Il ponto di incontro era stato stabilito alla Cité Universitaire che ha così vissuto un sabato di piena attività.
In piccoli gruppi si sono fatti gli striscioni e programmate le azioni di protesta e di festa durante il percorso della marcia, mentre altri si occupavano di definire le precauzioni in caso di violenza poliziesca o le strategie rispetto ai media.

Molti si sono dipinti i visi e le mani, con soli, cuori, simboli della pace, affinché nessuno dubitasse dello spirito pacifico e nonviolento del movimento, ma anche simboli euro macchiati per esprimere il carattere anticapitalista di questo fenomeno sociale. Senza dubbio, l’arrivo degli spagnoli ha dato un’altra velocità agli indignati francesi. Gli iberici più esperti nel funzionamento delle assemblee e delle commissioni, decidevano più rapidamente e si mettevano immediatamente all’opera, senza troppa elaborazione, dando fiducia al contributo di ognuno nella direzione dell’insieme.

A partire dalle 13 ore si comincia la distribuzione del cibo, preparato in anticipo e terminato da un’équipe di cuochi volontari sommersi dai ringraziamenti e complimenti di tutti.
Gli indignati di Santander hanno fatto vivere tutti in una festa, facendo sentire il caratteristico calore umano 15-M che sta diventando internazionale. Quelli di Aranjuez portavano la loro parte di buon umore e di capacità pratica. Uniti ai tronconi partiti da Madrid e Barcellona hanno formato un piccolo esercito di esperti in manifestazioni nonviolente.
Alcuni curiosi nella Cité Universitaire, ma accadrà durante tutto il percorso, si avvicinavano per sapere di che cosa si trattava e quali erano le rivendicazioni di questa gente. Tra questi Pedro, Francisco y Horacio, nipoti che hanno recuperato la loro identità grazie al lavoro delle Abuelas de Plaza de Mayo che avevano accompagnato a ritirare il premio per la Pace dell’UNESCO e che erano ospitati alla Maison de l’Argentine della Cité. Godevano dell’ambiente festivo e si entusiasmavano con la prospettiva che la gioventù europea si politicizzasse, recuperasse le strade e volesse cambiare il mondo. Francisco faceva giochi di prestigio tra gli indignati che pranzavano.

Il percorso

Accompagnati da qualche poliziotto è iniziata la manifestazione vera e propria. Più di cinque ore di tragitto, non senza tensioni e momenti di esplosioni di allegria, come per esempio quando vedendo un drappello antisommossa correre verso un’agenzia bancaria per proteggerla da possibili attacchi dei manifestanti, questi cominciarono a correre anche loro, lasciandoli dietro stremati. E parafrasando il canto, già mitico, di “queste sono le nostre armi” con le mani aperte in alte, un gruppo di “corridori” si lanciarono al suolo ed alzando le gambe e muovendole nell’aria, cantavano la canzone tutti insieme e indicavano i piedi. Il parossismo arrè arrivatoivò al massimo quando i poliziotti hanno raggiunto i corridori e sono passati in mezzo a loro schivando i corpi degli indignati sdraiati per terra.

Momenti di tensione ci sono stati quando hanno arrestato un manifestante che aveva scritto con un gessetto sul muro della Banca della Francia, ma grazie all’intervento dei manifestanti e ai loro cori di protesta è stato restituito al corteo sano e salvo.

A meno di un kilometro dalla Bastiglia ha cominciato a piovere a dirotto. Le pitture del viso si sono sciolte, le bandiere sono diventate pesanti e le ore di marcia precedenti hanno fatto breccia tra i manifestanti che davano segni di fatica e hanno perso un po’ di smalto nei canti. L’arrivo alla Bastiglia ha comunque ravvivato il tutto e l’entrata è stata trionfale, bagnati ma felici. Al grido di “Liberté, liberté, liberté!” si è protestato contro lo sproporzionato spiegamento di polizia. Decine di camionette e centinaia di agenti armati fino ai denti accerchiavano mezzo migliaio di persone che avevano percorso Parigi con l’allegria di sapersi vivi, di sentirsi pieni di senso e di stare facendo qualcosa affinché il mondo smetta di essere una prigione. Durante il percorso si sono denunciate le banche e si sono attaccati cartelli ironici sostituendo il nome delle istituzioni con “Sala da pranzo Sociale”, “Sanità Pubblica”, “Scuola Gratuita”, eccetera… Mentre si chiudevano simbolicamente i bancomat e l’interno degli edifici.

Il cordone poliziesco si è cominciato a chiudere creando un momento di confusione tra i manifestanti che per resistere agli spintoni degli agenti antisommossa si sono messi a sedere e si sono abbracciati. Facendo resistenza passiva, senza violenza, i marcianti sono stati separati con la forza.

La polizia non stava arrestando nessuno ma faceva pressione per spostare la manifestazione sul marciapiede, cioè spostare la cosa di 5 metri…Dopo un dibattito interno alla manifestazione si è deciso di trattare con la polizia e questo ha dato i suoi frutti. Gli agenti antisommossa stavano un metro più distanti per non asfissiare gli indignati che sono rimasti seduti ma hanno abbandonato il centro della strada in modo che le macchine potessero passare.

Una piccola vittoria del dialogo e del consenso. Ad ogni modo, alcuni manifestanti erano feriti e nessuno poteva né entrare né uscire dal cerchio poliziesco che continuava. L’ambiente si è andato calmando ed a mezzanotte sono arrivate le provviste e mangiando è stato un po’ più semplice recuperare la stanchezza, scaldare lo spirito e pensare alla giornata seguente, dove sono rimasti molti temi da concretizzare.