Domenica 20 settembre 2015 i greci sono stati chiamati a decidere quale partito politico, o quale coalizione (nel caso nessuno avesse raggiunto la maggioranza assoluta) poteva attuare il terzo Memorandum nel modo migliore. Migliore nel senso di meno doloroso, ammesso che questo sia possibile.

L’elettorato ha deciso di affidare questo compito a Syriza, che ha eletto 145 deputati, conquistando il 35,47% dei voti. Poco dopo l’arrivo dei primi risultati è stato annunciata la formazione di un governo di coalizione con i nazionalisti di destra di Anel, che ha avuto dieci eletti e ottenuto il 3,7% dei voti. Hanno perfino salutato insieme i sostenitori radunati nel centro di Atene per festeggiare la vittoria. La destra di Nuova democrazia e i socialisti del Pasok avevano già chiarito che non intendevano far parte del governo. Un vecchio partito chiamato Unione dei centristi è entrato a sorpresa in Parlamento con il 3,4% dei voti, mentre la sinistra di Unità Popolare, in cui si presentava come candidata indipendente l’ex presidente del Parlamento Zoi Konstantopoulou, non ce l’ha fatta. Il partito neo-nazista Alba Dorata è arrivato al 7%. Il Pasok ha preso il 6,2% e Nuova Democrazia si è mantenuta stabile (28%), così come il Partito Comunista  (5,55%), mentre i socialdemocratici di To Potami sono scesi al 4%.

Il protagonista di queste elezioni è stato Alexis Tsipras. Gli elettori hanno valutato in modo positivo i negoziati con i creditori svoltisi tra gennaio e giugno ed espresso un massiccio No all’austerity nel referendum di luglio e ora con queste elezioni gli hanno rinnovato la fiducia, nonostante il terzo  Memorandum.  Al governo si chiede adesso di continuare il suo lavoro; visto che la maggior parte dei suoi esponenti non ha mai fatto parte del sistema clientelare e corrotto, c’è chi spera che riusciranno a sradicare questi fenomeni. Alcuni sperano anche che il governo riuscirà a instaurare un regime fiscale più equo e a presentare ai creditori altri tipi di misure per ottenere i fondi necessari, assistendo in questo modo gli strati più poveri della società. Non si spendono grandi parole sullo sviluppo o il modo di ridurre la disoccupazione, una scommessa il cui esito rimane incerto.

C’è però un altro protagonista: l’enorme astensionismo rappresentato dagli elettori delusi dal comportamento di tutti i partiti che sono stati al governo (compresi Syriza e Anel, soprattutto dopo il referendum). Nessuno può biasimarli per la loro indifferenza. Una parte non voleva nuove scissioni nella sinistra, ma nemmeno un nuovo Memorandum o nuove misure di austerity. Una parte è pronta a reagire a nuove leggi che puntino a risolvere i problemi della crisi bancaria scaricandoli sulle famiglie più deboli dell’Europa del sud.

Sarà possibile ricostruire la fiducia di una fascia così larga di popolazione? Il nuovo governo deve dimostrare che questo è fattibile e che la democrazia rappresentativa non è morta, cambiando, come continua a dichiarare, le dinamiche all’interno dell’Europa e rifiutandosi di attuare riforme ingiuste imposte dalle istituzioni europee. Inoltre Syriza deve varare politiche che promuovano i diritti umani, uno dei motivi del sostegno ricevuto in gennaio e anche adesso. Resta da vedere come riuscirà a farlo, avendo come alleato di governo un partito come Anel.

Una cosa è certa: il nuovo governo di Tsipras ha bisogno dei prossimi quattro anni per definire e attuare il suo piano. In questo momento cruciale per la Grecia e per l’Europa quelli di noi che credono nelle sue possibilità di successo si augurano a gran voce che ci riesca e quelli che non ci credono se lo augurano in modo meno vistoso.