“Ci sono forti probabilità che la morte di Uddin sia legata alla sua attività di informazione su alcune reti locali del traffico di droga” . Le autorità devono seguire questa pista per identificare i colpevoli e assicurarli alla giustizia al più presto possibile. “Ci interroghiamo anche sull’assenza di misure preventive di protezione nei confronti di Uddin che aveva già avvertito la polizia delle minacce di morte di cui era stato oggetto”, dichiara l’organizzazione.

“La morte di Uddin si inserisce in una serie di crimini particolarmente efferati ai danni dei giornalisti in Bangladesh. Durante il mese di maggio, i reporter di bdnews24.com e il giornalista del quotidiano Samakal, ABM Fazlur Rahman sono stati aggrediti con armi bianche. Tuttavia invece di reagire a questa ondata di violenza, le autorità aggrediscono, arrestano e perseguono i giornalisti, aggiungendosi così alla minaccia che i professionisti devono affrontare. Facciamo appello alla comunità internazionale affinché si inverta questa tendenza alla repressione e ci si adoperi per la tutela della libertà di informazione”, aggiunge Reporter senza frontiere.
Verso le 11 di sera, Uddin si trovava presso il suo domicilio a Sharsha quando un gruppo di individui lo hanno prelevato e condotto al mercato di Kashipur dove lo hanno aggredito con il macete. Gravemente ferito ad entrambe le gambe, alle mani e agli occhi, il giornalista è morto mentre stava per raggiungere l’ospedale dove è stato portato da alcuni residenti del quartiere che lo avevano soccorso.
Il movente della sua morte potrebbe essere legato agli articoli di Uddin riguardanti una rete locale di traffico di droga e per i quali aveva già ricevuto minacce di morte. Secondo il Daily Star, la polizia avrebbe trovato nella casa di Tota Miah, capo dei trafficanti locali, un macete e un fazzoletto macchiati di sangue. La moglie sarebbe stata arrestata mentre l’uomo sarebbe riuscito a fuggire alle forze dell’ordine.

Il 16 giugno la comunità della stampa locale ha manifestato a Sharsha per chiedere l’arresto dei colpevoli.

D’altro canto, il 18 giugno è stato emesso un mandato d’arresto da parte del tribunale sui crimini commessi durante la guerra di liberazione del Bangladesh (1971) nei confronti di Mir Quasem Ali, direttore della società Diganta Media Corporation. Tale mandato è stato consegnato dopo che due media controllati dal gruppo, il quotidiano Aya Diganta e Diganta Tv, hanno denunciato gravi irregolarità nelle inchieste del tribunale.

Il Bangladesh, dove dall’inizio dell’anno le violenze nei confronti dei media in genere sono aumentate, si situa al 129° posto su 179 nella classifica mondiale per la libertà di stampa 2011/2012 redatta da Reporter senza frontiere.

Tradotto da Eleonora Albini