“Damasco è isolata. Le arterie che portano verso il nord e il sud del paese sono presidiate da posti di blocco che non consentono né di entrare né di uscire dalla città”: lo riferiscono alla MISNA fonti nella capitale siriana, teatro dello scontro tra forze governative e ribelli antigovernativi.

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Immagine di: Caracol tv.com

“Tutta la notte e con cadenza regolare, nel corso della giornata si sentono in lontananza colpi d’arma da fuoco e boati di esplosioni. Dalle periferie, qua e là si alzano colonne di fumo nero” aggiunge Rima, giovani attivista e pacifista cristiana descrivendo l’atmosfera nella capitale.

“Ieri notte abbiamo dormito poco più di tre ore. La tensione è alta e anche se sappiamo di essere al sicuro dentro le nostre case al centro di Damasco, l’angoscia per parenti e amici che vivono nelle campagne e nei sobborghi sale di giorno in giorno” spiega, raccontando di giorni “passati su internet, e sui social network a cercare di ricostruire la mappa geografica dei combattimenti, per capire quali zone evitare”.

E da domani, con l’inizio del Ramadan, mese sacro del digiuno per i musulmani, le cose potrebbero anche peggiorare. “Domani è venerdì, tradizionale giorno di proteste antigovernative e coincide anche con i funerali, nella parrocchia greco-ortodossa della Santa Croce, del ministro della Difesa Daoud Rajha” dice alla MISNA una fonte del patriarcato greco-melkita secondo cui la cerimonia è prevista per domani mattina alle 11 e mezzo.

Il ministro è una delle vittime “eccellenti” in seno al regime causate dall’esplosione che ieri ha scosso la sede dell’Ufficio della sicurezza nazionale, tra il viale Aburmmane, sede di numerose ambasciate, e la piazza di Malki, alle spalle della residenza presidenziale.

“Da quanto ci riferiscono i combattimenti sono concentrati a Midan, e Kfar Souse, ma notizie di scontri ed esplosioni provengono anche dalla centrale piazza degli Abbasidi e il viale Bagdad, sede di alcune sedi dei servizi di sicurezza” dice la medesima fonte, aggiungendo che il rumore di colpi di mortaio esplosi a pochi chilometri è udibile anche da Bab Sharqi, sede del patriarcato.

Scontri sporadici sarebbero in corso anche nel quartiere di Muhajirin, dove ha sede il quartier generale della Guardia repubblicana comandata di fatto da Maher al Assad, fratello minore del presidente.

Se Damasco è sigillata da posti di blocco e teatro di continui combattimenti, la situazione nel resto della Siria è anche più difficile, appesantita da mesi di violenze. “Da almeno dieci giorni – dicono fonti missionarie raggiunte ad Aleppo – il flusso degli sfollati provenienti dai villaggi attorno alla città è aumentato con immediate conseguenze sul piano umanitario”. Gli sforzi condotti da gesuiti e società civile – che in questi mesi hanno creato una rete di primo intervento – risultano orami insufficienti per rispondere all’emergenza. Ad Aleppo continuano ad arrivare anche famiglie da Homs. La terza città del paese resta uno dei centri in cui più forte è lo scontro fra opposizione armata e forze governative: secondo fonti della MISNA sul posto, nonostante molti quartieri siano andati distrutti, ci sono diverse zone della città ancora abitate. Gli abitanti rimasti non dispongono di sufficienti generi di prima necessità e devono far fronte a un drastico aumento dei prezzi.

A Latakia, sulla costa nord-occidentale della Siria, la situazione è sensibilmente migliore. Non ci sono scontri e le varie comunità continuano a convivere pacificamente. “Tuttavia – dicono alla MISNA altre fonti missionarie locali – anche qui i prezzi sono triplicati nel giro di breve tempo e non sempre è possibile trovare quanto serve. Per il gas da cucina occorre fare lunghe file e gli spostamenti al di fuori della città sono sempre più limitati”. La fonte della MISNA riferisce di posti di blocco già a 25 chilometri della città e di strade bloccate sia in direzione di Aleppo che in direzione di Damasco.

Se per gli sfollati si possono fare soltanto stime approssimative che viaggiano sull’ordine delle centinaia di migliaia di persone, dati più precisi sebbene diversi di giorno in giorno si hanno sui siriani che hanno lasciato il paese. In Giordania, riferisce l’Alto commissariato del’Onu per i rifugiati (Acnur), sono più di 140.000 i siriani arrivati da marzo 2011. “Ormai nel nord della Giordania non si trova più una casa libera – dicono alla MISNA fonti del Jesuit refugee service (Jrs) – e governo e Acnur hanno deciso la costruzione di un campo che potrà ospitare 130.000 rifugiati”. Secondo le previsioni delle organizzazioni umanitarie dalla Siria in breve tempo potrebbero arrivare altre 100.000 persone. Attualmente, la media giornaliera è di 400 arrivi, per il 75% donne e bambini e per circa il 2% anziani con più di 60 anni di età. Ma sono stati raggiunti picchi di mille persone al giorno a cui bisogna poi aggiungere i rifugiati arrivati in Libano (circa 30.000) e in Turchia (37.000).