Da quando il Colonnello Gheddafi ha perso il suo dominio militare nella guerra contro la NATO e gli insorti/ribelli/nuovo regime, molte teste parlanti hanno iniziato a celebrare questa guerra definendola un “successo”.
Costoro sono convinti che questa sia la “vittoria del popolo libico” e che tutti dovremmo festeggiare. Altri cantano vittoria per la “responsabilità di proteggere”, “per l’intervento umanitario”, e condannano la “sinistra anti-imperialista”. Alcuni tra quelli che affermano di essere “rivoluzionari”, o credono di appoggiare la “Rivoluzione Araba”, ritengono che sia in qualche modo possibile relegare ai margini il ruolo della NATO nella guerra, esaltando invece le virtù democratiche degli insorti, glorificandone il martirio e ingigantendo il loro ruolo fino al punto in cui tutto il resto è allontanato dalla vista.
Voglio dissentire da questo circolo di acclamazione, e ricordare ai lettori il ruolo delle invenzioni di “verità” motivate ideologicamente, usate per giustificare, rendere possibile, esagerare e motivare la guerra contro la Libia – e sottolineare quanto dannosi sono stati gli effetti concreti di queste leggende per i libici e per tutti coloro che hanno sostenuto soluzioni pacifiche, non militari.

Queste prime dieci leggende sono alcune delle affermazioni più ripetute, dagli insorti, e/o dalla NATO, dai leader europei, dall’amministrazione Obama, dai media mainstream, e anche dalla cosiddetta “Corte Penale Internazionale” – e cioè tutti i principali attori della guerra contro la Libia.

A nostra volta, consideriamo alcuni dei motivi per cui sarebbe meglio considerare queste affermazioni come folklore imperialista, come miti che hanno sostenuto il mito più grande di tutti – che questa guerra sia un “intervento umanitario”, destinato a “proteggere i civili”.

Ancora una volta, l’importanza di questi miti risiede nella loro ampia riproduzione, con poche domande, e dall’effetto mortale. Inoltre, queste leggende minacciano di distorcere gravemente gli ideali dei diritti umani e la loro invocazione futura, contribuendo così alla militarizzazione continua della società e della cultura occidentali.

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