[leggi il rapporto](http://fr.rsf.org/IMG/pdf/birmanie_rapport_fr.pdf)

“Il conflitto in corso nello stato di Arakan ha ricordato, nel modo più duro, la fragilità dell’ambiente in cui lavorano i media e l’estrema precarietà della parziale libertà di stampa nel paese. Aung San Suu Kyi ha ben compreso la gravità della crisi, ma abbiamo ritenuto di dover attirare l’attenzione sull’urgenza di rispondere alle numerose sfide che i media devono affrontare in Birmania, dopo 50 anni di repressione e di censura” ha affermato Reporter senza frontiere.
“Per il momento il governo ha solamente alleggerito il controllo abusivo sulla stampa. Non essendo in grado di accompagnare realmente l’informazione nel processo che vede una nuova situazione politica e economica che si delinea rapidamente, le autorità hanno risposto in maniera istintiva a quelle che ritengono essere libertà eccessive dei mezzi di comunicazione. Da inizio anno, sono stati intrapresi almeno tre procedimenti giudiziari da parte dei ministeri governativi; il redattore capo di Snapshot potrebbe dover affrontare una sentenza che lo condanna a sette anni di carcere. Questa non è una risposta accettabile da parte di un governo che annuncia di essere sulla strada della democratizzazione”.
“Ci auguriamo – prosegue l’organizzazione – “che i poteri esecutivi e legislativi del paese comprendano che la modernizzazione, la liberalizzazione e l’attuazione di misure legali adeguate per la tutela dei media, non saranno il risultato del processo di democratizzazione ma che al contrario ne costituiscono i requisiti”.
Reporter senza frontiere ha avuto la possibilità di confrontarsi con Auung San suu Kyi il 27 giugno scorso prima nel contesto informale di una colazione all’Hotel de Ville di Parigi, poi nell’ambito di un incontro avvenuto tra il Ministro degli Esteri francese e altre organizzazioni della società civile.
L’organizzazione ha potuto attirare la sua attenzione sulle nuove minacce che pesano sulla libertà di informazione in Birmania e sulle necessità dei media che nella crisi dello stato di Arakan hanno assunto un ruolo chiave fin dal principio.
Il rapporto fa un’analisi del ruolo e dell’influenza determinante di Internet e dei media nell’ambito della copertura degli atti di violenza in Arakan, le difficoltà di accesso alle informazioni e le aggressioni nei confronti della stampa straniera e in esilio, oltre che sul ruolo del governo e i rischi di manipolazione dell’informazione proprio su questi episodi.
L’organizzazione presenta anche i suoi suggerimenti al governo birmano e ai media per un miglioramento delle condizioni di lavoro dei professionisti e sulla libertà di informazione in genere nel paese.
La Birmania si colloca al 169 posto su 179 paesi recensiti nella classifica mondiale della libertà di espressione 2011 2012 stilato da Reporter senza frontiere.

Tradotto da Eleonora Albini