Tristi fatti di cronaca ci hanno raccontato come alcune persone siano state date letteralmente alle fiamme. Penso alla giovane nera che nel 2012 fu aggredita e poi cosparsa di liquido infiammabile negli Usa, ma anche alla prostituta romana che nello stesso anno subì il medesimo atto di violenza. Per arrivare, qualche giorno fa, alla bambina indiana data alle fiamme perché ha denunciato i suoi stupratori. E non dimentichiamo i tanti clochard incendiati sulle panchine o nelle stazioni ferroviarie. Mettere in collegamento questo aspetto brutale e infimo dell’essere umano con una domanda millenaria come: da dove veniamo? Sembra inconciliabile, eppure mi viene naturale pormela. Del resto se la sono posta tutti gli uomini fin dalla notte dei tempi e in modo più pionieristico rispetto a noi contemporanei conoscitori di tanti studi, teorie e supposizioni sulla nascita dell’universo. Tutti, in momenti particolari come in una notte stellata e silente, ci siamo interrogati. La suggestiva immagine della volta celeste, quel cielo dalle stelle fisse di cui Aristotele discorreva nel De Cielo, nella Metafica e nella Fisica, ora sappiamo essere uno spicchio di un cosmo in espansione e, se è vero come dicono gli antropologi, Freud stesso la tira in ballo quando la applica allo sviluppo psichico dell’uomo, che l’ontogenesi ripercorre la filogenesi, allora stiamo tranquilli. L’evoluzione psichica, come quella fisica, del singolo individuo (ontogenesi) ripercorre la stessa strada di quella della specie (filogenesi), è quindi normale essersi interrogati sulle stesse questioni. Certo ogni uomo contribuisce un pochino all’evoluzione, ma la cosa è molto lenta e non ce ne rendiamo conto. I filosofi non potevano esimersi da tale attività e nella nostra cultura greco – occidentale ci hanno pensato per primi i presocratici della scuola di Mileto nel VI secolo a. C. Talete, Anassimandro e Anassimene. Come sempre l’essere umano cerca il proprio tornaconto e pare fu Aristotele a dar risalto a questa origine. Si narra che a lui convenisse, per dar più peso ai suoi stessi studi, anteporre tre filosofi come quelli citati, ritenerli padri fondatori di quella filosofia scientifica di cui lui fu maestro indiscusso ancora per secoli dopo la propria morte: gli dava un’origine più importante. Dobbiamo tener conto che Aristotele fu l’ajo di Alessandro Magno, la credenziale gli era di certo utile. Fuori da queste discussioni in fin dei conti sterili, vorrei concentrare la nostra attenzione sul pensiero dell’origine. Talete sosteneva che l’origine della vita (l’arché) fosse da ricercare nell’acqua, scriveva infatti “L’acqua è il principio di tutte le cose; le piante e gli animali non sono che acqua condensata e in acqua si risolveranno dopo la morte“; Anassimandro nell’aria che permette la vita circondando il mondo; Anassimene nell’apeiron, una sostanza indefinita e infinita da cui tutto si è generato (in greco apèiron significa infinito da contrapporre a peràsfinito). Che dire: ebbero un’intuizione grandiosa, perché di intuito si tratta unito all’osservazione che ha dimostrato discostarsi poco dalle moderne scoperte scientifiche. Dopo queste prime intuizioni desidero condurre la mia riflessione all’unità che tutto costituisce: all’atomismo di Democrito. Egli fu iniziato dal maestro Leucippo e insieme presero il marchio dispregiativo del materialista. Oggi si sa quanto la definizione sia erronea in quanto la distinzione tra materia e spirito all’epoca non era stata ancora elaborata. L’accusa fu inoltre quella di aver dato una spiegazione dei fenomeni imputabili al caso, lo stesso Dante nel IV canto dell’Inferno scrisse ”Democrito che ’l mondo a caso pone, in realtà Democrito si sforzò solamente di interpretarlo in modo razionale e necessario secondo quanto disse il maestro Leucippo “Nulla si produce senza motivo ma tutto con ragione e necessariamente. Il suo casualismo è solo un rifiuto della finalità dei fenomeni; egli non ricorre a cause esterne, gli atomi che formano il mondo si muovono senza un disegno preordinato e senza quindi nessun fine. A Democrito interessa come avvengono i fenomeni e non perché. Oggi conosciamo l’esistenza delle particelle sub-atomiche e quindi non consideriamo più l’atomo come la più piccola parte della materia. Cosa possiamo ricavare dalla concezione democritea? Una capacità di chiarezza nell’affrontare le questioni senza creare fuorvianti mescolanze. Cosa possiamo imparare dai suoi detrattori? Il valore negativo delle etichette. Quando ci raccontano che quella tal persona è in un determinato modo, prima di prenderlo per buono facciamo di tutto per andare a fondo, a costo di criticare lo stesso Platone che attraverso la persona di Socrate ci ha insegnato a sconfiggere i pregiudizi…anche se lui stesso, Platone, si narra, avesse l’insano desiderio di bruciare i libri di Democrito. È strano, non lo ha mai citato nelle sue opere: forse perché la pensava diversamente a proposito del caso. Probabilmente quando non si riesce ad andare oltre i propri maestri, a sorpassare i predecessori, a mettere in discussione ciò che non ci piace col dialogo, si ricorre alla eliminazione dell’altro che non ci aggrada. Un po’ troppo primitivo, quel primitivo che millenni di evoluzione non hanno saputo far evolvere in civiltà. E allora sarebbe interessante la ricerca e la possibile scoperta di un nuova arché, quella che ci spieghi l’origine di quella crudeltà, di quella feroce aggressività che cova ancora dentro di noi.

Illustrazione:
Atomismo, olio su tela 70×100, osservabile da ogni lato, di Roberto Rossi (pittore, poeta e Ambasciatore di Pace UPF – ONU ) , 2014