Sembra che la marcia dei diritti a Milano non sia finita con l’istituzione del registro delle coppie di fatto: stanno sbarcando, infatti, in Consiglio Comunale ben due proposte popolari e una consiliare che richiedono il registro dei testamenti biologici.

Tre proposte, quindi, simili ma non identiche, ognuna delle quali ha seguito un iter proprio: le due delibere popolari sono del comitato IO SCELGO (di cui la scrivente è coordinatrice), un comitato di cittadini e cittadine senza affiliazioni di partito, e del comitato “Milano Radicalmente Nuova”, sostenuta dall’Associazione radicale “Certi diritti”. Entrambi i comitati hanno raccolto più di 6.000 firme autenticate di cittadini milanesi, seguendo il percorso previsto dallo statuto per le petizioni popolari. Più recentemente è stato depositato il testo di una delibera dalle consigliere Marilisa D’Amico (PD) e Patrizia Quartieri (SEL). Tre proposte a dimostrazione del forte interesse della popolazione della nostra città!

La discussione in Consiglio Comunale, prevedibile entro l’estate, verterà su alcuni argomenti chiave, primo fra tutti la questione della competenza comunale piuttosto che nazionale di questa materia. La domanda ha certamente ragione di essere posta e la risposta risiede ovviamente nelle pieghe del diritto, ma forse non è inutile specificare che più di 100 comuni in Italia hanno già istituito registri simili, e fra questi anche importanti capoluoghi di provincia, quali Torino, Firenze, Napoli, Palermo, Padova etc.

È la risposta politica delle istituzioni locali a una importante lacuna nazionale: un servizio offerto alla persona, la garanzia di un diritto che circoscrive la dignità dei cittadini e delle cittadine.

Non solo quindi ha senso che il Comune istituisca tale registro, ma è bene che i cittadini sappiano che le direttive anticipate di trattamento sanitario hanno valore legale. La possibilità di rifiutare le terapie che ci vengono proposte infatti deriva direttamente dall’art. 32 della Costituzione, dove, nella seconda parte sancisce che “Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge. La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana.”: dare delle indicazioni in questo senso, quindi, evita che tali direttive debbano essere ricostruite, come è successo nel caso di Eluana Englaro.

In sostanza, il testamento biologico può essere considerato un’estensione del consenso informato: il medico ci propone una terapia, descrivendocene benefici ed eventuali effetti collaterali, e noi decidiamo se accettare la proposta o meno. In caso ci trovassimo in condizione di non poter esprimere la nostra opinione, allora varranno le direttive precedentemente espresse e, se lo abbiamo nominato, sarà il fiduciario a prendere qualunque decisione. In caso di conflitto col medico, sarà il Tribunale a decidere, e per farlo sarà importante che le nostre dichiarazioni siano state depositate e conservate in modo appropriato.

Il Comune non deve entrare nel merito delle indicazioni che vorremo o non vorremo dare, ma solo dare l’opportunità ai cittadini che ne fanno richiesta, di depositare e conservare questi importanti documenti.

Ovviamente i cittadini potranno cambiare idea in qualunque momento e sostituire, ritirare o sospendere le direttive. Sono invece prive di fondamento le obiezioni riguardanti un eventuale cambio di opinione che potrebbe avvenire dopo il sopravvenire della condizione di incapacità: non abbiamo a che fare con cittadini “bambini” che non sanno valutare i rischi di una dichiarazione data in condizioni precedenti un’eventuale situazione clinica che non conosciamo e non possiamo prevedere, bensì con cittadini adulti, che ritengono di voler dire una parola importante, decisiva e vincolante riguardo una situazione che potrebbe riguardare la loro persona.

E a questo proposito è anche utile sottolineare con quanta superficialità venga spesso ostentata l’”obiezione di coscienza” del medico: se un individuo è cosciente il medico può proporre una terapia, ma non può imporgliela, neanche una terapia salvavita. Non si capisce per quale arcano motivo, quando il paziente è inerme e incapace di esprimersi il medico dovrebbe compiere “obiezione” di coscienza ignorando le direttive del paziente (e/o del fiduciario) e imporre la sua propria coscienza.

Concludendo, la richiesta che i cittadini e le cittadine di Milano fanno al Consiglio comunale è semplice: garantire un servizio che permetta di dare indicazioni anticipate di trattamento sanitario, ivi inclusa la nomina di un fiduciario che faccia le nostre veci qualora ci trovassimo in condizione di incapacità. È un diritto alla persona che permette a ognuno e ognuna di noi di disegnare i confini della propria dignità e ci aspettiamo che il Consiglio Comunale sappia ascoltare e rispondere prontamente a chi chiede a gran voce che questo diritto venga garantito.

Monica Fabbri

www.arcipelagomilano.org