Grazie a numerosi trucchi gli armatori delle flotte comunitarie stanno ricevendo soldi pubblici per aumentare, invece che diminuire, la capacità di pesca. Solo una piccola porzione dei fondi pubblici viene usata per una effettiva riduzione della capacità di pesca, mentre la gran parte dei soldi è usata per demolire pescherecci vecchi e talvolta nemmeno in attività.

Oltre a criticare lo spreco dei soldi dei contribuenti, la Corte ha anche evidenziato precise carenze nelle regole che dovrebbero garantire la riduzione della capacità di pesca. Il rapporto avverte che la pesca eccessiva sta portando all’esaurimento delle popolazioni ittiche, minacciando l’ecosistema marino, l’economia del settore e le comunità costiere. Il risultato è che i tre quarti delle specie ittiche di importanza commerciale nei mari europei sono sovrasfruttate.

Greenpeace, Marevivo, Ocean 2012 e WWF chiedono alla Commissione e al Parlamento Europeo di seguire le raccomandazioni della Corte, che ha dimostrato come la riforma della Politica Comune della Pesca (PCP) non ha alcun senso senza misure chiare per la riduzione della capacità di pesca e senza una efficace valutazione del reale potenziale di pesca presente oggi negli Stati Membri.

Le proposte presentate dalla Commissione non sono all’altezza di questo compito: il proposto Fondo Europeo Marittimo e per la Pesca (che sostituirebbe il FEP) non garantisce affatto che i soldi pubblici non aumentino ulteriormente una flotta sovradimensionata rispetto alle risorse ittiche. Tra l’altro, la proposta non prevede che gli Stati Membri verifichino l’equilibrio tra la capacità di pesca reale e la consistenza degli stock ittici prima di chiedere finanziamenti per l’ammodernamento delle imbarcazioni, che è tra i principali fattori di aumento della capacità di pesca. Inoltre, la proposta della Commissione Europea per la riforma della PCP non prevede alcuna scadenza chiara con obiettivi ben definiti per la riduzione delle flotte di pesca e della loro capacità. La stessa proposta dovrebbe inoltre essere modificata per consentire un accesso preferenziale alle risorse per quegli operatori che utilizzano sistemi di pesca con minor impatto sull’ambiente e sugli stock ittici.

Per quel che riguarda l’Italia, le associazioni ricordano che il nostro Paese deve ancora recepire correttamente le disposizioni comunitarie per la repressione della pesca illegale che è una delle piaghe del sistema italiano. Il nostro Paese è ai vertici comunitari delle infrazioni per la pesca ed è stata inserita in entrambi i rapporti -prodotti dal Governo statunitense – che elencano i Paesi i cui pescherecci sono impegnati in attività di pesca Illegale, Non dichiarata e Non regolamentata (pesca INN).

Comunicato Stampa di Greenpeace, Legambiente, Marevivo, Ocean2012, WWF