Il 29 novembre è la Giornata Mondiale della Solidarietà col popolo palestinese. Ci sarà ben stato un motivo, per l’ONU, di istituire una giornata in cui “costringersi” (e costringerci) a ricordare le condizioni di questo popolo e la protervia contro cui si sono arenati tutti i pur blandi tentativi compiuti dalla comunità internazionale in favore della sua autodeterminazione.

Questa ragione non ha perso di attualità, anzi; perché, se la violenza, la spoliazione, la distruzione che Israele porta avanti da decenni sono state accompagnate e coperte dal silenzio complice dell’Occidente, negli ultimi due anni è cresciuta l’attenzione dell’opinione pubblica per la barbarie a cui abbiamo assistito, spinta fino a integrare la fattispecie del genocidio. Questo livello di attenzione sembra essersi attenuato dopo la cosiddetta tregua imposta dal presidente americano; una tregua che ancora oggi vede civili palestinesi uccisi dagli attacchi dell’IDF e divieti frapposti all’ingresso degli aiuti umanitari, per un popolo che sopravvive in un deserto di macerie, con l’inverno già arrivato, in tende senza acqua, senza luce, senza un’assistenza sanitaria e senza cibo.

Il 29 novembre contiene in sé, oggi, un’urgenza che non è più possibile ignorare, ed è quindi una data che non può passare sotto silenzio, nemmeno a Vibo Valentia. Qui il Comitato Provinciale Pro Palestina, con la partecipazione di molte associazioni e di numerosi cittadini, ha organizzato una giornata di lettura dei nomi dei 19.000 bambini palestinesi uccisi dal 7 ottobre 2023; non si tratta della prima giornata a ciò destinata, ma di una “maratona” da svolgersi in più luoghi e in più date, in una staffetta che porti in più piazze possibile la verità su quanto è avvenuto e avviene in Palestina.

Anche quella di oggi è stata una giornata aperta alla partecipazione di tutti, concepita intorno a principi di umanità e giustizia condivisi. Molte le persone che si sono alternate nella lettura, molte quelle che hanno portato un pensiero e una riflessione; pronunciare il nome delle vittime non soltanto restituisce dignità ad ognuna di loro, ma rappresenta al contempo una richiesta di giustizia per un popolo cui da oltre ottant’anni si nega la vita.