Nella Giornata mondiale consacrata alla lotta all’Aids, l’Unicef ha invitato i governi della regione Asia-Pacifico di coordinare iniziative concrete per consentire ai giovani accesso ai controlli, eliminando limiti culturali e legali. Come quello che in diversi paesi richiede il permesso dei genitori per accertamenti specifici per rilevare l’eventuale presenza del virus negli adolescenti.

È una “epidemia nascosta” quella che ha delineato l’organizzazione, un rischio elevato per molti se non si arriverà presto a misure di sostegno alla conoscenza della malattia e di azione per conterne la diffusione, in particolare tra i più giovani. Insieme a un accesso più facile i farmaci anti-retrovirali, ora accessibili da solo un terzo di chi risulta positivo.

Il numero degli adolescenti che muoiono di Aids nell’immensa area che copre due continenti, è più che raddoppiato negli ultimi anni. Se complessivamente in Asia-Pacifico il calo delle nuove infezioni nella popolazione adulta è stato del 38% tra il 2000 e il 2014, e quello delle morti del 28% tra il 2005 e il 2014, in quest’ultimo periodo la crescita dei decessi tra la popolazione di 10-19 anni d’età è stata esponenziale, arrivando al 110%. Di conseguenza, i 3100 decessi registrati nel 2005 in questa fascia d’età sono diventati 6000 nel 2014. Con almeno 50.000 contagiati tra 15 e 19 anni.

Più a rischio sono i giovani e giovanissimi inclusi nelle categorie abituali per questo tipo di patologia: gay e transgender, tossicodipendenti e individui coinvolti nell’industria del sesso.

In quello che è finora il primo rapporto dedicato al contagio Aids tra gli adolescenti, si stima che 220.000 giovani tra 10 e 19 anni convivano con la malattia conclamata, con un tasso più elevato di contagio in metropoli come Bangkok, Hanoi e Jakarta. Una situazione che rispecchia in parte quella dei dieci paesi che l’Unicef considera a maggior rischio di contagio giovanile: India, Indonesia, Thailandia, Myanmar, Vietnam, Cina, Cambogia, Filippine, Papua-Nuova Guinea e Pakistan.

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