“Questo è già un processo irrevocabile. Qui l’autodeterminazione è un concetto radicato, anche se non figura nell’agenda del governo e dei partiti. Ora dobbiamo realizzarla”: con queste parole, Aucán Huilcamán, portavoce del Consiglio di Tutte le Terre si è rivolto al mezzo migliaio di dirigenti nativi Mapuche convocati a Temuco, 800 km a sud di Santiago del Cile.

Un incontro che segue nuovi episodi di violenza e tensioni nella regione di La Araucanía, dove la popolazione indigena è storicamente costretta a vivere in condizioni di povertà e abbandono da parte dello Stato, privata delle proprie terre ancestrali, subendo ciclicamente la repressione delle forze di sicurezza.

In merito, Huilcamán ha citato la cosiddetta ‘Pacificazione della Araucanía’, l’operazione che il governo condusse tra il 1861 e il 1883 per controllare i territori dei nativi che erano riusciti a resistere a tre secoli di colonizzazione spagnola: “Fu un atto di lesa umanità. Come punto di partenza per stabilire una relazione giusta, solida e duratura – ha aggiunto – la società cilena deve chiedere perdono al popolo Mapuche per i danni economici, patrimoniali e culturali inflitti”.

La riunione di Temuco, a cui era stato invitato anche il presidente Sebastián Piñera, è stata convocata dopo una serie di attacchi incendiari a latifondisti della regione in un contesto di tensione persistente tra la popolazione e le aziende agricole e forestali che ne sfruttano i territori. L’incidente più grave si è verificato il 4 gennaio a Vilcún quando due anziani agricoltori sono morti nell’incendio della loro proprietà; un Mapuche accusato di aver appiccato il fuoco sarà processato in base alla temuta legge anti-terrorista, eredità del regime di Augusto Pinochet (1973-1990), tra le vibranti critiche delle organizzazioni a difesa dei diritti umani. L’attacco è avvenuto tra l’altro nell’anniversario dell’uccisione di un giovane Mapuche da parte di un poliziotto.