Nel 2002 il giornalista investigativo e membro di TED Will Potter decise di prendersi una pausa dalla sua attività regolare  – scrivere articoli per il Chicago Tribune su sparatorie e omicidi – e si mise ad aiutare un gruppo locale che denunciava i test sugli animali. “Mi sembrava un modo sicuro di fare qualcosa di positivo” racconta. Invece è stato arrestato e lì è cominciato un viaggio non ancora finito in un mondo in cui la protesta pacifica viene bollata come terrorismo.

“Era passato meno di un anno dall’11 settembre, lavoravo al Chicago Tribune scrivendo articoli su sparatorie e omicidi e mi sentivo cupo e depresso. Al college avevo fatto un po’ di attivismo, così ho deciso di aiutare un gruppo locale che andava in giro porta a porta denunciando i test sugli animali. Mi sembrava un modo sicuro di fare qualcosa di positivo; invece abbiamo avuto una sfortuna tremenda e siamo stati arrestati tutti. La polizia ha usato come prova una foto sfocata in cui tenevo in mano dei volantini.

Sono stato prosciolto dalle accuse, ma qualche settimana dopo due agenti dell’FBI hanno bussato alla mia porta e mi hanno detto che se non li avessi aiutati facendo la spia sulle attività dei gruppi di protesta, mi avrebbero inserito in una lista nazionale di terroristi. Mi piacerebbe dire che non ho fatto una piega, ma in realtà ero terrorizzato. Quando la paura è diminuita scoprire cos’era successo è diventata un’ossessione. Com’era possibile che i diritti degli animali e ambientalisti che non avevano mai fatto male a nessuno fossero diventati per l’FBI la principale minaccia terroristica del paese?

Qualche anno dopo sono stato invitato a testimoniare davanti al Congresso sui miei servizi giornalistici. Ho detto ai legislatori che mentre tutti parlano di tematiche ecologiche, c’è gente che rischia la vita per difendere le foreste e bloccare gli oleodotti. Alcuni si frappongono fisicamente tra gli arpioni e le balene. Sono persone comuni, come i manifestanti che in Italia si sono arrampicati su una rete di filo spinato per liberare dei segugi destinati alla vivisezione. Questi movimenti sono diventati molto efficaci e popolari e così nel 1985 i loro avversari hanno coniato un nuovo termine – eco-terrorismo – per cambiare il punto di vista su di loro. Lo hanno proprio inventato.

Ora queste compagnie sostengono leggi come l’Animal Enterprise Terrorism Act, che trasforma l’attivismo in terrorismo se provoca una perdita di profitti. La maggior parte della gente non ha mai sentito nominare questa legge, compresi dei membri del Congresso. Quando è passata meno dell’1% era in aula; il resto era fuori, a un evento in omaggio di Martin Luther King, proprio mentre il suo tipo di attivismo veniva bollato come terrorismo se condotto in nome degli animali o dell’ambiente.

Secondo i loro sostenitori leggi come questa sono necessarie per gli estremisti, i vandali, i piromani, i radicali, ma in questo momento compagnie come TransCanada organizzano riunioni con la polizia spiegando come accusare di terrorismo manifestanti nonviolenti. I corsi di formazione dell’FBI sull’eco-terrorismo non riguardano la violenza, ma le pubbliche relazioni. Oggi in molti paesi le compagnie spingono perché vengano approvate nuove leggi che considerino illegale fotografare le crudeltà perpetrate sugli animali nei loro allevamenti. L’ultima notizia di questo genere risale a due settimane fa nell’Idaho e oggi abbiamo intentato una causa, sostenendo che questa misura è anticostituzionale e costituisce una minaccia per la libertà di stampa.

La prima di queste accuse contro chi denuncia gli abusi sugli animali ha colpito una giovane donna di nome Amy Meyer. Mentre era per strada Amy ha visto una mucca malata spostata da un bulldozer fuori da un macello e ha fatto quello che avrebbe fatto chiunque di noi: ha ripreso la scena. Quando l’ho saputo ho scritto un articolo su questa vicenda e nel giro di 24 ore si è sollevata una tale indignazione che le accuse contro di lei sono state ritirate.

Pare però che perfino denunciare episodi simili sia considerato una minaccia. Grazie al Freedom of Information Act, ho saputo che un’unita di contro-terrorismo esamina i miei articoli e i miei discorsi. Hanno perfino incluso una simpatica recensione del mio libro, descrivendolo come avvincente e ben scritto. Magari metteranno una fascetta pubblicitaria sul mio prossimo libro?

Lo scopo di tutto questo è spaventarci, ma come giornalista ho una fede incrollabile nel potere dell’educazione. La nostra arma migliore è far luce sulle cose.

Secondo Dostoevskij tutti noi siamo persone, non tasti di pianoforte. Nessuno può trattarci come se fossimo tasti di pianoforte. Nessuno può schiacciarci per suonare la musica che gli piace. Nel corso della storia i potenti hanno usato innumerevoli volte la paura per mettere a tacere la verità e soffocare il dissenso. E’ ora di far risuonare una nota nuova.

 

Traduzione dall’inglese di Anna Polo