In un nuovo rapporto sulla Bielorussia pubblicato oggi da Amnesty International, intitolato “Ciò che non è permesso è vietato”, Amnesty International ha denunciato la soppressione della società civile bielorussa da parte di un governo repressivo che non tollera alcuna forma di critica.

Il rapporto di Amnesty International mostra come le autorità di Minsk neghino regolarmente i diritti alla libertà d’espressione, associazione e riunione, impedendo di parlare in pubblico, organizzare iniziative o fondare organismi della società civile. Chi prende parte a manifestazioni viene spesso multato o persino messo in prigione.

‘Negli ultimi 20 anni, il governo della Bielorussia ha sempre più soffocato ogni aspetto della società civile, privando le persone dell’opportunità di esprimere le loro opinioni, di contribuire al dibattito pubblico e di agire come un contrappeso alle autorità’’ ha dichiarato Heather McGill, ricercatrice di Amnesty International sulla Bielorussia.

Il rapporto di Amnesty International analizza la legislazione in materia di associazioni e di manifestazioni pacifiche e documenta violazioni nei confronti di difensori dei diritti umani, sindacalisti, ambientalisti e persone lesbiche, gay, bisessuali e transgender.

Coloro che intendono registrare organizzazioni indipendenti di qualunque genere devono affrontare una legislazione restrittiva, che i pubblici ufficiali applicano in modo da restringere ulteriormente gli spazi per la libertà d’associazione. Gli attivisti che operano senza registrazione vanno incontro a processi per aver agito a nome di un soggetto non riconosciuto.

A causa dei rigorosi requisiti richiesti, nessun partito politico è stato registrato a partire dal 2000. Gli iscritti ai sindacati indipendenti vanno incontro a discriminazioni sul posto di lavoro.

Ales Bialiatski, prigioniero di coscienza, presidente del Centro Viasna per i diritti umani, un’organizzazione cui e’ stato ritirato il riconoscimento nel 2003, sta scontando una condanna a quattro anni e mezzo di carcere, emessa nel 2011, per aver ricevuto donazioni per il suo lavoro sui diritti umani sui suoi conti bancari aperti in Polonia e Lituania dopo che gli era stato impedito di aprire un conto nelle banche bielorusse.

Aleh Stakhaevich, un autista di una cava di granito situata nella Bielorussia sudoccidentale, è stato eletto presidente di un sindacato indipendente costituito nel dicembre 2011. Secondo quanto previsto dalle leggi in materia, gli iscritti hanno informato il datore di lavoro e hanno chiesto il permesso di avere una sede legale. L’azienda ha rifiutato e ha iniziato a perseguitare i potenziali nuovi iscritti. Stakhaevich è stato accusato di guida imprudente e licenziato. Ad oggi, quattro membri del sindacato indipendente sono stati licenziati e altri sono stati intimiditi fino al punto da lasciarlo per paura di perdere il lavoro.

Quando, nel 2003, i soci di Amnesty International cercarono di registrarsi come organizzazione internazionale, venne detto loro che c’erano problemi con l’uso del simbolo della candela col filo spinato. Quando ci riprovarono nel 2005, stavolta come fondazione locale, gli venne risposto che la registrazione sarebbe stata concessa se avessero condiviso preventivamente con le autorità tutte le iniziative in programma. Poiché ciò avrebbe minato l’indipendenza dell’organizzazione, decisero di rinunciare.

Nel corso degli anni, Amnesty International ha documentato numerosi casi in cui partecipanti a manifestazioni non autorizzate sono stati arrestati, imprigionati e a volte picchiati dagli agenti di polizia.

Durante le “proteste silenziose” settimanali del 2011, in cui gruppi di persone in tutto il paese camminavano senza dire nulla, applaudendo o attivando simultaneamente la suoneria dei cellulari, molte persone sono state picchiate, condannate a multe o a periodi di detenzione amministrativa.

La più grande manifestazione nella storia recente del paese, convocata al centro della capitale Minsk a seguito delle elezioni presidenziali del dicembre 2010, è stata repressa con una violenza senza precedenti. La polizia ha arrestato oltre 700 persone e molte altre, compresi semplici passanti, sono state picchiate e ferite. Quattro prigionieri di coscienza – Mykalau Statkevich, Pavel Sevyarynets, Eduard Lobau e Zmitser Dashkevich – sono in carcere da allora.

La Legge sulle azioni di massa viola il diritto umani fondamentale di prendere parte a una manifestazione.

“Anche la marcia o la protesta di una sola persona è considerata una violazione di quella Legge. Si può essere processati per aver preso parte a una marcia solitaria o multati per aver consegnato un omaggio in un luogo pubblico” ha spiegato McGill.

Manifestanti pacifici vengono spesso condannati al pagamento di una multa o a brevi periodi di detenzione per aver violato la Legge sulle azioni di massa o per infrazioni minori come aver imprecato in un luogo pubblico. Pavel Vinahradau, un esponente del movimento giovanile Zmena (Cambiamento), ha trascorso in carcere 66 giorni tra il 30 dicembre 2011 e il 12 dicembre 2012 per otto separate condanne amministrative per reati quali insulto in luogo pubblico, violazione delle norme sulle riunioni pubbliche e sui picchetti.

“La Bielorussia deve consentire alla sua popolazione di esprimersi liberamente senza timore di subire repressione. Le autorità devono riesaminare tutti i decreti presidenziali e le leggi relative alla registrazione e alle attività delle ONG e assicurare che i funzionari pubblici rispettino il diritto alla libertà di associazione e di riunione” ha concluso McGill.

Il rapporto “Ciò che non è permesso è vietato” è disponibile in inglese all’indirizzo:
http://www.amnesty.it/bielorussia-quando-si-osa-essere-indipendenti
e presso l’Ufficio stampa di Amnesty International Italia.