Lunedì 3 giugno 2013 è iniziato il processo al soldato statunitense Bradley Manning, 25 anni, accusato di aver passato a Wikileaks centinaia di migliaia di documenti riservati – archivi militari segreti, dispacci diplomatici e video di combattimenti. Si tratta di un processo militare senza precedenti, per la maggiore fuga di informazioni della storia degli Stati Uniti.

Manning è stato arrestato e imprigionato nel 2010, quando era analista informatico in Iraq. Lunedì 3 giugno si è presentato in uniforme in un’aula di Fort Meade, nel Maryland e ha ascoltato le accuse del Pubblico Ministero, circondato dal suo collegio di difesa. Durante il processo, che potrebbe durare 12 settimane, verranno chiamati a deporre centinaia di testimoni.

Secondo il capitano Joe Morrow, della Procura militare,  il giovane soldato ha passato informazioni segrete in modo sistematico, cosciente della possibilità che queste venissero usate dal nemico. “Non si tratta di una fuga di notizie limitata, ma di un soldato che è venuto in possesso di centinaia di migliaia di documenti riservati e li ha messi in Internet, rischiando la vita di altri soldati”, ha affermato Morrow.

Nel suo discorso iniziale, il procuratore ha ricordato che Manning, allora ventiduenne, si è messo in contatto direttamente con il fondatore di Wikileaks, l’australiano Julian Assange, in relazione ai documenti segreti passati alla sua organizzazione. Lo ha accusato anche di non aver rispettato i superiori, di aver violato il giuramento di non rivelare segreti, fatto come analista informatico e di aver ignorato il pericolo da lui creato con le sue azioni.

Tra i venti capi di accusa, il più grave è quello di “aiuto al nemico”; se venisse riconosciuto colpevole, il giovane soldato potrebbe essere condannato all’ergastolo. Il Pubblico Ministero ha infatti rinunciato alla possibilità di una condanna a morte, prevista nel caso di accuse gravi come quelle che Bradley Manning sta affrontando.

Nella sua prima dichiarazione davanti alla corte marziale, l’avvocato David Coombs, capo della difesa civile di Manning, ha sottolineato la giovane età del suo assistito e le “buone intenzioni” che lo hanno spinto a diffondere le informazioni segrete. Davanti alla giudice Denise Lind, l’avvocato ha ricordato le gravi pressioni e la “lotta interna” da lui sofferta a causa della sua omosessualità e ha rimarcato che la sua unica intenzione era quella di “salvare delle vite” e “rendere il mondo un luogo migliore”. Coombs ha anche negato che Manning volesse aiutare il nemico, il capo d’accusa più grave nei suoi confronti.

L’avvocato ha assicurato che Manning “era ingenuo, giovane e animato da buone intenzioni” e che voleva solo mostrare all’opinione pubblica americana gli orrori della guerra. Ha così scelto l’informazione meno dannosa per la sicurezza nazionale, che riguardava casi controversi già diffusi dai mezzi d’informazione.

Coombs ha fatto notare che i dispacci del Dipartimento di Stato erano già disponibili per molte persone con accesso privilegiato alle basi dati del governo, mentre il video di un attacco aereo in Iraq, durante il quale morirono due giornalisti della Reuters, era già stato richiesto al governo americano dall’agenzia stampa.

Nel febbraio scorso, durante un’udienza preliminare, il soldato si è dichiarato colpevole di 10 dei 20 capi di accusa, ma non di quello di aiuto al nemico. Il Pubblico Ministero però insiste nel mantenerli tutti. In una dichiarazione letta in quell’occasione, Manning ha affermato che il suo obiettivo era “provocare un dibattito interno sul ruolo della politica militare ed estera degli Stati Uniti”.

Ha aggiunto di essere convinto che i documenti diffusi “non avrebbero danneggiato il paese, anche se avrebbero creato un certo imbarazzo”.

Uno dei punti chiave del caso riguarda la risposta a una domanda controversa: le informazioni passate a WikiLeaks  hanno davvero danneggiato la sicurezza nazionale degli Stati Uniti?  La Procura Militare ritiene di sì, mentre gli avvocati difensori e i sostenitori di Manning sostengono di no.

Sabato 1° giugno si è svolta davanti a  Fort Meade una vasta protesta a sostegno del giovane soldato.

Traduzione dallo spagnolo di Anna Polo