Quando ho cominciato a collaborare con Pressenza, a luglio, mi sono chiesta che senso dare a questo impegno di “informazione alternativa”: la prima spinta è venuta dalla ribellione alla manipolazione crescente che avvertivo ogni volta che leggevo le notizie riportate dai giornali on-line tradizionali (confesso che non guardo la televisione da anni). Sapevo che le cose non stavano così, o almeno che mancavano molti elementi, spesso fondamentali, che c’erano infinite esperienze interessanti e positive che, non comparendo nell’informazione ufficiale, agli occhi della maggioranza della gente non esistevano. Inoltre la scelta delle notizie e il modo in cui venivano presentate producevano invariabilmente in me un senso di impotenza, frustrazione e addirittura disperazione, davanti a un mondo oscuro, pieno di ingiustizia e di violenza in apparenza impossibili da eliminare.

Come mi è accaduto spesso, una volta presa una decisione sembra che tutto si allinei nella direzione cercata e casi e coincidenze che in realtà non sono tali cominciano ad apparire uno dopo l’altro.  Le molte mailing list sociali e pacifiste a cui sono iscritta, che fino a quel momento seguivo in modo distratto, spesso senza neanche leggere i messaggi, si sono rivelate di colpo piene di segnalazioni interessanti di eventi e iniziative a cui dare spazio. La forma che ho scelto perché mi risultava più congeniale – l’intervista – mi ha permesso di stabilire o rafforzare relazioni con persone famose e no, che mi hanno sempre lasciato qualcosa di positivo.

Quel buio scoraggiante si è illuminato di tante piccole luci e io mi sono resa conto che quelle esperienze nascoste, riconfortanti e creative di cui intuivo la presenza esistevano davvero e che un compito fondamentale era farle conoscere e metterle in relazione tra loro.

Questo per me è il senso profondo di Pressenza e delle tante altre realtà con cui collaboriamo, o di cui riportiamo i comunicati e le iniziative: alimentare la speranza, mostrare che intorno a noi esiste molto di più di quello che appare, gettare ponti tra chi “resiste” alla violenza in tutte le sue forme e lavora per costruire un mondo nuovo. Forse questo mondo nuovo non lo vedremo, ma non importa: al di là dei risultati immediati, ciò che conta è dare il nostro contributo a quell’accumulazione di bontà, generosità, saggezza e compassione che ha fatto avanzare l’umanità fin dai tempi più remoti e che continuerà a farla avanzare anche in futuro.