Più fondi del petrolio per lo sviluppo locale: è la richiesta del Movimento per l’autodeterminazione del Delta del Niger (Ndsdm), organizzazione che riunisce intellettuali e attivisti favorevoli a un’autonomia politica e finanziaria della regione dove si concentra la maggior parte dei giacimenti di greggio del paese.
“L’aliquota del 13% riservata al Delta dai militari attraverso la Costituzione del 1999 ci sottrae risorse che Dio ci ha donato” ha detto Annkio Briggs, animatore del Movimento, durante una conferenza stampa a Lagos: “Vogliamo il controllo e la proprietà completa del nostro petrolio per poter determinare il nostro futuro”.
La richiesta è stata avanzata alcuni mesi dopo l’elezione alla presidenza della Nigeria dell’ex dittatore militare Muhammadu Buhari, originario del nord del paese e non del Delta come il suo predecessore Goodluck Jonathan.
Il Movimento è nato l’anno scorso. In occasione di una conferenza nazionale convocata ad Abuja, alla sua prima uscita, aveva chiesto un aumento dal 13 al 18% della quota di risorse destinata agli Stati del Delta a partire dalla vendita del petrolio.
Il Delta ha una storia recente di gruppi armati che sostengono di battersi per una più equa distribuzione delle risorse naturali e in particolare del greggio, la fonte principale di entrate per lo Stato nigeriano. Senza far riferimento a Buhari, al potere tra il 1983 e il 1985, Briggs ha sostenuto che la formula sulla spartizione delle risorse del petrolio tra gli Stati, le regioni e il centro della Federazione nigeriana è conseguenza iniqua di un’egemonia esercitata da dirigenti originari del nord del paese. Negli ultimi mesi, dopo l’elezione di Buhari, nel Delta e in particolare nella sua capitale Port Harcourt, si sono tenute diverse manifestazioni di protesta. Ad alimentare le tensioni contribuisce il calo delle rendite petrolifere determinate in tutto il paese dal crollo dei prezzi: gli incassi sono passati dai 94 miliardi di dollari del 2012 ai 77 dello scorso anno.