8 giugno 2011 ore 0.10

resoconto dettagliato dell’attacco alla Maddalena, visto dalla barricata dell’autostrada, soprannominata Stalingrado.

Sono le 4 e 40 quando quella specie di dormiveglia vigile che ci siamo concessi per un paio d’ore viene spazzato via dai botti dei fuochi d’artificio che danno l’annuncio: arrivano!

Finchè non lo vivi non riesci a capire cosa vuol dire essere svegliato nel cuore della notte, doverti preparare in fretta e furia per fronteggiare un attacco imminente.
arriviamo di corsa nel piazzale dove tutti si stanno organizzando per fronteggiare l’attacco annunciato. decidiamo di scendere alla barricata della centrale elettrica, ma dopo quasi un’ora di attesa decidiamo di risalire, anche perchè continuano ad arrivare voci di tentativi di sfondamento della polizia sul fronte dell’autostrada.

Arriviamo appena in tempo per vedere Turi, storico esponente della nonviolenza, scavalcare il guardrail ed essere arrestato dai poliziotti. verrà rilasciato a fine mattinata.

Dopo alcuni minuti di stallo, arrivano le ruspe e viene richiesta la presenza di quanta più gente possibile sulla barricata.

Arriviamo a dare il cambio ai compagni che da quasi 2 ore stanno attaccati alle reti, mentre le ruspe, munite di pinze trancialamiere iniziano a devastare il guardrail. è uno spettacolo penoso vedere le forze dell’ordine distruggere un’autostrada per accerchiare poche centinaia di manifestanti, mentre i vigili del fuoco (!!!) usano gli idranti per fare da scudo alle ruspe.

I compagni sul versante della montagna lanciano bucce di verdura, olio e vernice per rallentare il lavoro della ruspa, mentre altri scaricano gli estinori creando un effetto fumogeno.

Finito di distruggere il guardrail e le protezioni antirumore, la ruspa prova a divellere la barricata, ma noi non scendiamo e loro non possono rischiare un incidente con la pinza taglialamiere.

Per onestà di cronaca devo dire che, sporadicamente, qualche compagno lanciava un sasso verso la ruspa, ma veniva subito fermato dalla maggioranza di manifestanti nonviolenti che si erano ammassati alla barriera dell’autostrada.

Iniziano quindi a lanciare lacrimogeni. rimaniamo subito intossicati, e vi racconto questo aneddoto per farvi capire quale pericoloso facinoroso sono: mentre i poliziotti lanciavano i lacrimogeni e i compagni muniti di guanti provavano a restituirli al mittente, mi si avvicina una ragazza con mezzo limone, me lo da e scappa via subito. Guardo il limone, ho gli occhi che lacrimano, non riesco a respirare, vomito bile e catarro.. allora mi avvicino a un compagno anche lui munito di limone e gli chiedo: che cosa ci devoi fare con questo??? lui mi guarda come se fossi uno dei muppet e mi dice: ma cazzo, devi mangiarlo!!! io guardo il mio limone, sono evidenti i segni di altri morsi, ma sento i colpi di altri lacrimogeni che arrivano… chiudo gli occhi, e mordo il limone.

Torniamo alla cronaca. cessa il lancio di lacrimogeni e arrivano gli idranti. ormai saremo forse una cinquantina di persone rimaste a presidiare la barricata. gli idranti non hanno molto effetto, anzi ci aiutano a riprenderci dai lacrimogeni.

E qui comincia l’incredibile. chiudono gli idranti, noi riprendiamo posizione sulla barricata, e i poliziotti iniziano a sparare i lacrimogeni con i fucili (o come diavolo si chiamano). i primi con una parabola alta, per isolare quelli davanti da quelli dietro, poi abbassano la mira e sparano altezza uomo, mirando alla testa. un compagno viene colpito sul casco, io ho appena il tempo di girarmi per gridare di non sparare ad altezza uomo e vengo colpito al braccio sinistro. devo dire che fa male, ma è sopportabile. in testa però forse ti ammazza.

Il lancio di lacrimogeni è fittissimo, lo fanno per disperderci, ma anche per creare una cortina di fumo fra loro e noi. e da questa cortina sputa la pinza della ruspa che sfonda la barricata. l’operatore sulla ruspa non poteva assolutamente vedere se sulla barricata c’era qualche manifestante. ha sfodato la barricata alla cieca, senza sapere se noi ci fossimo dispersi o meno.

Ma in un gruppo di circa dieci persone eravamo ancora li e solo il caso ha evitato che venissimo travolti.

Dissipatosi il fumo la ruspa apre decisamente un varco nella barricata.

A questo punto siamo solo cinque o sei manifestanti. i poliziotti avanzano a testuggine. io, che ho il viso scoperto e sono senza alcun tipo di protezione, alzo le mani e inizio a ritirarmi. ripeto gridando “arretriamo lentamente, arretriamo lentamente” non avrò il tempo di dirlo una terza volta: un poliziotto fa uno scatto in avanti e mi da due manganellate. schivo la prima, ma la seconda mi colpisce in pieno viso, sul naso. inizia a colare tantissimo sangue, riesco a non cadere e a girarmi. scappo, corro verso le barricate, che ora sono un ostacolo alla nostra ritirata.

Scavalchiamo e corriamo verso l’infermeria, dove Ugo mi medica come può. lascio il posto agli altri feriti e andiamo verso i bagni dell’azienda agricola. abbiamo appena il tempo di entrare che arriva la carica, ci sono lacrimogeni dappertutto, li tirano anche dentro il bagno. scappiamo verso l’infermeria, sperando che la risparmino. niente. arrivano i lacrimogeni anche sull’infermeria, la evacuiamo di corsa appena prima della carica.

Ormai è un’inutile massacro, ci hanno disperso, hanno il controllo del presidio, ma continuando a caricare e a sparare lacrimogeni nelle roulotte, nelle cucine, sulle tende.

Scappiamo dove non possono raggiungerci, sui sentieri di montagna verso Ramat, dove arriveremo almeno un’ora e mezza dopo, e dove ci aspettano le auto per fare spola verso la bassa valle e un’ambulanza (solo una!) che medica i primi feriti.

diffondete, grazie

Ivo Ghignoli – Torino

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