Mathis Wackernagel è il fondatore ed attuale presidente del Global Footprint Network, che organizza ogni anno l’overshoot day che quest’anno cade oggi, 19 Agosto.

Mathis, può spiegarci questa idea e la sua origine?

Earth Overshoot Day segna la data nella quale la domanda di risorse ecologiche in un dato anno supera quello che la terra è in grado di rigenerare in quello stesso anno. Manteniamo questo disavanzo liquidando le nostre riserve di risorse e accumulando rifiuti, principalmente anidride carbonica nell’atmosfera. L’idea deriva da quella del “tax day” promosso da quanti non amano pagare le tasse, e che segna il giorno dell’anno in cui si inizia a guadagnare i soldi per sé e non per le tasse. L’idea ci è stata suggerita dal nostro amico Andrew Simms, al tempo in forze presso la “think tank” britannica New Economics Foundation.

Quando avverrà quest’anno?

Quest’anno l’Earth Overshoot Day cade il 19 agosto. In meno di otto mesi, l’umanità ha esaurito tutto il suo bilancio ecologico per l’anno e si trova ora nella fase del ”superamento”, dell’overshoot appunto.

Cosa possiamo fare sia come individui sia a livello collettivo?

L’overshoot prima o poi si concluderà, che ci piaccia o no. L’unica alternativa che abbiamo è tra toglierci da questa situazione per scelta o a causa di disastri.

Se optiamo per la scelta, tutti noi, come individui, ma anche come città, nazioni, umanità intera, possiamo agire. Significa sviluppare e implementare strategie sostenibili per invertire la tendenza al sovra-sfruttamento ecologico garantendo allo stesso tempo il benessere delle persone. Qui è dove entra in gioco l’indicatore dell’impronta ecologica, che può essere utilizzato a supporto dei processi decisionali e per un calcolo preventivo degli effetti delle nostre strategie nel contrastare le tendenze dell’overshoot.

La questione della scelta è in definitiva questa per l’umanità: come vivere bene disponendo di un ettaro a persona (in modo da lasciare spazio ad altre specie e da poter accogliere una popolazione probabilmente più numerosa in futuro). E’ una questione di pianificazione. I punti principali di intervento riguardano il modo di alimentarci (meno prodotti animali, per esempio, meno rifiuti alimentari, cibo meno elaborato), dove e come siamo alloggiati (micro-case, in posizione centrale, ad alta efficienza energetica, con il supporto di energie rinnovabili), i nostri sistemi di trasporto (distanze brevi, a piedi o in bici, evitare l’uso di aerei) e le dimensioni delle famiglie (un figlio per famiglia riduce la pressione della popolazione sull’ambiente, due figli la mantengono, tre la incrementano portando a un aumento del 50 per cento della popolazione nell’arco di 20-25 anni, approssimativamente il doppio del tasso di crescita della popolazione mondiale attuale, ma anche il doppio del tasso di crescita della popolazione indiana). Per quanto riguarda i consumi, ognuno può controllare il proprio livello qui: www.footprintcalculator.org

Anche le nazioni hanno molte possibilità di scelta, dato che manovrano grandi bilanci finanziari e prendono decisioni infrastrutturali. E inoltre impostano le linee legislative. Per esempio, le Filippine, primo paese in Asia sud-orientale a farlo, sono sulla buona strada per adottare l’indicatore dell’impronta ecologica a livello nazionale, attraverso una legge nazionale sull’utilizzo del territorio. Questa linea politica, prima del genere nelle Filippine, progettata per proteggere le aree da uno sviluppo disordinato, tende inoltre alla gestione e all’utilizzo delle risorse naturali del paese. I legislatori intendono integrare il sistema del calcolo dell’impronta ecologica in questa politica nazionale, ponendo la questione delle risorse limitate al centro del processo decisionale.

Come vedi le prospettive dell’umanità su questo pianeta?

È possibile per l’umanità raggiungere la sostenibilità su questo pianeta. Certo, questo richiederà riflessione, fatica e certamente decisioni difficili. Ma cambiare il mondo può anche essere piuttosto emozionante.

L’umanità ha una lunga storia in quanto a innovazione e ingegno. La tecnologia giocherà un ruolo importante nel rendere la società più sostenibile, ma difficilmente potrà essere l’unica soluzione. L’attuale stile di vita delle città industrializzate non può essere esteso in modo sicuro a tutti sulla terra, viste le limitate risorse naturali. E comunque, anche senza estendere questo stile di vita a tutti, già ora la nostra situazione attuale è autodistruttiva. L’impronta ecologica è uno strumento che aiuta a capire i nostri vincoli ecologici e a sviluppare stili di vita compatibili con il bilancio ecologico della natura.

Molte culture pensano all’essere umano come al “custode” della propria casa, la Terra: condividi questa visione? Questa visione può essere utile ad evitare il disastro?

Attraverso l’economia industriale, l’umanità è diventata il consumatore dominante nella maggior parte degli ecosistemi della terra. Di conseguenza, il “carico” umano è cresciuto a tal punto che il consumo derivante già ora supera la naturale capacità di rinnovamento naturale. Io interpreto la tua domanda così: “Abbiamo noi un diritto intrinseco a tanta parte della produttività della natura a scapito delle altre milioni di specie viventi nel pianeta?” Potremmo anche chiedere: “Sarà poi utile al nostro stesso tornaconto?”
Gli impatti dovuti al superamento delle capacità della Terra sono distribuiti in maniera molto disomogenea, ed è molto importante il modo in cui noi ci prepariamo. Alzare le mani proclamando che si tratta di un problema globale per il quale noi non possiamo fare nulla è davvero stupido. È come rifiutarsi di riparare la propria barca fino a quando tutti gli altri non abbiano riparate le loro. Tale strategia non è né utile né logica.

Traduzione dall’inglese di Giuseppina Vecchia per Pressenza