In un paese oggi in allerta per il rischio di un imminente lancio missilistico nordcoreano, che innalzerebbe nuovamente la tensione nella regione oltre che incentivare nuove sanzioni internazionali verso il regime di Pyongyang, il governo ha scelto la linea della fermezza verso i manifestanti che nel fine settimana, a decine di migliaia, hanno protestato contro la riforma dell’impiego proposta dal governo, scontrandosi con la polizia che aveva negato l’accesso a importanti arterie cittadine. La maggiore manifestazione di dissenso verso le politiche della presidente Park Geun-hye dall’avvio del suo mandato nel marzo 2013.

Un confronto duro, con una cinquantina di arresti, quello tra governo e lavoratori, che non intendono accettare le nuove regole per loro regressive, che le organizzazioni sindacali e altri gruppi responsabili della protesta hanno già annunciato intendono ripetere il 5 dicembre. Per governo e osservatori, il movimento di protesta sarebbe infiltrato dagli elementi più estremisti del mondo sindacale industriale e agricolo e questo rende ancora più alto il rischio di conflitto.

La riforma, nonostante le promesse della presidente, non sembrerebbe intaccare il potere dei grandi conglomerati industriali sull’economia del paese e sulla vita di milioni di lavoratori, non modificherebbero significativamente un sistema di rapporti aziendali imposto su tutto il paese che rende la vita dei lavoratori sudcoreani tra le più difficili tra i paesi industrializzati. Imponendo anche ai sudcoreani in generale precarietà di welfare e competitività insostenibile. La riforma, proposta dal ministero del Lavoro come aperta a concorrenza e miglio condizioni d’impiego, rischia, come primo effetto di precarizzare ancor più la forza lavoro, soprattutto giovanile, in un contesto in cui cresce la disoccupazione intellettuale e permangono forti discriminazioni in base a sesso, età e curriculum scolastico.

Al momento, il partito di maggioranza della presidente, il Saenuri, resta saldamente intesta nei sondaggi, ultimo quello di venerdì della Gallup che gli assegna il 39% delle preferenza contro il 22% del rivale maggiore, l’Alleanza della nuova politica per la democrazia.

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