che qualcosa di quest’energia è andato perso. Ma siccome una delle leggi fondamentali della fisica ci dice che niente si crea e niente si distrugge  ma tutto si trasforma, allora dove è andata questa energia prodotta scomparsa?  Questa è proprio la prova che gli scienziati cercavano, il quantitativo di energia mancante è passato da questa dimensione ad un’altra. Una parte di questa energia generata nella collisione tra queste due particelle è saltata da questa dimensione ad un’altra, proprio in una di quelle dimensioni aggiuntive che un secolo fa teorizzavano Kaluza e Klein, multi-dimensioni che trecento anni prima di loro, incredibilmente venivano ipotizzate anche da un filosofo campano chiamato Giordano Bruno.

Large Hadron Collisor

UNITA’ NEL TUTTO

Per confermare l’esistenza delle dimensioni aggiuntive e andare avanti con la teoria delle stringhe nei prossimi 5-10 anni saranno condotti ulteriori esperimenti.  Se questi confermeranno i primi risultati ottenuti, significherà che ci troviamo in un momento storico d’importanza assoluta.  Una storia che parte da molto lontano che addirittura affonda le sue radici nelle antiche filosofie indiane e orientali, in quella antica degli egizi, in quella ebraica espressa con la Kabalha, ritrovata poi in quella greca e pre-alessandrina, ri-affermata poi nella metafisica, riscoperta da Bruno, passando da Newton che descrisse la misteriosa forza della gravità, approdando alle teorie di fisici come Einstein che ci dimostrò che lo spazio e il tempo possono deformarsi e curvarsi tramite la gravità oppure tramite fisici come Bohr e altri che avviarono lo studio della meccanica quantistica ovvero la fisica che regolamenta l’infinitamente piccolo, un infinitamente piccolo che poi va a comporre tutto l’universo, per approdare ai giorni nostri alla teoria delle superstringhe che cerca di includere sotto ad un’unica fondamentale legge la fisica della relatività di Einstein che si applica all’infinitamente grande e la meccanica quantistica che si applica all’infinitamente piccolo.

Una teoria che ci dice che gravità, relatività, meccanica quantistica, elettromagnetismo sono tutte unite in unico blocco teorico e che ciò è possibile solo se l’universo possiede più dimensioni rispetto a quelle che noi vediamo. Tutto questo ha già trovato le prime conferme dagli ultimi esperimenti al CERN e se sarà ulteriormente confermato dai prossimi, vorrà dire che noi nella nostra vita siamo testimoni di qualcosa di fantastico, qualcosa che compirà una rivoluzione copernicana all’ennesima potenza. La conferma di una consapevolezza finora solo teorizzata che tutto è unito e che tutto l’esistente in definitiva è relazione e vibrazione.

Possiamo stare certi che qualora la teoria delle superstringhe venisse confermata, in futuro, seppur lentamente, ciò cambierà anche il nostro modo di strutturare il pensiero, trasformando come noi pensiamo la realtà stessa. E ancora più di tutti, cambierà il modo di pensare delle future generazioni, le quali, si spera sinceramente, non saranno più sottoposte a credere ad un universo spezzettato e compartimentato o ad una realtà organizzata secondo leggi che spesso vanno in contrasto e in antitesi fra loro ma al contrario che tutte le varie manifestazioni del “reale” appartengono ad un’unica infinitesimale potente vibrazione che ci compenetra e mette tutto in relazione.

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Un ringraziamento particolare a Brian Greene che con semplicità disarmante riesce a spiegare concetti e teorie di notevole complessità, rendendoli accessibili e alla portata di tutti.

Bibliografia:

-Brian Greene, L’ universo elegante. Superstringhe, dimensioni nascoste e la ricerca della teoria ultima, Einaudi

-B.G. Wybourne, Classical Groups for Physics, Wiley, New York, 1974

-Marcello Risicato, Dal mito alla meccanica quantistica, Unilibro Editori 
-R. Gilmore, Lie Groups, Lie Algebras and some Their Applications,
  Wiley, New York, 1974.
-O.A.Barut and R.Raczka, Theory of Group Representations
-F. Iachello and R.D. Levine, Algebraic Theory of Molecules, Oxford
 University Press, 1995.
-F. Iachello and A.Arima, The Interacting Boson Model , Cambridge
 University Press, 1987.
-A.Frank and P.van Isacker, Symmetry Methods in Molecules and Nuclei.

– Alfonso Ingegno, Cosmologia e filosofia nel pensiero di Giordano Bruno, Franco Angeli Edizioni