*Il tuo libro-reportage su Occupy Wall Street (OWS) offre al lettore la possibilità di addentrarsi nella quotidianità del movimento, di quella dei suoi protagonisti, nelle sue voci di diversità. Che quadro viene fuori dopo avere conosciuto la protesta nei suoi ‘dietro le quinte’?*

Sono partito scettico, sono tornato affascinato. Affascinato da come un gruppo di persone che ha deciso di non arrendersi all’ineluttabilità della storia, in maniera del tutto pacifica, stia facendo la differenza rimettendo sul tavolo dell’opinione pubblica americana temi tabù come l’ineguaglianza economica. Viene in mente una vecchia definizione di Sartre: un ribelle è un uomo che dice no. Ecco, i ragazzi e gli anziani di OWS sono uomini e donne che hanno deciso di dire no.
occupy wall street

*Con la sua mediatizzazione e la sua diffusione virtuale OWS ha diramato su scala planetaria i messaggi del 99%, della comunicazione orizzontale, della non violenza, che eredità ci lascia? È riuscito a passare dalle idee, dal virtuale al reale, mettendo in piedi concreti obiettivi di cambiamento?*

Quella dell’assenza di struttura gerarchica e di richiesta è la doppia obiezione più insistita che si fa al movimento. Eppure, sfidando la gravità della protesta, OWS va avanti da sei mesi e non accenna a spegnersi. Dal virtuale al reale è passata immediatamente, da quando l’invito di Adbusters di occupare Wall Street è stato preso sul serio il 17 settembre scorso. Dal teorico al concreto, in un certo senso, anche. Se, come ricordava il premio Nobel Krugman, l’ineguaglianza è diventato il tema centrale dei media, è solo grazie a loro.

*Il movimento sembra fortemente deluso dalla gestione Obama, che ruolo ha giocato il Presidente nei mesi dell’occupazione? Come ha interferito OWS nella sua amministrazione e che peso assume in vista della prossima tornata elettorale?*

Il presidente è, domandando a Zuccotti Park e dintorni, il deludente-in-capo. Aveva acceso tante promesse e ora, si legge nei cartelli, la luce alla fine del tunnel è stata spenta per tagli al budget. Fuori di battuta, è proprio qui che OWS sta avendo i risultati più tangibili. Nell’ultimo discorso sullo Stato dell’Unione Obama sembrava, in certi momenti, leggere da un gobbo elettronico hackerato dal movimento. Ha anche deciso una commissione d’inchiesta sui reati finanziari, proprio come chiedeva agli inizi una lista di priorità pensata dal direttore di Adbusters. Come qualcuno ha notato, OWS è lo sfidante virtuale di Obama, nel campo progressista.

*Le immagini della ‘police brutality’ newyorkese hanno fatto il giro del modo sul Web; in molti hanno testimoniato di un sistematico calpestamento della Costituzione americana e di abusi, che idea ti sei fatto?*

Che le botte ci sono state, tante e dure, e i ragazzi non sono cascati nella trappola. Più botte prendevano, e più le immagini di quelle cariche venivano messe in circolo dalle webtv del movimento, più guadagnavano in simpatia da parte del resto della popolazione.

*Mi sembra molto eloquente l’immagine riportata nel libro e ripresa dalla definizione di Marco Roth che rappresenta la protesta come delle “lettere di dimissioni dal sogno americano”, che influenza ha avuto invece OWS oltreoceano?*

In una definizione che mi sembra molto calzante qualcuno ha detto che OWS funziona meglio come Api (Application programming Interface) che come sito di destinazione. Fuori dalle tecnicalità da smanettoni, vuol dire che OWS è più un modello, uno schema da replicare, una specie di franchising, più che un’esperienza singola, un’azienda familiare. Questo è successo negli Stati Uniti: centinaia di altre città ne hanno seguito il modus operandi, prendendone a prestito gli stilemi anche logistici. Anche gli altri movimenti potrebbero farlo. Sono i benvenuti.

*Nel reportage rievochi il Bank Transfer Day, chiedendo al lettore se ne sia a conoscenza. È un evento-fenomeno che Il Cambiamento ha seguito sin dalle prime battute e che invece non ha trovato spazio sui mass-media. L’informazione sembra quasi evitare di raccontare ciò che il cittadino può fare o ciò che già si fa nella concretezza per cambiare lo status quo, che ne pensi?*

Penso che è un piccolo grande esempio di risultato pratico. Molly Ketchpole, la ventiduenne che ha deciso di resistere all’aumento del canone di 60 dollari all’anno per la carta di credito stabilito da Bank of America, ha dimostrato che si può far indietreggiare anche una banca. Lei ha avuto l’idea, altre 360 mila persone l’hanno sottoscritta, e alla fine hanno vinto. Idem per il Bank Transfer Day: chi credeva che tanti soldi sarebbero stati trasferiti dalle banche commerciali ai crediti cooperativi? Eppure è successo. Ed è uno schema che potrebbe essere applicato a tante altre realtà. Forse i media temono di varcare il confine tra giornalismo e attivismo. Ma raccontare storie del genere, rare e potenti come sono, è solo buon giornalismo.

*OWS è stato entusiasmo, empatia, volontà di cambiare il mondo dal basso, creatività, gestualità, ineguaglianza che torna a fare notizia. Come si muove oggi OWS e cosa vuole diventare ‘da grande’ questo movimento?*

Non ne parlerei al passato. OWS è tutte queste cose, ma è ancora vivo e vegeto e anzi, con la campagna elettorale che entra nel vivo credo che ne sentiremo parlare sempre di più e potremo valutarne il peso reale sulle forze politiche in campo. Sino a oggi è riuscita a fare prendere una nuova consapevolezza al popolo americano sull’insostenibile divario economico tra i più ricchi e i più poveri. E, dopo anni, è tornata a far dire a Obama ‘cose di sinistra’. Vi sembra poco? A me no.

Ci piace chiudere l’intervista con Riccardo Staglianò estrapolando dal suo libro una frase emblematica della nuova rivoluzione americana che allo stesso tempo esprime lo spirito di Occupy Wall Street e la forza emotiva che ha aggregato alla protesta anche il resto del mondo:

“Non si può sfrattare un’idea il cui tempo è arrivato” (cartello di Occupy Wall Street)

[Dario Lo Scalzo](http://www.ilcambiamento.it/autori/dario_lo_scalzo/)