Istambul foto da social network

Veniamo a conoscenza dai social network delle proteste che ormai da 5 giorni infiammano Istambul giacché la stampa locale è praticamente messa a tacere sotto pressione del governo. Rimangono solo internet e il passaparola per sapere che migliaia di persone si riuniscono al Parco Gezi.

Il motivo è molto semplice: impedire la demolizione di questo parco per lasciare che si costruisca l’ennesimo centro commerciale nel centro città. Era previsto che gli alberi venissero abbattuti lo scorso giovedì ma la gente è arrivata con coperte e  tende pronta a trascorrere la notte con la famiglia e i bambini. Così, la mattina, quando sono arrivate le ruspe pronte ad abbattere gli alberi centenari, si sono trovate di fronte queste persone che hanno di fatto impedito l’operazione ponendosi da ostacolo ai macchinari. Nessun giornale né canale televisivo era presente, c’è stato un totale silenzio dell’informazione su una notizia che tra l’altro non è frequente per la Turchia: la manifestazione ambientalista poi sfociata in un’enorme protesta contro la dura risposta del governo di Erdogan.

Sembrava che la Turchia fosse estranea alle manifestazioni popolari come quelle viste in Grecia contro l’austerity o come quelle dei vicini paesi arabi contro la repressione dei governi. Invece pare che il momento della rivolta sia arrivato anche qui, in questa realtà in equilibrio tra Europa e Medio Oriente. Il centro di Istambul è da venerdì scorso testimone di enormi manifestazioni, e per una ragione di carattere ambientalista.

La risposta delle autorità non si è fatta attendere. La polizia ha dapprima circondato i dimostranti dall’esterno del parco poi ha reagito facendo uso di gas lacrimogeni, manganelli e cannoni ad acqua. Le prime notizie parlavano di almeno 900 feriti. Durante la notte la quantità di persone si è moltiplicata, così come quella dei poliziotti, mentre le autorità locali chiudevano tutte le strade intorno alla piazza Taksim, dove si trova il parco, così come la metropolitana e le stazioni dei traghetti per limitare l’arrivo di altre persone. Una cosa mai vista prima. Nonostante ciò la gente continuava ad arrivare a piedi da ogni parte di Istambul, gente di ogni età, religione e appartenenza sociale. Tutti con un unico scopo: impedire la demolizione del parco e dimostrare il loro diritto di cittadini di fronte ad un sopruso.

Per respingere l’avanzata dei manifestanti la polizia ha fatto uso pesante di lacrimogeni e cannoni ad acqua; due ragazzi che correvano di fronte alle ruspe sono morti, una donna è stata violentemente colpita alla testa ed è ricoverata in condizioni critiche, i suoi amici le hanno dedicato anche un blog in rete (nsanlik Hali).

E’ una moltitudine di persone quella che protesta, gente comune, studenti, giovani, che non vogliono vedere il loro paese venduto alle multinazionali, a chi vuole costruire centri commerciali, edifici, autostrade, o certo anche impianti nucleari, tutto senza consultare i cittadini (tra l’altro il governo continua a cercare delle scuse per attaccare la Siria) e tutto questo accompagnato da una politica conservatrice che attua uno stretto controllo della vita delle persone che ultimamente sembra essere divenuto insopportabile.

La gente che manifesta al centro di Istambul chiede libertà, protezione, giustizia e rispetto da parte dello stato e la possibilità di partecipare al processo decisionale di quanto riguarda il luogo dove abitano e vivono. Ma riceve in cambio botte e gas lacrimogeni. Una risposta un tantino brutale.

Intanto, centinaia di migliaia di persone hanno continuato ad unirsi alla protesta di piazza Taksim; arrivano attraversando il ponte sul Bosforo, senza che la tv ne parli né che la polizia cessi la sua risposta violenta.

Cittadini attraversano il ponte sul Bosforo per unirsi ai manifestanti di Piazza Taksim (foto da social networks)

Sottolineiamo che alberghi, scuole e ospedali della zona ricevono apertamente i feriti degli scontri con le forze dell’ordine.

Anche in altre città come Ankara e Izmir la gente si è riunita per strada in segno di solidarietà ai cittadini di Istambul.

C’erano già stati episodi di violenza e di scontri, come quelli avvenuti nella città di Reyhanli al confine con la Siria, quando sono state arrestate 17 persone.

Così come in occasione della manifestazione del 1 Maggio quando a Istambul, proprio in piazza Taksim, si sono registrati pesanti scontri tra manifestanti e polizia, terminati con decine di feriti, tra cui 7 agenti e 2 giornalisti, e una ventina di arresti. Causa di quello che è divenuto il primo maggio più violento degli ultimi anni, la decisione delle autorità di proibire la tradizionale celebrazione in piazza Taksim, dove si stavano realizzando dei lavori; decisione che si è scontrata con l’insistenza dei sindacati di riunirsi in questo luogo, storico ed emblematico.

Probabilmente anche questi precedenti hanno contribuito a far salire la tensione in un paese dove la popolazione è già stanca di censure e restrizioni.

Infine, sulla stampa locale si legge “Dopo due giornate di violenza, torna la calma a Istambul”. Si spiega che il governo turco ha finalmente fatto delle concessioni e la polizia si è ritirata dalla piazza.  Dopo aver reagito con estrema durezza nei confronti dei dimostranti che si opponevano alla demolizione del parco. Subito dopo migliaia di persone sono entrate in piazza Taksim gridando vittoria e lanciando fuochi d’artificio. Sia il Primo Ministro che il Presidente lanciavano messaggi per esortare il fine delle proteste e richiamando i cittadini alla calma (e intanto soffocavano le manifestazioni con la violenza).

Il titolare di un bar danneggiato durante gli scontri, intervistato dalla stampa si è detto orgoglioso di una manifestazione che ha unito tutti i cittadini, di destra e di sinistra. Una volta di più l’uso della forza contro manifestanti pacifici ha fallito. Per fortuna.

Tradotto da Eleonora Albini