“Pur non essendo precipitati a livelli di pericolo eccessivo i valori ematici, l’affaticamento neurologico è tale che l’unica modalità per prolungare ancora il digiuno sarebbe il riposo assoluto” – riporta una nota pubblicata sul sito dell’associazione ‘Beati i costruttori di pace’ di cui don Albino è animatore. “Avevo sempre detto – spiega don Albino – meglio un giorno di digiuno in meno che rinunciare a salutare in modo cordiale tutti coloro che vengono a conoscermi. Se accettassi l’ordine dei medici di mettermi a letto, diventerei il testimonial di me stesso, ma non ho nessuna sfida da vincere”.
“Il medico che mi ha visitato ieri – ha spiegato don Albino ai giornalisti – mi ha trovato bene dopo 13 giorni di digiuno, in cui ho bevuto solo acqua. Ora iniziano a manifestarsi alcuni problemi, come carenza di sale, mentre in alcuni frangenti faccio fatica a collegare il pensiero con la parola. Quindi l’interruzione rappresenta un motivo precauzionale”. Don Bizzotto, 70 anni, ha concluso il digiuno alle 6 di mattina del primo settembre. “Sono convinto di avere dato un segnale – ha commentato – ringrazio tutti coloro che sono venuti a trovarmi, soprattutto quelli che anche per un tempo limitato sono rimasti tutto il giorno con me, digiunando a loro volta”
Il bilancio della forma di protesta di don Albino per richiamare l’attenzione sulle attività in corso alla base Usa al Dal Molin di Vicenza è comunque altamente positivo. I cittadini e le cittadine di Vicenza hanno capito il gesto di don Albino e la parola più usata in questi quattordici giorni è stata ‘Grazie!’. Lo dimnostra anche il fatto che alla conferenza stampa di conclusione del digiuno erano presenti il Sindaco di Torreglia che era venuto a salutare don Albino e l’Assessore Giuliari e tante altre persone. Giuliari ha ringraziato e sottolineato “l’importanza di questa azione fondata sulla nonviolenza, una forza che ha bisogno della verità e della conversione, come dice Lanza Del Vasto” e ha confermato l’impegno dell’Amministrazione comunale su questa strada.
Non si ferma però la protesta contro i lavori alla base militare Usa al Dal Molin di Vicenza: alcuni vicentini, tra cui Giancarlo Albera e don Antonio Uderzo, stanno continuando l’azione di “digiuno a staffetta” presso la roulotte parcheggiata non lontano dal cantiere del Dal Molin. E sopratutto ieri ha preso il via ieri e proseguirà fino al 13 settembre il III Festival NoDalMolin che quest’anno si propone di rielaborare collettivamente le forme e le pratiche di opposizione al cantiere militare, imposto nonostante l’evidente contrarietà della comunità locale. Il programma non è ancora completo, ma è già ricco di appuntamenti e spettacoli e, soprattutto, di momenti di discussione e confrontro: quest’anno, infatti, ogni giorno ci sarà un dibattito.
I dibattiti iniziano oggi 3 settembre approfondenso le vicende di Diego Garcia e Vieques, due realtà duramente colpite dalla militarizzazione statunitense. Sabato si parlerà di Africom che fa base nella città berica; il confronto proseguirà lunedì 7 settembre, quando i vicentini potranno approfondire la politica estera statunitense dopo l’elezione di Obama. Ma ci sarà spazio per discutere anche di diritti civili, pacchetto sicurezza e crisi, rovesciando la prospettiva secondo cui, in un periodo di difficoltà economica, qualunque cantiere rappresenta un fattore positivo.
A chiudere il cerchio vi sarà il dibattito intitolato “Vicenza 2020: domande e risposte sulla città che vogliamo”, che si terrà sabato 12 settembre: i NoDalMolin al termine di questi 12 giorni di discussione e approfondimento intendono individuare le risposte collettive per proseguire nella mobilitazione contro il cantiere statunitense.

Fonti: Beati i Costruttori di Pace, Unimondo (http://www.unimondo.org), No Dal Molin (http://www.nodalmolin.it)