Consiglio Comunale di Milano dell’8 giugno 2015

Signor Presidente,
il 5 giugno tutti i quotidiani davano grande rilievo al fatto che la Questura di Milano ha negato 600 o più pass di accesso al sito di Expo ad altrettante persone che avrebbero dovuto lavorare. Questa preoccupante vicenda era emersa già da tempo attraverso testimonianze a Radio Popolare o sui social network.

Quando è stato evidente che il numero dei “misteriosi” divieti (e uso il termine misteriosi perché a nessuno dei diretti interessati è stata mai spiegata la ragione del rifiuto) era molto consistente ed andava considerato un vero e proprio licenziamento i sindacati hanno chiesto un incontro in Prefettura con i vertici di Expo per avere delle spiegazioni.
L’unica risposta giustificativa di questa preoccupante vicenda è stata che “il sito Expo è un sito “sensibile” e “strategico”. (Denominazione, tanto per chiarire il concetto, che è stata data ai cantieri TAV, ad alcune discariche e ovviamente ai siti militari).

Alle precise richieste di sapere:

– quando, da chi e su che base sia stato preso il provvedimento che annovera Expo tra i siti “sensibili”;
– quali siano i reati o le segnalazioni in base alle quali i lavoratori sono stati “setacciati”, la Prefettura non ha risposto.

Intervengo in aula su questa per me preoccupante vicenda (che da alcuni costituzionalisti è considerata probabilmente contraria ai principi basilari della nostra Repubblica) perché penso che a tutti noi interessi sapere se questo provvedimento sia stato approvato dal nostro rappresentante in Expo e specificatamente:

– quale sia stata, se c’è stata, la posizione della nostra amministrazione;
– la procedura assunta per “filtrare” i lavoratori va contro lo Statuto dei Lavoratori, che non possono essere discriminati per il credo religioso, opinioni politiche, ecc.

Che quanto è stato denunciato non sia stata una procedura corretta è avallato anche dal fatto che il prefetto ha dato la sua disponibilità a concordare una procedura che permetta ai “bocciati” di chiedere le ragioni del divieto e la revisione della loro posizione, anche perché, per ammissione della Prefettura stessa, le informazioni della banca dati della Questura possono essere inesatte o non aggiornate.

Questa ammissione del Prefetto avalla l’idea che ci sia qualcosa di parecchio ingarbugliato se non oscuro:

– la Questura afferma di aver dato delle indicazioni dai propri terminali SDI (Sistema di Controllo);
– la società Expo afferma di essere solo “stampatore” di permessi.

La beffa vera e propria è nella dichiarazione uscita dal Tavolo tra Prefettura – Sindacati – Expo – Confindustria, che così si esprime: “Il processo di scambio dei dati è avvenuto con modalità spontanee (?)  e inconsapevoli!”.
Di fronte a quanto accaduto mi sento umiliata anche e soprattutto nel mio ruolo di rappresentante dei cittadini e cittadine, perché tale oscura modalità di controllo (che guarda caso non è stata attuata nei mesi passati nei confronti di appaltanti e appaltatori, che sono stati individuati molto in ritardo) fa intravedere qualcosa di poco chiaro e preoccupante. Mi chiedo: siamo ancora in uno stato di diritto? E se sì perché le autorità competenti discriminano dei cittadini “con modalità spontanee e inconsapevoli”?

Non ho tempo qui di parlare della consapevolezza come caratteristica della specie umana.

Ora mi risulta che domani è prevista in prefettura una riunione del Comitato per l’Ordine Pubblico e la Sicurezza con la presenza del Comune di Milano. Credo sia nelle prerogative dei consiglieri eletti dai cittadini e dalle cittadine quella di sapere quale sarà la posizione che il Comune intende tenere, auspicando che si chiarisca fino in fondo questa aggrovigliata e preoccupante vicenda.