Non ci sono solo le donne spagnole a rivendicare il diritto ad un aborto libero e gratuito in questa settimana che precede l’8 marzo. Anche qui in Italia il movimento femminista fa la guardia alla 194, legge bistrattata dalla pratica quotidiana dei consultori del nostro paese. E si va anche all’attacco: il pomeriggio del 4 marzo i movimenti femministi romani hanno organizzato un blitz all’interno dell’edificio dell’Ordine Nazionale dei Medici per sollevare l’attenzione su quale sia il reale servizio che la sanità pubblica offre alle donne che devono affrontare una gravidanza indesiderata.

Secondo le Cagne Sciolte, uno dei movimenti romani che ha aderito all’iniziativa, nel Lazio il numero degli obiettori di coscienza è altissimo, quasi al 90%, e per ragioni tutt’altro che legate all’etica. Sebbene il Movimento per la Vita abbia infatti fallito nel 2010 il tentativo di cambiare la legge regionale sui consultori con il progetto presentato da Olimpia Tarzia, non si può negare che abbia trovato il modo per “rientrare dalla finestra” della politica sanitaria. E lo fa costruendosi un potere all’interno delle ASL, le Aziende Sanitarie Locali, garantendo promozioni e percorsi carrieristici agevolati a chi si dichiara obiettore, e lasciando i pochi che non lo fanno isolati e totalmente responsabilizzati in merito alle IVG (interruzioni volontarie di gravidanza) del distretto sanitario. Inoltre le donne che richiedono questo servizio sono spesso vittime di forti pressioni psicologiche e di veri e propri maltrattamenti nel corso della pratica chirurgica.

Con l’intenzione allora di rivendicare un diritto faticosamente conquistato dalle nostre madri negli anni ’70, e però sempre rimesso in discussione dalla cultura cattolica che sostiene tutte queste pratiche e dalla tendenza al controllo dei corpi delle politiche europee e nazionali”, il corteo romano si è presentato questa mattina alla sede nazionale dell’Ordine. L’intenzione era quella di confrontarsi con qualche responsabile, ma nessuno si è presentato se non le forze dell’ordine, che hanno identificato le manifestanti per poi accompagnarle bruscamente fuori dall’edificio.

L’iniziativa del 4 marzo, così come il corteo organizzato per l’8 di questo mese, in corrispondenza con la logora e bisognosa di nuovi contenuti “festa della donna”, nascono anche in solidarietà alle donne spagnole, che si trovano ad affrontare difficoltà ben maggiori. Infatti recentemente il Ministro della Giustizia Alberto Ruiz-Gallardón ha presentato un progetto di legge al Parlamento, la cui discussione è in procinto di iniziare, che se approvata renderebbe di fatto impossibile la libera scelta dell’aborto. L’attuale legge in Spagna, prodotta nel 2010 dal Governo Zapatero, permette infatti l’aborto fino alla 14esima settimana e in caso di malformazione del feto fino alla 21esima. Sebbene i movimenti femministi ne abbiano criticato il mancato coraggio nel non togliere l’aborto dal Codice Penale, in generale è considerata una legge di tutela abbastanza completa, anche per le minorenni a cui garantisce autonomia di scelta. Il disegno di legge di Gallardón invece autorizzerebbe l’aborto solo nel caso in cui la gravidanza rappresenti un pericolo di natura fisica o psichica per la madre, o sia stata prodotta da una violenza sessuale. Per accertare il “pericolo psichiatrico” è stato poi preposto un percorso ad ostacoli che, oltre al contatto col medico di base, richiede la certificazione da parte di due altri psichiatri tra loro autonomi ed esterni alla struttura sanitaria di partenza, nonché 7 successivi giorni “di riflessione” per la candidata all’operazione. Di fatto l’aborto per libera scelta è abolito e tradotto nuovamente in reato. E dal momento che, secondo i movimenti contestatori, questo rappresenta il 97% dei casi, l’aborto tornerà nella clandestinità delle cliniche estere per le donne più ricche, e della versione moderna delle mammane per quelle più povere, con tutti i rischi connessi.

In Spagna la legge ha ricevuto una pessima accoglienza fin dal principio, e ci sono voci dissidenti anche all’interno dello stesso PP, il Partito Popolare, che l’ha presentata. Il 1° febbraio a Madrid si è tenuta una grande e variegata manifestazione, a cui hanno aderito sia i partiti istituzionali di sinistra (il Partito Socialista, la Izquierda Unida, e altri “fratelli minori”) che i movimenti femministi autonomi. Nonostante le rivendicazioni sul tema possano essere diverse la manifestazione ha rappresentato un momento d’unione a fronte di una legge tanto retrograda da trovare contrari, secondo recenti sondaggi, 8 spagnoli su 10, nonché il 55% dell’elettorato del PP. In occasione della Manifestazione un “Treno de la libertad” è partito dall’Asturia per arrivare col suo carico di militanti alla capitale, e continua a muoversi sul territorio spagnolo in vista della manifestazione congiunta in diverse città europee dell’8 marzo. La piattaforma si muove sul sito Women are Europe (Wae), dove sono riportati anche tutti gli appuntamenti italiani, nel corso dei quali sarà chiesto alle istituzioni europee di esplicitare la propria posizione, dalla parte dei diritti o da quella dei profitti?”