Doveva succedere prima o poi, era nell’aria e nell’andazzo delle cose, ma ora che è accaduto davvero fa effetto lo stesso. Anzi, la notizia, cioè il fattaccio, avrebbe meritato la prima pagina, per quello che rappresenta adesso e, soprattutto, per quello che implica per il futuro, ma “La Repubblica”, l’unico quotidiano che oggi ne parla, l’ha relegata a pagina 36. E così, soltanto pochi avranno saputo che in un’azienda in provincia di Venezia, la fonderia Pometon di Maerne, è stato siglato un contratto separato di nuovo tipo, che prevede il versamento di una sorta di pizzo alla Fim-Cisl, pena la riduzione del salario alla mera paga base prevista dal contratto nazionale.

Beninteso, non stiamo parlando di economia sommersa o di caporalato nella raccolta di pomodori, bensì di industria, di metalmeccanici e di un contratto aziendale firmato alla luce del sole il 14 marzo scorso.

Ma vediamo come sono andate le cose. Un anno fa la proprietà della Pometon ha deciso di fare piazza pulita di tutta la contrattazione aziendale e ha dunque disdetto unilateralmente tutti i contratti integrativi esistenti e vigenti. Dopodiché ha chiesto ai sindacati presenti in azienda, fondamentalmente Fiom e Fim, di discutere un nuovo contratto integrativo, senza tener conto del passato e sulla base della piattaforma padronale. La Fiom ha detto di no, la Fim ha detto di sì e il risultato è stato l’ennesimo accordo separato, firmato dalla sola Fim-Cisl, che prevede ovviamente meno salario e più orario, con l’aggiunta del solito e odioso trattamento differenziato, in peggio, per i nuovi assunti.

Fin qui nulla di nuovo, direte voi, da Pomigliano in poi queste cose succedono abitualmente. Giusto, ahinoi, ma questa volta hanno osato fare più, poiché non si sono accontentati di firmare un contratto separato a nome di tutti o di togliere i diritti sindacali a chi non era d’accordo. No, questa volta hanno inserito una clausola che dice che il contratto vale soltanto per i lavoratori che hanno in tasca la tessera della Cisl o che, in alternativa, aderiscono individualmente al contratto separato, mediante il versamento di un “contributo sindacale straordinario” di circa 200 euro. Per il disturbo e la fatica della contrattazione da parte della Cisl…

E gli altri, gli iscritti Fiom, quelli che non volessero prendere la tessera della Cisl o pagare 200 euro? Ebbene, faranno una brutta fine, rimanendo senza contratto integrativo, visto che quelli precedenti sono stati azzerati in blocco, e avranno la sola paga base prevista dal contratto nazionale. In altre parole, subiranno un taglio secco della retribuzione nell’ordine delle centinaia di euro al mese!

Per ora la Cisl si accontenta di aver rotto un tabù e di aver stabilito un precedente e quindi non incasserà direttamente il pizzo, ma verserà i soldi in una fondo a disposizione della Rsu. Inoltre, il ricorso al tribunale da parte della Fiom ha buone possibilità di essere accolto. Eppure, non è proprio il caso di sottovalutare la vicenda, perché si tratta di una prima volta, destinato a sdoganare un metodo ritenuto finora –giustamente- inaccettabile e a fare scuola. Vi ricordate di Pomigliano? Allora dicevano che era un’eccezione, nel frattempo è diventata la regola…

Per questi motivi occorre prendere sul serio, molto sul serio, il fattaccio alla Pometon. Perché ci dice che dopo il contratto separato, dopo la negazione dei diritti e delle libertà sindacali per chi dissente e dopo il divieto di assunzione per chi ha la tessera sindacale “sbagliata”, ci sono ancora tante altre cose, come l’obbligo di pagare il pizzo alla Cisl se non vuoi aver il salario decurtato. Insomma, al peggio non c’è mai fine se stiamo a guardare!

Forse dovremmo essere un po’ più preoccupati dello stato della democrazia nel nostro paese, che non è una questione di streaming, bensì di diritti e libertà da difendere e affermare nella quotidianità, a partire dai luoghi di lavoro e di vita.

Luciano Muhlbauer