L’illustre sociologo Franco Ferrarotti ha pubblicato un libretto che rievoca la figura di Adriano Olivetti, un imprenditore e un intellettuale fuori da ogni schema che morì nel 1960.

“La concreta utopia di Adriano Olivetti” (www.dehoniane.it, 2013, 104 pagine), è un saggio illuminante e chiaramente autobiografico, data l’intensa collaborazione tra Ferrarotti e Olivetti, dal 1948 al 1960. Purtroppo non è possibile rendere bene l’idea di una bella pubblicazione con una breve recensione, però citerò le migliori considerazioni emerse (il libro costa poco più di 6 euro).

La prima risale al primo incontro tra Ferrarotti e Olivetti, e al momento in cui lo squattrinato e imbucato Franco “confessa” le sue opinioni a un presunto sconosciuto (Olivetti). Nel dialogo sempre più fitto emerge una frase del sociologo che come una freccia si ficca nella mente visionaria dell’imprenditore: “Non basta nazionalizzare, socializzare la proprietà. Bisogna socializzare il potere” (Ferrarotti si riferiva alle nazionalizzazioni inglesi del dopoguerra).

La seconda considerazione riguarda la crisi istituzionale e politica che emerge in Italia. Per Olivetti “La crisi della società contemporanea non nasce… dalla macchina, ma dal persistere, in un mondo profondamente mutato, di strutture politiche inadeguate” e di istituzioni bloccate.

In una società al passo coi tempi i lavoratori non vanno addestrati: “Gli animali si addestrano. Le persone si educano” (Olivetti). I cittadini devono essere istruiti e informati continuamente. Le istituzioni democratiche devono proteggere gli scambi individuali e i processi di comunicazione a tutti i livelli. Quindi “Senza un rinnovamento radicale, che sia organizzativo ma anche morale, intellettuale e politico, i partiti politici continueranno, specialmente in Italia, a essere percepiti dai cittadini come distratte truppe straniere d’occupazione in un Paese che non conoscono e che si limitano a spremere fiscalmente e a sfruttare. Parassiti, non rappresentanti” (Ferrarotti, p. 46).

Un esame accurato della storia mondiale e delle vicende accademiche e politiche italiane ci dimostra però che il cimitero è l’unica istituzione in grado di garantire il diritto alla conoscenza e il dovere del miglioramento personale e sociale. Infatti fino a quando le persone più potenti e più conservatrici saranno vive e vegete, le possibilità di cambiare qualcosa sono quasi sempre ridotte al lumicino. Le rivoluzioni sociali e culturali non sono cose da tutti i decenni.

Per approfondimenti: www.fondazioneadrianolivetti.it, www.francoferrarotti.com, il documentario su Olivetti di Emanuele Piccardo.

Nota personale – La conoscenza “non esiste mai in forma concentrata o integrata ma unicamente in frammenti dispersi, incompleti e spesso contraddittori, posseduti dai vari individui distinti” (Friedrich von Hayek, “The Use of Knowledge in Society, American Economic Review”, 1945).