Il giovedì della scorsa settimana, nell’ ex monastero di San Basilio, una assemblea numerosa e partecipata ha risposto all’appello della comunità che da anni vive dentro questo spazio autogestito, utilizzato come un bene comune (sottratto all’immemore incuria istituzionale, caduto nel tempo in un assoluto stato di abbandono) e da decenni animato dalle tante singolarità che in esso sono confluite, spazio nel quale sono state promosse ed attivate pratiche di vera socializzazione, garantendone l’accessibilità democratica e la piena gratuità dei servizi prestati all’insegna del puro mutualismo: dallo sport all’assistenza di cura basilare; dalla fruizione di vari allestimenti artistici tipici delle espressioni culturali giovanili alla autoproduzione di concerti musicali di gruppi d’avanguardia metropolitani. Insomma una vera e propria moltitudine che è diventata punto di riferimento sociale e culturale, fuori dai luoghi della politica sempre più disconnessa dalla società cittadina che rivendica autonomi spazi comuni, dove poter coltivare modelli alternativi non subordinati alle logiche del potere e del mercato.
Orbene, tutto questo rischia di essere vanificato dalla cecità del ceto politico che amministra la città, il quale – dopo avere intimato lo sgombero del S. Basilio, in vista degli imminenti lavori di ristrutturazione dei locali – dimostra di non tollerare quelle best practices che promanano autonomamente dalla cooperazione sociale e che indicano percorsi nuovi di partecipazione della cittadinanza, espressione di un neo-diritto alla città che rivendica il processo della bio-rigenerazione urbana come prassi virtuosa, non solo del recupero degli spazi urbani degradati, ma costitutiva di una nuova comunità solidale.
In altri termini, secondo quanto è emerso nel corso del dibattito assembleare, la questione non è tanto quella dell’intervento tecnico del recupero edilizio – ritenuto da tutti necessario (“semmai – dicono dal consesso – vanno discusse le modalità cantieristiche”) -, bensì quella della destinazione finale dello spazio, in cui sembrerebbe prefigurarsi sullo sfondo l’assegnazione ad un sorta di entità giuridica che dovrebbe costituire una cosiddetta “Casa della Cultura”, ovviamente – è convinzione assai diffusa – posta sotto l’egida della compagine politica assisa a Palazzo delle Aquile.
Molto interesse hanno riscosso le argomentazioni del consigliere comunale Franco Miceli (già presidente dell’ordine degli architetti di Palermo) che nel suo intervento all’assemblea (riunita nella vecchia palestra del plesso basiliano, ma ben tenuta nella sua essenzialità, dove risalta al centro uno splendido “quadrato di corde” per boxeur) ha rilevato quanto abbiamo voluto così sintetizzare: “in nome della rigenerazione urbana si tiene soltanto conto degli aspetti tecnici degli interventi di recupero, bypassando ogni fase intermedia della progettazione che dovrebbe preventivamente svilupparsi attraverso dei “tavoli partecipativi”, coinvolgendo direttamente la comunità dei cittadini interessati ai luoghi specifici”.
Nel caso del S. Basilio – ha proseguito Miceli – “la comunità che è legittimata ad intervenire nel progetto è la moltitudine di singolarità che ha animato lo spazio. Una legittimazione riconosciuta non solo dagli abitanti del quartiere, ma anche dalla cittadinanza che in tutti questi anni ha incrociato il centro sociale, riconoscendone il valore culturale ed aggregativo della sperimentazione autogestionale”.
Pertanto, ha concluso Miceli – dall’alto della sua specializzazione professionale -, “la messa in opera della ristrutturazione dovrebbe coinvolgere l’attuale molteplice soggettività, in quanto affidataria finale del complesso ristrutturato, pensando all’apertura di un cantiere che consenta, parimenti, la prosecuzione dell’attività corrente”.

Gli altri interventi susseguitisi, in particolare dei consiglieri comunali Ottavio Zacco e Rosario Arcoleo (che in uno con la presenza di Mariangela Gangi e Massimo Castiglia – quest’ultimo è anche intervenuto con l’apprezzamento dell’assemblea – componevano informalmente la nutrita pattuglia istituzionale di consiglieri partecipanti), hanno preso spunto dalla posizione ben articolata illustrata dall’ex candidato sindaco a Palermo del 2022, sulla quale v’è stata una sostanziale convergenza.
Ci sia consentito segnalare – sulle ultime battute del dibattito – il contributo portato da Giuliana del gruppo di animatrici ed animatori che fa riferimento a Booq, la Bibliofficina del quartiere Kalsa (una soggettività sociale anche questa presente da anni nel territorio panormita): il suo è stato un intervento politico alto, mettendo in evidenza la straordinaria valenza progettuale dell’affettività relazionale che promana dal basso della società, capace di porre in essere dinamiche di trasformazione sociale impensabili e che arricchiscono ogni soggetto sia nella dimensione singolare che collettiva.
Ecco perché – in definitiva – è necessario impegnarsi nella difesa degli spazi autogestiti, come quello del sito S. Basilio e i pochi altri presenti nel nostro territorio. Anzi, volendo raccogliere il cuore del discorso di Giuliana, cercando di offrirne una buona sintesi diciamo: “quel che dobbiamo auspicare e che molti altri centri sociali autogestiti ancora possano trovare diritto di cittadinanza, arginando le spinte all’emarginazione e alla subalternità sociale imposte dal sistema economico dominante che nega – de facto – quel complesso bene comune ch’è il Diritto alla Città, in ragione di un regime mercatista che persegue la gentrification sempre più selvaggia”.
Chiudiamo questo nostro report con uno stralcio del comunicato diramato dalle singolarità che interagiscono all’interno della comunità del Centro Sociale:
“Immaginare e praticare un modo diverso di vivere la città e i suoi spazi è, oggi più che mai, una necessità. Le attività che si svolgono dentro il San Basilio, dall’ambulatorio medico alla palestra popolare, dai laboratori artistici ai corsi musicali, dalla ludoteca alle presentazioni di libri, sono il risultato concreto di un dialogo continuo con il quartiere e con le sue necessità. Sono l’espressione materiale della volontà di costruire una città a misura di comunità, contro l’abbandono, la mercificazione e la speculazione causati dalla gentrificazione.
Accogliamo con favore la presa di parola da parte dei Consiglieri comunali intervenuti ieri all’assemblea: adesso difendiamo un’esperienza di comunità, di decisionalità popolare, autodeterminazione e relazioni sociali autentiche e inclusive. Insieme alla cittadinanza e ai soggetti sociali, politici e associativi che sostengono il nostro percorso, da oggi proseguiamo per restare”.










