Flash mob davanti al porto nella memoria della tragedia del Rodi.

Dicono che erano vent’anni che a San Benedetto del Tronto non si vedeva una manifestazione così partecipata. Il corteo partito dall’ex-Ballarin con un migliaio e più di persone si è via via ingrossato strada facendo lungo il percorso concordato con la Questura, dopo diverse trattative e richieste di modifica.

“NO alle Vostre Guerre!” lo slogan della manifestazione del 27 dicembre, organizzata da Coordinamento Marche per la Palestina, Sumud Centro Culturale Palestinese delle Marche, Vibrata per la Palestina e Piceno per la Palestina.

Sicuramente la notizia degli arresti di esponenti delle comunità palestinesi in Italia, avvenuti la mattina stessa ed eseguiti direttamente su richiesta di Israele ha creato indignazione e portato in strada più persone. Fermo restando la presunzione di innocenza per le persone coinvolte, le cui eventuali responsabilità accerteranno i magistrati, quello che sta accadendo in Italia negli ultimi giorni è assai preoccupante, grave ed inquietante. Come bene ha scritto la giornalista Federica D’Alessio sul suo profilo social sabato scorso: “Siamo in piena israelizzazione dell’Italia e dell’Europa, e lo Stato di apartheid contro i palestinesi, gli arabi, i musulmani; e a seguire chiunque farà comodo etichettare come ‘terrorista’ senza avanzare alcuna prova di un agire terrorista è già pienamente in vigore.”

A San Benedetto del Tronto sono convogliate persone, oltre che da tutte le Marche, anche dal confinante Abruzzo. Durante il lungo percorso, il corteo si è fermato per due flash mob, il primo davanti alla GEM Elettronica, l’azienda rilevata al 65% da Leonardo S.p.A nel 2024 e il secondo davanti alla sede di banca Intesa Sanpaolo, una delle note ‘banche armate’.

“In moltissimi ci hanno detto in queste settimane – ha spiegato Ilaria di Piceno per la Palestina – che GEM Elettronica non produce armi ma soltanto radar, che non produce per il militare, ma solo per il civile. Noi tutto questo lo smentiamo. La GEM ELETTRONICA produce radar sì, ma sono pezzi anche di armi e di sistemi d’arma! Inoltre non è vero che produce solo civile, c’è scritto nel suo sito che parte dei suoi prodotti riguarda la difesa e le armi, e ci sono anche elencati tutti i prodotti che rientrano specificamente nella categoria. Noi oggi siamo qui a dire a tutte le persone presenti ed anche alle lavoratrici e ai lavoratori che non siamo contro di loro! Sappiamo benissimo che senza lavoro non si vive, ma sappiamo benissimo che vivere di un lavoro che uccide fa male! Care lavoratrici e lavoratori GEM, difendere il lavoro non significa soltanto difendere il salario, difendere il contratto; significa anche difendere il diritto a non alienarsi mentre si lavora, a fare un lavoro che ci fa stare bene, un lavoro coerente con i vostri valori!”

Particolarmente significativa è stata la sosta davanti al porto della città marchigiana. Quelli delle festività natalizie sono giorni particolari per la memoria democratica e del lavoro di San Benedetto del Tronto. Il 23 dicembre 1970 avvenne la tragedia del motopeschereccio Rodi, nel quale perirono per annegamento tutti e dieci i lavoratori imbarcati, tutti marittimi sanbenedettesi. Ci furono molte opacità nella dinamica e tempistica dei soccorsi, tanto che quattro corpi non vennero mai ritrovati. In quei giorni oggi già così lontani nel tempo la città si sollevò, ci furono proteste e l’occupazione dei binari della stazione ferroviaria. Un fatto tragico, ricostruito nel bel libro di Silvia Ballestra, “I giorni della rotonda”.

Lì, al porto, dove 55 anni fa si ritrovarono i sanbenedettesi alla notizia del naufragio, sono stati ricordati i nomi delle vittime: Agostino Di Felice, Alteo Palestini, Domenico Miarelli, Silvano Falaschetti, Antonio Alessandrini, Francesco Pignati, Giovanni Palumbo, Giovanni Liberati, Marcello Ciarrocchi, Ivano Mengoni.

Quel Natale del 1970 è difficile da dimenticare per questa città e vive nella nostra memoria, poiché carico di dolore e rabbia” ha ricordato un’attivista, Laura, di fronte al porto. “La mobilitazione della popolazione in quei giorni fu quindi un autentico atto di resistenza civile, che divenne simbolo di resilienza e unità comunitaria. Una protesta che non divide, ma unisce, una rivolta popolare che pone le basi per il confronto con le istituzioni, che porta la gente di mare a uscirne più forte e consapevole della propria identità. La tragedia del Rodi ci ricorda che nessun diritto di cui godiamo oggi è nato dal silenzio o dall’indifferenza, ma ogni conquista è stata ottenuta grazie a persone che hanno scelto di partecipare, esporsi e mobilitarsi. La partecipazione civile è una responsabilità! La democrazia vive anche nelle strade, nelle scuole, nei luoghi di lavoro, dove le persone si incontrano, possono informarsi, discutere, scambiare opinioni e far sentire la propria voce! Manifestare il dissenso è fondamentale, perché esso muove verso il cambiamento e il miglioramento delle nostre condizioni di vita! Quando protestiamo, ricordiamo a chi ci governa che il loro potere esiste perché qualcuno glielo ha concesso e che può e deve essere messo in discussione”.

Numerosi sono stati gli interventi complessivi durante la manifestazione, compresa la lettura del testo inviato da Silvia Severini, anconetana, dell’equipaggio della Global Sumud Flotilla: “Le luci si sono spente su Gaza e sulla Palestina tutta. Israele e gli Stati Uniti lo hanno fatto con metodo, in maniera scaltra e strategica, proprio quando l’umanità si stava risvegliando e unita faceva sentire la sua voce. Nell’oscurità si può uccidere in silenzio, la parola tregua è un pretesto per continuare a uccidere mentre il mondo tira un sospiro di sollievo. Ci sono stati più di duecento morti a Gaza dalla proclamazione della pace, hanno colpito anche una scuola dove si stavano celebrando dei matrimoni e dove molti si erano rifugiati. Il mondo è rimasto in silenzio ovattato e cullato dai vari “Jingle bell”. E’ questa che noi occidentali chiamiamo pace, oppure è una pace che per i palestinesi tutto sommato può andare bene?  

C’è un genocidio in atto di là del Mediterraneo e Gaza è diventata il termometro morale dell’Occidente. Gaza è il paradigma della legge della prepotenza, del potere, della barbarie che schiaccia il diritto, la giustizia, l’umanità. Se accetteremo tutto questo, vuol dire che chi ha spento la luce lo ha fatto forte della nostra cecità. La flottiglia è quel fuoco che sta sotto la cenere, pronto a riaccendersi. La flottiglia siamo tutti noi che non siamo disposti a tacere, siamo quelli che a un certo punto hanno smesso di fare la loro “vita normale” perché la storia ti tira dentro, perché non ce la fai più a startene fermo a guardare. La flottiglia, quaranta barche in mare, cinquecento persone da tutto il mondo; abbiamo fatto paura noi armati di nonviolenza, avete fatto paura voi a terra che protestavate, che vi ritrovavate in piazza senza nemmeno un pronti, via! E allora pronti a ripartire! La Global Sumud Flotilla non si è fermata, anzi, siamo già al lavoro per partire in primavera con nuove missioni di terra e di mare più grandi delle precedenti, tanto per far capire ancora una volta da che parte stiamo!”

Sabato 27 dicembre da San Benedetto del Tronto, così come da altre piazze d’Italia, si sono levate molte voci che non accettano la repressione del dissenso e la progressiva trasformazione dell’Italia in una delle contemporanee democrature occidentali. Così come non accettano che siano i servizi segreti di uno Stato genocida, qual è Israele, a dirigere le istituzioni repubblicane italiane.